La poltrona del padre: Viaggio in una casa dai ricordi ingombranti

Abbiamo imparato dalla televisione che esistono i cosiddetti “accumulatori seriali”, persone che riempiono la propria abitazione di qualunque oggetto, sono persino restii a disfarsi dei rifiuti, e lasciano che i vari ambienti vadano semplicemente alla deriva, senza alcuna preoccupazione per l’igiene o la sicurezza. L’aspetto più interessante di questi appartamenti infestati dagli oggetti, è che ciascuno di questi luoghi racconta storie nell’immediatezza di un colpo d’occhio. Di chi erano questi oggetti e perché sono stati conservati? E ancora: questi muti testimoni cosa raccontano della personalità di chi frequenta case caratterizzate da un caos quasi primordiale?

In questo documentario assistiamo alla trasformazione di un’appartamento di due gemelli ebrei chassisici. Dopo la morte del padre hanno iniziato ad accumulare senza mai fermarsi. Probabilmente avrebbero proseguito se non fosse intervenuto l’inquilino dell’appartamento soprastante (è sempre un’ottima cosa che il cinema non riproduca mai gli odori degli ambienti rappresentati). Così inizia un viaggio completamente statico, giocato tra stanze ingombre e le idiosincrasie dei protagonisti, costretti a fare i conti con l’idea del lasciare andare quello che non serve più. È piuttosto emblematico che la caduta verso il basso dei due gemelli sia innescata dalla morte del padre: è come se la difficoltà di accettarla li abbia rivolti a un attaccamento malsano agli oggetti. In effetti “malsano” non è un termine simbolico: tra muffe, cimici, rifiuti e lettiere stracolme, la situazione di invivibilità è fuori controllo. Nella prospettiva simbolica, il principio è quello di ordinare il proprio ambiente per ritrovare un ordine interiore.

I due registi in maniera programmatica rifuggono da simbolismi e da prese di posizione e fanno di tutto per raccontare una storia nella sua essenzialità più cruda. Non c’è alcuna condanna per i protagonisti, e del resto non c’è neanche una specie di romanticismo nel rappresentare questi ebrei chassidici come una specie in via di estinzione. Quello che prevale è il lato umano dei due gemelli, che come qualunque altro individuo possono risultare simpatici, antipatici o totalmente neutri. Ed è proprio questa neutralità il punto di forza di questo progetto, che porta gli spettatori all’interno di questa casa di New York, permettendo loro di farsi un’opinione autonoma. Fino alla conseguenza estrema di portare chi guarda a chiedersi: perché è così importante decidere se sedersi o no, sulla sedia del padre evocata dal titolo?