Conosciamo la redazione. 2010-2019, un decennio di Cinema: i migliori film secondo Sabrina Colangeli

Dopo un'accurata e non poco difficoltosa selezione, ecco una serie di film che, dal 2010 ad oggi, hanno in qualche modo rappresentato, sorpreso, monopolizzato, la stagione cinematografica, diventando tasselli fondamentali nella storia della settima arte o, semplicemente, nella mia personale lista del cuore.

Il tentativo è stato quello di mediare tra l'impatto che le opere possono aver avuto nel panorama mondiale e/o nazionale, e quello che hanno suscitato a livello più personale, cercando, là dove possibile, una via di mezzo tra il mio ed il gusto pubblico. Per una questione puramente logistica, i titoli non saranno posti in classifica ma in ordine cronologico di uscita in Italia.

E che si dia inizio alle danze...

Visto alla quinta edizione del Festival di Roma (28 ottobre – 5 novembre 2010), sebbene l'uscita nelle sale italiane sia stata posticipata di ben due anni, Piccole bugie tra amici di Guillaume Canet è (e resterà) senza alcun dubbio uno dei titoli più emozionanti di sempre: sorta de Il Grande Freddo alla francese, il film prende spunto dal vissuto e dalle esperienze private dello stesso regista, che sceglie di metterle in scena, romanzandole ed adattandole per lo schermo, così da fornire un quadro quanto più realistico, catartico e potente possibile, ed arrivando al cuore del suo pubblico.

Alla fine del 2010 appartiene anche un'altra opera(zione) degna di nota, se non altro per ciò che rappresenta, l'epilogo di un'epoca: Harry Potter e i Doni della Morte. Il primo dei due capitoli che chiudono il discorso sul maghetto più amato di tutti i tempi è un fantasy maturo – poiché segue il percorso compiuto dai protagonisti – e sensazionale, che fa del romanzo da cui ha origine uno stendardo da esibire ed arricchire con tutti i mezzi che il cinema può mettere a disposizione.

Grande annata il 2011, con un poker di titoli quanto mai esemplificativi del suddetto appellativo: Kick Ass di Matthew Vaughn, adattamento dell'omonimo fumetto, porta in scena un gruppo di supereroi quanto mai bizzarri ed improvvisati, conquistando un'ampia fetta di pubblico, grazie alla sua carica di violenza, ironia ed energia, assolutamente memorabile; Drive di Nicolas Winding Refn è forse l'opera più riuscita di uno dei cineasti più “particolari” degli ultimi anni, con una coppia di attori – Ryan Gosling e Carey Mulligan – in stato di grazia ed una vicenda che, seppur non brilli per originalità, lo fa di certo per l'impatto e gli stimoli emozionali; Super 8 è il capolavoro di J.J. Abrams, il quale ci riporta, con grandi esperienza, passione e sensibilità, a vivere quell'esperienza magica che solo il Cinema conosce e crea, tra mostri reali o simbolici, piccoli o grandi che si sia; The Artist di Michel Hazanavicius riprende il bianco&nero per dare forma e lustro ad un'opera venata di romanticismo e nostalgia, che mette in luce le potenzialità performative di Jean Dujardin (Premio Oscar come Miglior Attore), splendido protagonista di un cinema muto ormai in disuso ma ancora vitale.

Il 2012 è l'anno di The Avengers, basato sull'omonimo fumetto targato Marvel e diretto dal Joss Whedon della serie tv Buffy – L'Ammazzavampiri, ma è anche l'anno di Hunger Games, primo episodio della saga ispirata ai romanzi di Suzanne Collins: due prodotti mainstream da cui avranno inizio un immenso lavoro di merchandising ed un seguito, probabilmente senza precedenti, che ancora oggi non si smorza.

Per quanto riguarda la corrente di cinema “indipendente” vanno ricordati il francese La guerra è dichiarata, con il quale i nomi di Valérie Donzelli e Jérémie Elkaïm si impongono all'attenzione del pubblico italiano, commosso ed affascinato dalla loro personale storia, ed il nostrano Diaz di Daniele Vicari, viscerale, violenta ed indelebile ricostruzione degli eventi del G8 di Genova, con Elio Germano, Claudio Santamaria e Davide Iacopini.

