Oltre lo Specchio 2020: una carrellata di cortometraggi di altissimo livello

Tra le notevoli proposte del Festival Oltre lo Specchio 2020 non possiamo tralasciare una serie di cortometraggi di valore, dal punto di vista stilistico, narrativo e tematico. Partiamo dal canadese Moment di Geoffrey Uloth, uno dei migliori della successiva carrellata, che narra le vicende di Charlie (Emelia Hellman), una giovane senzatetto, aggredita in un vicolo durante la notte di Halloween e soccorsa da due improbabili supereroi (interpretati da Patrick Abellard e Dayane Ntibarikure). Al di là delle evidenti citazioni e rimandi, il progetto appare talmente strutturato e completo da far invidia a un vero e proprio film. Charli diventa così portavoce di tutti quei ragazzi cacciati di casa, costretti a dover vivere per strada, senza un futuro ma con tanti rimpianti e sogni infranti nelle tasche. Il senso di colpa e il peso della responsabilità sono altre due fondamentali questioni ben trattate e simboleggiate da Astral e Timeless (i supereroi). Ma al centro di tutto sta forse il tempismo – da cui l'emblematico titolo.

Avarya di Gölkap Gönen prende avvio dalle tre leggi della robotica scritte da Isaac Asimov, per sollevare una riflessione sul senso della vita e della vecchiaia. Protagonisti del cortometraggio, di origine turca, sono un uomo con parecchi anni ormai sulle spalle e un robot alquanto particolareggiato, in viaggio nello spazio per trovare un pianeta le cui condizioni siano ritenute adatte all'esistenza umana. Il loro è un viaggio che va avanti da molto, e ne sono testimonianza le rughe scavate sul volto dell'uomo. Quest'ultimo appare appesantito non tanto dall'età quanto da questa disperata ricerca che sembra non avere mai fine. L'unica relazione di cui ha potuto godere è quella con il robot, che non sarà però mai all'altezza di un discorso tra persone, stimolante, costruttivo, reale. L'ultima immagine del corto possiede una potenza simbolica di rara potenza.

Eject di David Yorke pesca a piene mani nell'immaginario della fantascienza, riportando alla mente opere quali Tron o Matrix. Kate (Elena Saurel, anche co-autrice del corto) scopre di avere una presa USB nel polso, tramite cui riesce a entrare in una sorta di archivio personale e virtuale dal quale però sarà difficile uscire indenne. In circa 8 minuti lo spettatore si ritrova invischiato in un vortice di curiosità, mistero e pericolo, in uno stato di tensione crescente.

L'eccezionalità di simili progetti sta soprattutto nel modo in cui affrontano tematiche importanti e complesse, utilizzando il filtro dell'animazione, dell'ottica futuristica, della poetica fantasy. Diverso è il caso di Streets of Fury di Aidan McAteer, cortometraggio d'animazione strettamente legato ai videogame. Tantissimi sono i riferimenti ma la vera forza risiede nella semplicità con la quale racconta una storia di amicizia incredibile. L'ironia di fondo non fa che arricchire il tutto. Come fosse un originalissimo Karate Kid, il corto diverte lo spettatore, lo emoziona e lo carica di una grinta assolutamente positiva

Altro memorabile titolo di animazione presentato nella kermesse online è Friends di Frolian Grolig, ancora sul tema dell'amicizia. Una di quelle che più strambe non si potrebbe. Qui lo spunto sembra essere Gulliver con i suoi viaggi a Lilliput, ma alla fine il tratto minimalista con cui i personaggi sono resi lascia che tutta la passione e l'emotività insiti nel progetto emergano da soli. Un'opera d'arte a tutti gli effetti. 

Yandere  di William Laboury tratta l'amore malato in maniera piuttosto efficace, sia narrativamente che visivamente. Una yandere è una creatura contenuta in una piccola campana di vetro che ha il compito di adorare il suo padrone. Quando però entrano in gioco dei veri sentimenti la situazione si complica inevitabilmente. La natura di Maïko (Ayumi Roux) subirà un percorso verso la disperazione e la durezza, che solo l'abbraccio di un'altra donna (Armande Boulanger), in carne e ossa, sapranno come sciogliere.

Concludiamo infine con Regret di Santiago Menghini: il titolo, che tradotto in italiano significa rimpianto, è la chiave del progetto. Il  protagonista, Wayne (Brent Skagford), è infatti corroso dal suo passato, di cui quasi nulla conosciamo, ma la cui personificazione popolerà i suoi come i nostri incubi a lungo. 

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(Foto: Yandere  di William Laboury | © Kazak Productions - Mathematic - 2019)