Da Guernica a On the Milky Road, bentornato Mr Kusturica

Visionario, orgiastico, assurdo, malinconico, eccessivo, sfrenato, surreale, assordante, colorato e passionale: questo è il cinema di Emir Kusturica... prendere o lasciare! In questo sublime caos creativo in cui scorre il pulsare della vita, agli spettatori non resta che rispettare una regola: cavalcare a briglie sciolte l’onda della fantasia. Sì, perché sarebbe impossibile per chiunque gustare appieno le opere del regista di Sarajevo utilizzando esclusivamente la razionalità. Grazie alla sua fervida immaginazione Kusturica ha infatti da sempre messo in scena un perfetto mix di finzione e realtà: grotteschi e vitali personaggi calati all’interno di mondi sgretolati da avidità e stupidità, caratteristiche proprie dell’essere umano.

Nato a Sarajevo nel 1954 ma naturalizzato serbo nel 1992, vista la grande passione nutrita per il cinema il filmmaker a 18 anni si trasferisce a Praga per frequentare la celebre FAMU, Academy of Performing Arts. Dopo essersi laureato presentando il cortometraggio Guernica (1978), che narra le vicende di Roger, un ragazzo ebreo che per ribellarsi alle persecuzioni razziali ritaglia i nasi da tutte le fotografie dell’album di famiglia e li incolla insieme ottenendone così un’immagine ispirata al dipinto di Picasso, Kusturica torna in patria e realizza due film per la TV: Arrivano le spose (1978) e Caffè Titanic (1979). Nel 1981 debutta sul grande schermo con Ti ricordi di Dolly Bell?, delicato ritratto dell’evoluzione intima di un giovane nella ex Jugoslavia degli anni ‘60: Leone d'Oro a Venezia come migliore opera prima, e trampolino di lancio verso il cinema europeo. Vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes 1985 con Papà... è in viaggio d'affari, e come miglior regista nel 1989 con Il tempo dei gitani, la carriera del cineasta procede a gonfie vele. Invitato da Milos Forman per tenere una serie di conferenze negli Stati Uniti, decide di realizzarvi un lungometraggio: Arizona Dream (1992), uscito in Italia con il titolo Il valzer del pesce freccia, che gli varrà l’Orso d’Argento e il Gran Premio della giuria al quarantaduesimo Festival internazionale del cinema di Berlino.

Ma è con Underground (1995), di nuovo vincitore della Palma d’Oro a Cannes, che la sua idea di cinema raggiunge vette altissime, un film in cui l’atmosfera poetica e al contempo brutale, i simbolismi politici, il sarcasmo e le iperboli si susseguono in una danza emozionante ballata sulle incessanti note delle fanfare: ritratto nostalgico – o necrologio, come sostenuto più volte dal regista stesso – di mezzo secolo di storia balcanica. Si arriva così a Gatto Nero, Gatto Bianco, grottesco affresco sull’allegria del popolo gitano, opera che si aggiudicherà il Leone d’Argento come miglior film al Festival di Venezia 1998. Uomo poliedrico dalle mille risorse artistiche, Kusturica è anche un ottimo musicista che, insieme a Goran Bregovich, saprà portare all’interno delle sue pellicole l’energia dei ritmi zigani e del folk dei Balcani affidando alla colonna sonora un vero ruolo da protagonista. Ed è proprio per questa passione per la musica che nel 2001 dirigerà Super 8 Stories: documentario on the road girato durante il tour della No Smoking Orchestra, band in cui egli stesso suona la chitarra elettrica. Se il 2004 è l’anno di La vita è un miracolo, fiaba avventurosa che suggerisce una visione cosmopolita dell’amore, sentimento capace di superare qualsiasi barriera razziale, religiosa o geopolitica (film per cui il regista fece costruire dietro suo progetto il piccolo villaggio di Küstendorf, ottenendo nel 2005 addirittura il Premio europeo d'architettura Philippe Rotthier), il 2007 è invece l'anno di Promettilo!, commedia di scarsa inventiva, priva di quella vena politica che aveva sempre caratterizzato i suoi precedenti lavori.