Nel 2013 escono in Italia, con qualche mese di ritardo rispetto agli Stati Uniti, Les Miserables di Tom Hooper e Il lato positivo di David O'Russell, uniti in qualche modo dalla musica – fulcro del primo in quanto musical vero e proprio e del secondo poiché permette ai due protagonisti di trovare un punto di incontro e di svolta nelle rispettive vicende – e dalle incredibili performance di entrambi i cast al completo.

Cinema d'Autore per il 2014 con un ormai già avviato Xavier Dolan ed il suo capolavoro dal titolo Mommy: indiscutibilmente nelle corde del giovane cineasta canadese, il film narra le vicende di una madre sola (Anne Dorval) ed un figlio problematico (Antoine-Olivier Pilon), coinvolti in un rapporto al limite della morbosità e alle prese con tutte le difficoltà che ciò comporta. Attraverso il racconto di questi personaggi, accuratamente descritti e sfumati, e grazie alla sua speciale abilità nell'utilizzo della musica, nonché al suo stile dalle tinte pop, Dolan da vita ad un universo concreto e potente che prende al cuore di chi vi accede.

Allo stesso anno risale anche Foxcatcher di Bennett Miller, sorpresa dell'anno svelata al Festival di Cannes numero 67 (dove ha ricevuto il premio per il Miglior Regista) e candidata a numerosi riconoscimenti tra Oscar e Golden Globe: Mark Ruffalo, Channing Tatum e Steve Carell sono gli indimenticabili protagonisti della vera storia dell'assassinio del lottatore Dave Schultz.

Il 2015 è invece tutto tricolore, con due fondamentali pellicole, agli antipodi per quanto riguarda il genere, ma accomunati dalle sempre splendide prove attoriali firmate Luca Marinelli: terza ed ultima fatica registica di Claudio Caligari, prima della prematura scomparsa, Non essere cattivo fotografa un preciso spaccato della nostra società, chiudendo un'ideale trilogia (iniziata con Amore tossico e proseguita con L'odore della notte) e mettendo in scena una grande amicizia, una di quelle che trascendono i legami di sangue e che possono salvare la vita; dall'altra parte, l'opera d'esordio di Gabriele Mainetti, Lo Chiamavano Jeeg Robot presentato al decimo Festival di Roma ma uscito in sala nel febbraio dell'anno dopo – è una ventata d'aria fresca nel panorama nazionale, un progetto tanto ambizioso quanto riuscito, capace di reinventare un genere quale il comic movie, di inserirlo in un contesto ben definito come quello roman(esc)o e di proporre qualche spunto di riflessione, attraverso la lente del più puro e semplice intrattenimento.

Il 2016 si muove tra Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, apprezzatissimo lavoro di impianto teatrale, forte di una commistione impeccabile tra scrittura e recitazione, e pronto ad essere esportato in tutto il mondo, ed Animali fantastici e dove trovali di David Yates, che da nuova linfa al magico mondo creato da J.K. Rawling.

Nel mezzo, qualcosa di straordinario, inebriante, concreto ed amaro: La La Land di Damien Chazelle, ideale vincitore dell'Oscar come Miglior Film (durante la cui premiazione è stato “beffato” dall'errore della Dunaway e di Beatty), è la storia d'amore tra Mia (Emma Stone) e Sebastian (Ryan Gosling), sullo sfondo di una Los Angeles in technicolor, dove i sogni diventano realtà, a patto di saper scendere a compromessi e rinunciare a ciò che si ama di più.

