Burying the ex

Il punto di partenza del ritorno di Joe Dante alla regia di un film destinato al grande schermo – a cinque anni da The hole 3D, del 2009 – è l’omonimo cortometraggio diretto dall’Alan Trezza che figura qui anche in qualità di produttore e sceneggiatore.

E, immerso in colori e messa in scena che rimandano non poco, in generale, alla celluloide dell’orrore per teen-ager risalente agli anni Ottanta, è il compianto Anton Yelchin di Star Trek Beyond a farvi da protagonista nei panni del giovane Max, commesso in un negozio di articoli per Halloween che, proprio nel momento in cui decide di interrompere la sua relazione con la opprimente e gelosa fidanzata integralista vegana Evelyn alias Ashley”Kristy”Greene, se la vede morire accidentalmente sotto gli occhi.

Segnando, però, solo l’inizio di un vero e proprio incubo, in quanto, mentre il ragazzo comincia a frequentarsi con la bella gelataia Olivia, ovvero Alexandra Daddario, l’influsso di una statuetta di Satana in grado di esaudire i desideri riporta in vita la defunta, che non manca, ovviamente, di tornare a tormentarlo.

Perché, a differenza degli zombi cui ci hanno abituati la maggior parte dei titoli appartenenti al filone, sebbene non risulti esente da appetito antropofago la resuscitata si presenta dotata della parola e non distante da ogni comune mortale, pronta a regalare la sequenza più sanguinolenta dell’operazione durante contemporanee ma separate visioni de La notte dei morti viventi di George A. Romero e The gore gore girls di Herschell Gordon Lewis.

Soltanto due dei molti omaggi al genere disseminati dall’autore di Gremlins nel corso della oltre ora e venti, non priva neppure di pareti con affisse locandine italiane de Il pozzo e il pendolo di Roger Corman e Terrore nello spazio di Mario Bava, del quale possiamo notare anche La frusta e il corpo in tv.
Senza contare fruizioni cinematografiche de Il bacio della pantera e Ho camminato con uno zombie, con tanto di osservazione della maniera in cui il produttore Val Lewton fu capace di trasformare in cinema d’autore i b-movie.

Lezione sicuramente appresa dall’appassionato cineasta originario di Morristown, che, tirando in ballo anche l’immancabile apparizione per il fido Dick Miller, sembra stavolta accontentarsi, però, di sfornare una commedia horror sì simpatica, ma decisamente esile per quanto riguarda il plot e piuttosto carente in fatto di idee.

Tanto che la comicamente disgustosa vomitata in pieno volto di fluidi di imbalsamazione rientra, indubbiamente, nella ristrettissima manciata di elementi che rimangono nella memoria... una volta giunti al termine di uno spettacolo il cui spessore, appunto, non si discosta da quello di uno short.