A distanza di quasi dieci anni – se non si consideri il documentario sul 'pibe de oro' Maradona di Kusturica del 2008 – il brillante Emir torna al cinema con On the Milky Road, commedia surreale presentata all’ultimo Festival di Venezia che vede come protagonisti lo stesso Kusturica, Monica Bellucci, Sloboda Micalovic e Predrag ‘Miki’ Manojlovic. Il film racconta la travagliata e fantasiosa storia d’amore nata tra Kosta e Nevesta in uno sperduto paesino montano durante la guerra dei Balcani del 1990. Kosta è un lattaio che, riparandosi dal fuoco incrociato dei combattenti solo con un ombrellino, percorre ogni giorno a dorso di mulo un ripido sentiero (la via lattea) per riempire due taniche di latte da portare a un gruppetto di sgangherati soldati. Con i suoi fedeli compagni di avventura, un falco pellegrino e un asino, Kosta sembra vivere felice, incurante delle bombe che piovono dal cielo e delle raffiche di mitra che lo inseguono. Un giorno incontrerà però Nevesta, una bellissima donna serbo-italiana promessa in sposa a un Generale, e tra i due sarà subito amore: ma per coronare il loro sogno dovranno fuggire il più lontano possibile…

Il realismo magico che solitamente ammanta le opere di Kusturica lo si ritrova qui all’ennesima potenza, e poco importa se questa non verrà ricordata come uno dei suoi capolavori, se la splendida Bellucci non dimostri doti da grande attrice, se il montaggio appaia a tratti confuso o se nell’ultima parte la narrazione cali di ritmo, perché l’energia vitale e la poesia sprigionata da ogni sequenza è un regalo da vivere seduta stante. In questa favola moderna in cui è facile ravvisare elementi della mitologia greca - l’Odissea, i racconti di Esopo - e dove il magnifico disordine creativo dà luogo a immagini mozzafiato, cercare di catalogare e dare un significato alle sue tante allegorie sarebbe come porsi di fronte a un quadro di Picasso e volerlo ‘ricomporre’: l’emozione, quando arriva, non necessita spiegazioni. Durante la conferenza stampa per la presentazione del film, in uscita nelle sale italiane in 30 copie con Europictures, Kusturica ha spiegato che l’idea di girare On the Milky Road gli era nata dopo aver ascoltato tre storie realmente accadute: “La prima è quella del lattaio ed è avvenuta a Mosca, lui faceva la spola tra una fattoria e un gruppo di militari, in questo percorso incontrava sempre un serpente a cui dava del latte da bere. Un giorno, attardandosi con l’animale, arrivò dai soldati in ritardo e li trovò morti. Il serpente gli aveva dunque salvato la vita. La seconda riguarda una bellissima ragazza serba che in tempo di guerra fece innamorare un Generale inglese. L’uomo si invaghì a tal punto della giovane che uccise sua moglie. La terza vicenda è invece la più drammatica, quella di un pastore che per attraversare un campo minato mandò avanti le sue 1000 pecore… morirono tutte ma lui riuscì a salvarsi”.

Uno dei punti di forza del film sta decisamente nella splendida fusione tra irreale e reale, gli elementi fiabeschi dati dalla rappresentazione della natura, degli animali e del candore dei due protagonisti si intrecciano alle situazioni paradossali, eccessive e stravaganti generate dall’orrore della guerra in sottofondo: un circo di saltimbanchi con bestie a seguito, governato dall’entropia di un domatore geniale. Tra galline che si rimirano allo specchio, oche che si tuffano in vasche colme di sangue, cadaveri carbonizzati in posizioni da cartoon, orologi assassini, muli curiosi e rettili cornuti non poteva mancare il banchetto, vero topos di Kusturica, che al ritmo indemoniato di musica, balli e sparatorie catapulterà i suoi fan in un brodo di giuggiole!

E’ vero, l’ultima fatica del regista serbo-bosniaco non sarà forse uno dei suoi migliori lavori, ma per i veri sognatori - che potrebbero non essere coloro che hanno amato La La Land -, è comunque un film imperdibile dove tutto è possibile e assurdo proprio come in un sogno. Come assurda, d’altronde, è la guerra, e allora il solo modo per raccontarla è volare, superare con la fantasia la morte e il dolore: ma per poterlo fare è necessario saper sognare... e non è così facile, al giorno d’oggi.