Per il 2017 la scelta cade su tre titoli quanto mai differenti tra loro, ben inquadrati all'interno di una precisa corrente cinematografica, ciascuno a modo suo di grande impatto: Borg McEnroe è incentrato sulla rivalità tra due dei più grandi tennisti di tutti i tempi, Björn Borg (interpretato da Sverrir Gudnason) e John McEnroe (Shia LaBeouf), ed è proprio nel confronto/scontro tra le due personalità in campo che vengono fuori tutta la forza, la bellezza e l'interesse del progetto; la nuova versione di IT composta di due capitoli entrambi diretti da Andrés Muschietti – riporta sulla scena la terrificante risata di Pennywise (Bill Skarsgård prende il testimone da Tim Curry) e ci fa rivivere gli incubi provati da bambini, esattamente ventisette anni dopo la sua prima apparizione sullo schermo; The Greatest Showman è il musical dei sogni, sulla figura di P.T. Barnum (Hugh Jackman), fondatore dell'omonimo circo, con una colonna sonora strabiliante –  il brano This Is Me ha vinto il Golden Globe come Miglior Canzone Originale e ricevuto una nomination agli Oscar – un parterre attoriale a dir poco unico ed un'energia tale che è impossibile restare fermi sulla poltrona.

Giunti quasi al termine di questa lunga carrellata, il 2018 vede l'uscita in sala a gennaio (in ritardo sulla release nel paese d'origine) de La forma dell'acqua – The Shape of Water, l'emozionante favola firmata da Guillermo Del Toro, Leone d'Oro alla 74esima Mostra del Cinema di Venezia, e di Chiamami col tuo nome - Call me by your name di Luca Guadagnino, basato sull'omonimo romanzo di André Aciman e frutto dell'ottima scrittura di James Ivory, alla quale si deve un racconto di formazione intimo e delicato, che impone il nome e il volto di Timothée Chalamet all'attenzione di pubblico e critica. Ad ottobre arriva invece l'attesissimo A Star is Born, debutto dietro la macchina da presa per Bradley Cooper, che compie un lavoro superbo e sorprendente non solo su se stesso, esibendo una voce roca e profonda, quanto soprattutto sulla scelta della sua protagonista, Lady Gaga, da cui riesce ad ottenere una magistrale prova d'attrice, oltre che un supporto a livello musicale incalcolabile – non a caso la loro Shallow si aggiudica il Premio Oscar come Miglior Canzone.

Ed eccoci allora al 2019, monopolizzato, almeno in parte, dall'arrivo in sala del nuovo lavoro di Quentin Tarantino, C'era una volta a... Hollywood: da un'amante della settima arte quale è il cineasta originario di Knoxville non ci si poteva aspettare nulla di meno, se non un'opera unica, una “favola” ancorata alla realtà degli anni Settanta, tempestata di citazioni ed attraversata da una vena nostalgica che si insinua in ogni fibra di celluloide. La coppia Leonardo DiCaprio-Brad Pitt è semplicemente perfetta, ma è nello sguardo infantile e trasognato di Margot Robbie/Sharon Tate che è racchiuso il segreto del successo.

Mi sia concesso infine un ultimo titolo, come si suol dire, da guilty pleasure, per me rappresentato da Il Campione di Leonardo D'Agostini, con Andrea Carpenzano e Stefano Accorsi, rispettivamente nei panni di una giovane promessa del calcio e del professore assegnatogli come “punizione”: un'opera prima degna del miglior (nuovo) cinema italiano, attuale, vivace, accattivante, capace di mandare un messaggio importante con stile e semplicità.

Leggi anche:
Conosciamo la redazione. 2010-2019, un decennio di Cinema: i migliori film secondo Daniele Sesti
Conosciamo la redazione. 2010-2019, un decennio di Cinema: i migliori film secondo Mauro Corso
Conosciamo la redazione. 2010-2019, un decennio di Cinema: i migliori film secondo Valerio Salvi
Conosciamo la redazione. 2010-2019, un decennio di Cinema: i migliori film secondo Silvia Fabbri
Conosciamo la redazione. 2010-2019, un decennio di Cinema: i migliori film secondo Maria Cristina Caponi
Conosciamo la redazione. 2010-2019, un decennio di Cinema: Directors, best of 10 years by Elena