Cruxman: Lo chiamavano don Beppe

Con il volto nascosto sotto un casco rosso e una divisa dello stesso colore, richiama immediatamente alla memoria il cavaliere del tempo protagonista alla fine degli anni Settanta della serie televisiva giapponese Koseidon. Ma, con un crocifisso disegnato addosso quale simbolo di riconoscimento, non agisce in terra dagli occhi a mandorla e compare in una cittadina di provincia dell’Italia settentrionale proprio dal momento in cui arriva il giovane sacerdote Beppe, dalle fattezze di Luigi Vitale e caratterizzato da un passato “sui generis”. E, pronto a debellare la criminalità in tutte le sue forme, dai semplici rapinatori di strada ai politici corrotti, viene denominato Cruxman come suggerisce il titolo del lungometraggio diretto da Filippo Grilli, che contribuisce ad incrementare lo stuolo di superhero movie tricolori d’inizio terzo millennio costituito, tra gli altri, da Lo chiamavano Jeeg robot di Gabriele Mainetti e Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores.   

Anche se, in verità, l’operazione si distacca completamente dalle due citate per almeno un paio di precisi motivi: mira ad omaggiare in maniera evidente i cinecomic d’oltreoceano – tanto da far citare verbalmente ai protagonisti sia gli X-Men che i Fantastici 4 – e, soprattutto, rientra nella tipologia di produzioni concepite attraverso un budget quasi inesistente.

Quindi, mentre la figura della giornalista interpretata da Stefania Zampieri accentua ulteriormente lo sguardo rivolto alle avventure fumettistiche a stelle e strisce di Spider-man e Superman, è normale che, al fine di sfruttare i pochi mezzi a disposizione, si tenda a privilegiare totali di ripresa ed inquadrature tutt’altro che brevi. Man mano che al cast si aggiunge l’Aaron Stielstra conosciuto dai fan dell’horror in fotogrammi per aver preso parte, tra gli altri, a Zombie massacre 2: Reich of the dead e The blind king e che la camera, al di là delle diverse imprese portate avanti dal giustiziere mascherato, privilegia la progressiva emersione di una comunità dal clima familiare e piuttosto intimo.

Perché, mentre abbiamo in scena anche un padre di famiglia violento e non manca di essere toccato l’argomento immigrazione clandestina, è facile intuire che ci troviamo dinanzi ad un insieme principalmente rivolto ai giovanissimi e dal taglio didattico; tanto più che, patrocinato dall’Ispettoria Salesiana Lombardo Emiliana di Milano e dal Sermig Fraternità della Speranza di Torino, è stato messo in piedi per raccogliere fondi da destinare a due scuole elementari africane.

Rivelandosi una allegoria da schermo relativa alla forza dell’unione scaturita dall’importanza della fede... ma soltanto in seguito ad un risvolto inaspettato.