Il filo nascosto, Daniel Day-Lewis in un affascinante e macabro pas de deux sull’amore

Dopo avere per due decadi raccontato attraverso i suoi personaggi l’eterna lotta tra ordine e caos, Paul Thomas Anderson continua a indagarne il mistero grazie ai protagonisti della sua ultima splendida fatica cinematografica: Il filo nascosto, opera meritatamente candidata a ben 6 Premi Oscar 2018 (miglior film, regia, attore protagonista, attrice non protagonista, colonna sonora, migliori costumi). Reynolds Woodcock, interpretato da Daniel Day-Lewis, è uno stilista di fama mondiale che vive nella Londra degli anni '50 assieme all’austera sorella Cyrill (un’eccezionale Lesley Manville) e realizza abiti personalizzati per i nomi più prestigiosi d'Inghilterra, passando da aristocratiche signore a regali principesse. La sua vita è rigidamente strutturata, tanto che all’interno della casa in cui abita sino a fine colazione non è permesso nessun forte rumore né alcun tipo di confronto, e le sue impiegate - e in effetti, il mondo in generale - lo assecondano in ogni sua maniacale richiesta. Ma a scuotere le dinamiche a orologeria che governano l’esistenza di Reynolds sarà Alma (la rivelazione dell’anno, l’attrice Vicky Krieps), una giovane cameriera di provincia …

Anticonvenzionale, intelligente, riflessivo, sensuale e travolgente, l’ottavo film del regista californiano è un pas de deux ballato sulle note più alte e impreviste dell’amore e della follia, una danza macabra in cui i ruoli di vittima e carnefice verranno continuamente invertiti. Si, perché Anderson non si limita a mettere in scena la tipica love story tra un artista geniale e la sua Musa: no, ciò che compie è qualcosa di molto più affascinante, scivoloso, ambiguo e sinistro. PTA affonda infatti il suo sguardo in quel filo nascosto che riesce a mantenere unite due entità apparentemente inconciliabili tra loro, individuandolo nelle fitte trame che celano quel reciproco desiderio di controllo che in Reynolds e Alma si trasformerà in delirante psicosi: la necessità di entrambi di detenere l'assoluto dominio sia su loro stessi che sull’ambiente che li circonda, in conflitto con l’intima esigenza di essere a loro volta dominati. Ma per arrivare a comprendere questo dilatato e struggente scambio delle parti, il pubblico dovrà pazientemente attendere e lasciarsi trasportare dalle tante meraviglie presenti nel film: i bellissimi, eleganti costumi che hanno assicurato a Mark Bridges una candidatura ai prossimi Academy Awards; la suggestiva colonna sonora di Jonny Greenwood (il chitarrista dei Radiohead), alla sua prima nomination agli Oscar e alla quarta collaborazione con Anderson; l’impeccabile interpretazione dell’intero cast; l’atmosfera rarefatta dove, sospese come nella foschia mattutina, le emozioni volteggiano su ogni inquadratura; il giusto mix di umorismo e suspense.

Aggiungendo poi che ogni movimento di camera è qui un piacere per gli occhi degli spettatori, e considerando che il rigoroso e perfezionista cineasta di Boogie Nights - L'altra Hollywood, Magnolia, Il Petroliere e The Master - tanto per citarne alcuni - non appone la propria firma solo su regia e sceneggiatura, ma anche sulla fotografia (sebbene non abbia voluto apparire nei titoli di coda), il risultato finale di tale lavoro è strabiliante: un’opera cucita ad arte dalle abili e meticolose mani di PTA. Ma se il deus ex machina de Il filo nascosto è indubbiamente il filmmaker americano, è soprattutto grazie al suo protagonista, vincitore di 3 statuette dorate e in lizza per aggiudicarsene una quarta, che questa pellicola (girata in 35mm) ha già ricevuto grandi consensi ovunque sia uscita. Daniel Day-Lewis, che con nostro immenso dispiacere ha annunciato di ritirarsi dalle scene, senza bisogno di trucco e parrucco buca lo schermo anche con un solo movimento di sopracciglia: un gigante di bravura di cui tutti sentiremo la mancanza.

Dal 22 febbraio al cinema con Universal Pictures, Phantom Thread – titolo originale – è la magistrale, toccante e volutamente esasperata descrizione in immagini e dialoghi della formula del ‘dare e avere’ che, giusto o sbagliato che sia, appartiene a ogni relazione umana. In una sola parola: imperdibile.