A casa tutti bene, il Big little lies all'italiana

Gabriele Muccino fa ritorno in Italia, un po' come Ulisse ad Itaca, dopo la lunga permanenza negli Stati Uniti, e lo fa in grande stile, portando sullo schermo una storia che ricalca le orme dei suoi lavori passati – Ricordati di me in primis – ma che per lo stile e la fotografia, dello stesso Shane Hurlbut che ha lavorato con lui in Padri e Figlie, mantiene un'eco hollywoodiana ed una messa in scena di ampio respiro.

A casa tutti bene è infatti un film corale che riunisce alcuni dei più celebri volti italiani: un vero e proprio cast all star, di quelli che vanno tanto a Hollywood per l'appunto, composto da Stefania Sandrelli e Ivano Marescotti nel ruolo di Alba e Pietro, giunti alle nozze d'oro, Stefano Accorsi, Pierfrancesco Favino e Sabrina Impacciatore, che interpretano i tre figli della coppia, Carolina Crescentini e Valeria Solarino, rispettivamente moglie attuale ed ex moglie di Favino alias Carlo, Sandra Milo, sorella di Pietro, che ha due figli, Gianmarco Tognazzi e Massimo Ghini, le cui compagna e moglie sono, rispettivamente, Giulia Michelini e Claudia Gerini. E la lista continua: il marito della Impacciatore è Giampaolo Morelli, la lontana cugina di Accorsi e fratelli è interpretata da Elena Cucci e una piccola scena spetta anche a Tea Falco.

Una grande famiglia che si riunisce su un'isola di fantasia – nella realtà la bellissima Ischia – per festeggiare i 50 anni di matrimonio con una cerimonia ed un pranzo in compagnia. Ma quando viene sera ed è il momento di riprendere il traghetto, il mare in tempesta blocca gli invitati che sono costretti a rimanere chi nella grande casa di famiglia, chi in una piccola pensione.
Inutile dire che la convivenza forzata genera attriti di ogni tipo e che gli scheletri, da tempo nascosti negli armadi dei vari parenti, escono a fare baldoria, seminando le solite scene madre che caratterizzano il cinema di Muccino. Scene madre che spettano, come di consueto, alle donne e che la Crescentini prima, la Gerini poi e la Michelini nel gran finale, interpretano egregiamente.

Se da un lato si potrebbe dire che A casa tutti bene è “il solito film di Muccino”, dall'altro è indubbia la volontà di raccontare, con grande maestria per altro, l'ipocrisia quale elemento imprescindibile di tantissime famiglie e coppie, non solo italiane. Come in una sorta di American Beauty allargato, Muccino racconta di come basti poco per far sì che la facciata di finta perfezione ed altrettanto fasulla armonia, si sgretoli alla prima difficoltà, sviscerando paure e ossessioni, desideri e insicurezze di tutti i protagonisti, nessuno escluso. Aspetto, questo, che determina l'essere sopra le righe del film, perché un tale coacervo di disastri familiari è decisamente poco verosimile. Ma la licenza poetica è proprio questo: voler raccontare per mezzo di un'unica famiglia, un vizietto quanto mai diffuso, per cui proprio le persone che sembrano ostentare la maggiore serenità, sono spesso le stesse che nascondono i più grandi segreti, quelli in grado di far piombare nella disperazione o di distruggere una coppia all'apparenza solida.

Alle doti recitative di ognuno dei protagonisti si aggiunge la location assai scenografica che si presta favorevolmente al tipo di narrazione, quasi fosse un'isola deserta che mette a nudo i suoi sparuti abitanti, costringendoli a venire a patti con se stessi e con le relative priorità.

Non proprio una commedia sentimentale da innamorati – l'uscita è prevista per il 14 Febbraio – ma un rientro in patria che rende omaggio anche ad alcuni dei più noti brani italiani – Dieci ragazze per me, Margherita, Bella senz'anima e A te, solo per citarne alcuni - che i protagonisti cantano intorno al pianoforte suonato da Tognazzi, in una serie di scene di grande bellezza ed impatto.

Presentando a poco a poco tutti i personaggi Muccino, che è anche sceneggiatore insieme a Paolo Costella, sembra dotarli di un'aura di mistero, aura che, sequenza dopo sequenza si dissolve, rivelando, a sua volta, le inquietudini più profonde di ognuno di essi.
In un crescendo senza sosta che alterna scene tragicomiche, di cui si fanno portavoce i coniugi a capo della famiglia, ad altre da melodramma anni '50, si giunge al gran finale. C'è chi si arrende, chi spera e chi si dispera, chi si innamora e chi vuole essere amato e chi, soprattutto, nasconde quanto accaduto con un nuovo velo di ipocrisia. Su tutto una grande verità: “Noi donne siamo fatte per sorreggere il peso del mondo”. Vittime o carnefici, isteriche o remissive.

A loro, all'universo femminile, Muccino rende ancora una volta omaggio.