Ai confini del male, l'elogio della duplicità

Arriverà direttamente su Sky Cinema e su Now Ai confini del male, il nuovo film di Vincenzo Alfieri, con Edoardo Pesce e Massimo Popolizio: un interessante thriller, liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Giorgio Glaviano, che dimostra, ancora una volta, come il cinema italiano di genere stia dando ottimi frutti. Fulvio e Federica Lucisano, non nuovi al thriller sebbene la commedia sia il loro prodotto principale, hanno investito nuovamente su questo genere che, con tutte le sue sfaccettature, ha sempre qualcosa di nuovo da raccontare. Non a caso, avevano da tempo acquistato i diritti del romanzo e aspettavano di realizzarne un film con il giusto cast e il giusto regista.

Se per certi aspetti si potrebbe pensare di aver visto tutto, di aver osservato il male in tutte le sue salse, è pur vero, come ha affermato il regista, che l'importante è come viene raccontata una storia, anche quando i suoi elementi principali non sono nuovi sullo schermo, grande o piccolo che sia. Non possiamo che essere d'accordo perché Ai confini del male è il classico thriller che tiene incollati alla poltrona dall'inizio alla fine: che alla scrittura dinamica unisce una colonna sonora perfettamente cucita sulle immagini. E che, infine, si avvale di due protagonisti d'eccezione che hanno fatto propri i rispettivi personaggi, esprimendo al meglio le loro dicotomie e i loro conflitti interiori.

Meda e Rio sono infatti due esponenti dell'Arma: Rio è un capitano integerrimo, tenuto in grande considerazione. Meda fa i conti con i fantasmi del passato e con l'incidente d'auto in cui ha perso moglie e figlio. Riflessivo e algido il primo, impulsivo il secondo. Quando l'ombra dell'Orco di Velianova torna a oscurare la vita del tranquillo paese e Rio in primis, al quale viene rapito il figlio, i due si trovano a percorrere diverse piste, intrecciate letalmente una con l'altra. I colpi di scena si susseguono senza sosta e ben presto è che chiaro che la storia, articolata su diversi piani, sia un vortice mortale, pronto a stritolare chi cerca di fare luce su delitti e sparizioni.

Intrigato anche da una serie di virtuosismi stilistici che rendono ancora più accattivante la narrazione – vedi le continue immagini di specchi d'acqua che simboleggiano la duplicità dei personaggi - e grazie anche alla superba fotografia di Davide Manca, il pubblico è coinvolto fin da subito e, come nel caso di ogni piccolo centro che si rispetti, dubita di chiunque, immedesimandosi ancora di più nella vicenda narrata.

Ci sono un tocco di True Detective, un pizzico di Seven, un accenno di Brian De Palma e una spolverata di Millennium Saga: molti sono i riferimenti ai quali il regista si è ispirato per fare sua questa storia in cui tutto sembra il contrario di tutto. E c'è una grande, triste e forse cinica verità che aleggia su quanto narrato: la dichiara il personaggio interpretato da Chiara Bassermann. “La figlia scomparsa di una prostituta non interessa, i figli dei ricchi sì”. Perché serie A e serie B sono ovunque, e forse sono il male principale.

Il 1° Novembre, giorno di Ognissanti, è raro che si organizzino cene fuori: motivo in più per accomodarsi sul divano e lasciarsi trascinare dalle atmosfere cupe e coinvolgenti di Ai confini del male. Confini per l'appunto, oltre i quali non possono che esserci il bene e la giustizia. O no?

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