La bella e le bestie - Donne ancora schiacciate dal sistema nella Tunisia all’indomani della Primavera Araba

Durante una festa universitaria la bella Mariam, giovane studentessa tunisina, cede allo sguardo corteggiatore di Youssef, per seguire poi  il ragazzo in quella che dovrebbe essere una serata a tinte rosa dedicata al loro ‘primo incontro’. Ma la notte non porterà ‘consiglio’, tutt’altro, e quella che si prospettava come una piacevole serata all’insegna della spensieratezza e del divertimento si trasformerà, invece, in un incubo reale dove il dolore di una violenza subita si assocerà (nel paradosso) a quello di una presunta colpa da espiare. Perché Mariam, giovane e bella ragazza con l’unico peccato di volersi divertire e vivere appieno la sua giovane età, sì vedrà d’improvviso circondata da una società indegna di quell’appellativo e che, di fatto, le nega dei diritti primari.

In tempi in cui il ruolo della donna, il tema della violenza sulle donne, e il profilo di un mondo ancora troppo evidentemente ad appannaggio della supremazia e del potere maschili sono più che mai al centro del dibattito, e affrontati da più prospettive nell’attualità e cronache mondane, la tunisina Kaouther Ben Hania (classe 1977) porta al cinema La bella e le bestie, ovvero una pagina drammatica della Tunisia “recente” (i fatti narrati nel film sono liberamente ispirati a un evento accaduto nella Tunisia post-rivoluzione del settembre 2012), ma che pare esprimere le condizioni di una realtà medioevale.

Dal blu acceso e luccicante di un abito da sera prestato per l’occasione festaiola da un’amica, passando per il blu soffuso delle luci della discoteca, per arenarsi poi nel grigiore spento di un tunnel emotivo sempre più asfissiante e legato a un torto mutato sorprendentemente in colpa, La bella e le bestie ripercorre con sguardo asciutto e un realismo visivo-temporale (lunghi piani sequenza a fotografare i nove momenti chiave di questo viaggio a più riprese nell’ingiustizia) la via crucis della protagonista (la bravissima Mariam Al Ferjani, che muta con efficace realismo il sorriso raggiante del primo capitolo nel crescente trauma scaturito poi). Un percorso scosceso a trappole e inciampi in cui, semplicemente, una donna (per di più vestita a festa e dunque percepita dalla società - tutta - come ‘promiscua’) non può rivendicare una violenza subita né tantomeno la propria dignità. Uomini mutati in bestie che si scagliano ringhiosi sulla preda, realtà sociali abbrutite dai falsi miti religiosi e dal malcostume di un perbenismo corrotto, e donne condannate al giogo della falsa morale, sono ‘figure concettuali’ che si susseguono brutali nei nove lunghi capitoli lungo i quali Mariam dovrà fare i conti con una solidarietà silenziata e una giustizia ‘malata’.

Lunghi piani sequenza che raccontano il calvario di una poco più che ragazza alle prese con un mondo brutale; una bella contro un mare di bestie, appunto. Transitato per la prestigiosa vetrina de Un certain regard a Cannes 2017, il film di Ben Hania smaschera nella sua luce bluastra i molteplici volti di una società bestiale, inabissata negli oceani oscuri delle false divise e del sadismo più disumano. Un film narrativamente valido e socialmente dolente, che conferma e in parte approfondisce ‘moventi ‘e  movimenti celati dietro le storie, più o meno contemporanee, di tante belle finite nelle trappole di troppe bestie incontrate (volenti o nolenti) lungo la via.