Al cuore della politica – Recensione di “Il Regno”

Dall'inizio della storia sappiamo che siamo in Spagna e poco altro. “Aggrediti” da dialoghi serratissimi, facciamo fatica a comprendere che succeda fino a quando il racconto diventa argomento da telegiornale.  Il Regno ci narra di avvenimenti che potrebbero accadere in qualsiasi parte del mondo (in Italia accadono, purtroppo, da sempre) ed è per questo, forse, che conosciamo i nomi dei personaggi ma non l'ambito in cui si muovono.

Non si sa se i corrotti del film siano a Destra, a Sinistra o al Centro, si sa solo che sono corrotti. C'è da dire che se all'inizio si fa fatica a raccapezzarsi in un film parlatissimo, poi si viene risucchiati totalmente in una storia che diventa un thriller quasi “all'americana”. Da Tom Stoppard a James Bond. Bravissimo il regista Rodrigo Sorogoyen a creare un ritmo in crescendo che tiene attaccati alla sedia per più di due ore ma altrettanto bravi tutti gli attori che dipingono figure assolutamente vive (c'è Cabrera, un personaggio interpretato da Luis Zahera che meriterebbe l'Oscar).

Sottolineato da una straniante musica techno ambient che, comunque, ci sta benissimo, Il Regno è uno di quei film che tende a portarci dalla parte “sbagliata”. Come in Dead Man Walking o in Un Giorno di Ordinaria Follia si fa fatica a non parteggiare per il cattivo. Tant' è che in un finale assolutamente secco e straordinario veniamo ribaltati da una parte all'altra con la sensazione che si voglia installare in noi una visione morale ma non moralistica della cosa. Solo per questa chiusura varrebbe la pena andare al cinema. Se aggiungete che tutto il resto non è da meno, allora sapete cosa fare. Non ve ne pentirete.