La ragazza nella nebbia: oscuri sospetti e insidiose apparenze nell’opera prima dello scrittore Donato Carrisi

Ad Avechot, piccola e remota comunità di montagna, nel cuore della notte un incidente d’auto coinvolge Vogel (Toni Servillo), poliziotto di fama inviato lì solo pochi mesi prima per indagare sulla misteriosa scomparsa della sedicenne Anna Lou, avvenuta nella nebbiosa notte del 23 di dicembre. L’incidente del poliziotto, le macchie di sangue sui suoi abiti e la sua presenza in quel luogo sono dunque forse legate a quella sparizione e all’indagine svolta poco tempo addietro? Affidato allo psichiatra del luogo, Vogel dovrà ripercorrere quel passato prossimo e dare una spiegazione a una serie di gialli che sembrano riguardarlo da vicino, ed essere rimasti loro malgrado avvolti nella nebbia più fitta.

Dal libro al film, da scrittore a regista. Lo scrittore di successo Donato Carrisi debutta dietro la macchina da presa per portare al cinema uno dei romanzi usciti dalla sua stessa “penna”, ovvero La ragazza nella nebbia. Una storia intricata eppure lucida che ha dalla sua il grande guizzo di spostare il fuoco della narrazione da una apparentemente ‘banale’ vicenda di scomparsa alla realtà ben più capziosa del complesso e ‘complessato’ sistema ‘giustizia’. Nell’opera di Carrisi si dipana e si delinea infatti più che altro un confronto serrato tra polizia, comunità, fronte mediatico, messi a paragone nel ripercorrere il paradosso secondo cui quasi nessuno insegue mai (e davvero) l’obiettivo della verità. Pregiudizialmente spostati ognuno verso un proprio interesse, i protagonisti di questa rosa di ‘investigatori’ seguono infatti ognuno un proprio iter, un iter che spesso e volentieri non combacia con quello della ricerca del vero. La rivelazione del mostro (possibilmente estrapolato lontano dal proprio mondo), lo scoop bomba (dato in pasto al pubblico e dunque generatore di proventi), la risoluzione di un caso (costi quel che costi pur di portare a casa risultato e fama) diventano così obiettivi primari verso i quali tendere, a discapito tanto di un presunto innocente condannato quanto di una possibile colpevolezza rimasta impunita.  Perché nel rovesciamento della medaglia, se è vero che la giustizia fa il suo tortuoso corso, è pur vero che anche il criminale può giocare le sue carte per far tendere la verità verso il proprio tornaconto.

Non sono gli eroi che determinano il successo di un’opera, è il male il vero motore di ogni racconto”   

All’interno delle maglie di una storia apparentemente semplice che è invece molto più psicologica e machiavellica del previsto Carrisi adopera una regia interessante capace di entrare nel vivo di questo testa a testa tra antieroi di fazioni diverse, portando il film a un quadrilatero di  incontri e confronti al vertice tra poliziotto (il solito imponente Toni Servillo che si muove nel suo terreno franco  tra cinismo imperante e sottile follia), la giornalista (una sempre brava Galatea Ranzi), lo psichiatra (Jean Reno) e presunto colpevole. A fronte di un avvio sottotono  e di una parte centrale con qualche problema di montaggio (non era facile a onor del vero adattare su schermo un plot così articolato e ricco di punti di vista), La ragazza nella nebbia trova nell’ultima parte del film e nel finale esplicativo il suo vero momento di forza. Sorretto da un Servillo sempre portante e dall’originalità di uno scritto di indubbio livello, Carrisi firma dunque un’opera prima non perfetta ma potente dove risulta subito chiaro che, padrone del materiale letterario fino in fondo, anche il suo occhio registico è stato in grado di allineare forma e contenuti per scandagliare con piglio accattivante una storia dove nulla, infine, è come sembra,  e dove il male si confonde nelle sue mille declinazioni possibili.