Karlovy Vary International Film Festival, 55ª edizione - Giorno 6

Ultimi due film in concorso al 55th Karlovy Vary International Film Festival: Zpráva o záchran? mrtvého(Salvando uno che era morto) di Václav Kadrnka; La terra dei figli di Claudio Cupellini. Il film italiano, già in programma al Festival di Taormina, è un adattamento della graphic novel di Gipi su un mondo post apocalittico, descritto tra fantascienza e racconto morale. Interpretato da Leon de la Vallée, Valeria Golino, Valerio Mastandrea, dura due ore e mette a fuoco l’impossibilità di progredire senza il ricordo del passato. Anteprima mondiale, invece, il terzo film di Kadrnka, nato nell’ex Cecoslovacchia nel 1973. Film scommessa, si direbbe, più che sperimentale. Proposto su uno spazio verticale, comodo da vedere sul telefonino, narra di un uomo in coma, e della moglie e del figlio che parlandogli e tenendogli le mani tentano di risvegliarlo. E non sembra esserci molto di più. Novanta minuti dentro l’ospedale, spesso deserto, salendo e scendendo le scale, andando e venendo lungo i corridoi, parlando tra di loro o sussurrando frasi all’infelice in stato vegetativo. Non è uno psicodramma. I dialoghi sono tanto convenzionali che lo sfortunato genitore dovrà inventarsi del suo per risvegliarsi. Molto curata invece la fotografia firmata da Raphaël O’Byrne in un film che sembra realizzato per essere presentato a un Festival.

   Nella sezione Orizzonti il film prodotto da Finlandia, Germania, Estonia e Russia, Hytti nro 6 (Scompartimento n° 6) del finlandese quarantenne Juho Kuosmanen che a Cannes ha vinto il Grand Prix, ex-aequo con l’iraniano Asghar Farhadi. Da Mosca a Murmansk in treno una movimentata scorribanda di una giovane finlandese che si è appena congedata dall’amica moscovita per recarsi d’inverno a visitare un luogo sognato da tempo per progredire nei suoi studi di archeologia. Dovrà dividere lo scompartimento con un giovane minatore su di giri, estroverso e imbevuto di vodka, che dopo un incontro scontro dalle parole forti si rivelerà ingegnoso, intraprendente e volitivo, e sarà la chiave di una riuscita sulla quale nessuno avrebbe scommesso. Splendidamente interpretato da Seidi Haarla e Yury Borisov, questa divertente e rocambolesca incursione nel profondo nord si protrae per 107 minuti.

Drammatico, invece, il bel film del georgiano Levan Koguashvili, Brighton 4th, in seconda battuta a Karlovy Vary dopo essere stato presentato al Sundance Film Festival. Protagonista un anziano, ex campione di wrestling, che lascia la Georgia per andare a New York dove il figlio, emigrato da tempo, versa in cattive acque. Vive in un condominio di georgiani e kazaki, ha una bella ragazza e si dovrebbe sposare, ma il vizio del gioco lo ha riempito di debiti. Il padre tenta di aiutarlo ma il prezzo da pagare è molto alto. Dalla periferia di Tbilisi a quella di New York, la comunità di emigranti ha momenti di nostalgia e problemi di lavoro che a volte sfociano in situazioni tragicomiche che il regista dosa con attenzione in un racconto pieno di umanità. E al regista bastano ottanta minuti per descrivere questo universo imbastito di illusioni, promesse e insuccessi.

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(Foto: La terra dei figli)

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