Fai bei sogni

Se l’immancabile Roberto Herlitzka ricopre brevemente il ruolo di un sacerdote impegnato a ricordare, tra l’altro, che Dio deve esserci per dare un senso alla nostra esistenza in quanto è l’unica speranza, a proposito di veterani del teatro abbiamo anche una Piera Degli Esposti coinvolta in una fugace apparizione nelle oltre due ore e dieci di visione che costituiscono Fai bei sogni, messo in piedi da Marco Bellocchio partendo dall’omonimo romanzo scritto da Massimo Gramellini. Oltre due ore e dieci di visione che prendono il via dall’immagine del piccolo Nicolò Cabras che danza in casa affiancato dalla Barbara Ronchi che gli fa da madre e che, poco dopo, viene misteriosamente a mancare.

Perché, con il bambino che, cresciuto e divenuto, appunto, il Massimo giornalista affermato e magnificamente incarnato dall’infallibile Valerio Mastandrea, è proprio il tema della perdita della propria genitrice quando si è ancora infanti e la sua accettazione a trovarsi al centro dell’insieme; alternato tra il passato e gli anni Novanta, mentre il protagonista cerca di far luce su quale sia stata la vera causa della dipartita della donna. Passato comprendente anche la sua adolescenza con il volto di Dario Delpero e che sembra essere raccontato in maniera piuttosto nostalgica; complici non solo Canzonissima e Belfagor trasmessi sul piccolo schermo, ma anche momenti che tirano in ballo la squadra calcistica del Grande Torino e vecchi vinili di Deep Purple, King Crimson e Rolling Stones. Man mano che viene osservato che un uomo felice non combinerà mai niente di buono nella vita e che, dal capoluogo piemontese, si passa anche a Roma e alla Sarajevo della guerra, dove si concretizza una delle situazioni più toccanti dell’operazione.

Situazione che fa il paio con quella addirittura commovente della lettera, al servizio di un elaborato non eccelso e il cui colpo di scena conclusivo potrebbe anche essere facilmente intuito, ma che, con la Bérénice Bejo di The artist e il Guido Caprino della fiction televisiva I Medici rispettivamente nei panni del fondamentale personaggio di Elisa e del padre di Massimo, appare decisamente più misurato e facilmente fruibile rispetto ad altri lavori dell’autore de Il regista di matrimoni e Sangue del mio sangue... il quale immerge il tutto negli efficaci toni cupi della contrastata fotografia a cura del fido Daniele Ciprì e sfrutta una colonna sonora di vecchi successi spazianti da Scende la pioggia di Gianni Morandi a Surfin’ bird dei Trashmen.