La mia famiglia a soqquadro

Mitica voce italiana di Peter Griffin, Mino Caprio compare nel ruolo di un professore di matematica, ma è il figlio Gabriele a concedere anima e corpo al piccolo protagonista dell’opera seconda del trevisano Max Nardari, dopo Di tutti i colori. Piccolo protagonista che si chiama Martino e che, appena approdato nell’universo della scuola media inferiore, oltre a doversi continuamente confrontare con l’arrogante e molto poco simpatico compagno di classe Alessio alias Christian Borromeo si trova di fronte ad una inaspettata realtà: è l’unico tra i suoi compagni a non avere i genitori separati.

Una realtà che lo porta progressivamente ad invidiare i sontuosi viaggi e i regali che gli altri scolari ricevono puntualmente da madre o padre divisi e dai rispettivi nuovi partner che gareggiano per accaparrarsi l’affetto dei figli; a proposito di cui il regista precisa: “In questo mondo in cui tutto sembra andare al rovescio la normalità diventa un problema. L’originalità de La mia famiglia a soqquadro sta proprio nel fatto che il concetto di diversità, ossia avere i genitori separati, qui viene completamente ribaltato. Avere una famiglia solida con sani valori, non è più vissuto come un plus valore ma come un disagio. Quello che mi diverte è trattare una vicenda che appartiene ormai alla nostra contemporaneità, spingendo gli spettatori a chiedersi quale è il confine tra ciò che è normale e ciò che non lo è”.

Infatti, man mano che troviamo in scena anche la grandissima Eleonora Giorgi nei panni di una piuttosto stravagante nonna che svolge il mestiere di attrice negli Stati Uniti, è sui diabolici stratagemmi ideati dal ragazzino per far separare i propri mamma e papà interpretati da Bianca Nappi e Marco Cocci che, richiamando in parte alla memoria modelli d’oltreoceano quali Mamma, ho perso l’aereo di Chris Columbus e Piccola peste di Dennis Dugan, tende a costruirsi buona parte della circa ora e mezza di visione. Stratagemmi che vanno dalle telefonate anonime per far sospettare a lei un tradimento in corso ad una sostanza eccitante iniettata nei pasticcini quando lui deve affrontare un incontro di lavoro con una decisamente sexy Elisabetta”Gomorroide”Pellini. Mentre un direttore d’ufficio dalle fattezze di Ninni Bruschetta ed un preside manifestante quelle di Luis Molteni arricchiscono il buon cast di contorno comprendente anche un donnaiolo Roberto Carrubba, il quale non manca di osservare “L’amore è una gran cazzata: oggi c’è, domani non c’è più”.

Al servizio di una piacevole e leggera commedia indirizzata in maniera evidente al pubblico dei bambini e delle famiglie e che, pur dovendo fare i conti con un tenore generale poco distante da quello di una fiction destinata al piccolo schermo, sfoggia una confezione rientrante nella media e riesce ad intrattenere lo spettatore senza annoiarlo... senza dimenticare fini accortezze come quella di lasciar intendere lo smartphone quale pericoloso simbolo di omologazione proto-capitalista.