L’amour flou – Come separarsi e restare amici

Romane e Philippe (rispettivamente Romane Bohringer e Philippe Rebbot nei panni dei loro alter ego cinematografici) hanno costruito una bellissima famiglia. Venti anni di matrimonio alle spalle, due splendidi figli e una relazione che sta suo malgrado consumando i suoi ultimi attimi di vita. C’è ancora reciproco affetto, ma non ci sono più la passione, la tolleranza, e la comprensione di un tempo. Non c’è più la voglia di stare insieme e sempre uno al fianco dell’altra. Così, di comune accordo, i due coniugi stanno decidendo di separarsi ma, per tenere conto di necessità logistiche ed economiche, vorrebbero trovare la soluzione ideale. A quel puto prenderà piede l’idea di stare in una casa divisa ma dotata di uno spazio comunicante, una sorta di disimpegno dove mettere in correlazione la vita di prima a quella del dopo. Una separazione conciliante, dunque, che lascerebbe tutti vicini e che appare come la soluzione ideale, se non fosse per quell’elemento privacy che resterebbe in quel caso adagiato su una linea di confine molto labile e non sempre del tutto opportuna, specie tra due ex.

L’amour flou nasce come una sorta di lavoro autobiografico costruito dalla stessa esperienza dei due protagonisti che scrivono e dirigono le loro odissee di separazione per condividere e rendere omaggio a tutte quelle coppie che si affacciano al tema dovendo tenere conto di mille variabili tra cui in primis la serenità dei figli, le risorse economiche, le logistiche organizzative di una coppia separata con prole. Frutto della miglior commedia francese contemporanea, L’amour flou (letteralmente l’amore sfocato, evanescente) è una carrellata amara e disincantata ma anche a suo modo tenera e sincera nel mondo dei rapporti che si chiudono, lasciandosi dietro uno strascico di dolore ma gettando anche le basi per quel “dopo” che in un modo o nell’altro deve comunque concretizzarsi. Una ballata a tratti stravagante e a tratti illuminante che rielabora la fine di un rapporto nella transizione da una casa per tutti a una casa a “vasi comunicanti” dove ognuno ha la propria vita, pur restando a distanza di disponibilità per l’altro e (soprattutto) per i figli.

La coppia d’arte (e di vita) di registi francesi Romane Bohringer e Philippe Rebbot muove la dinamica di coppia tra gli alti e bassi della nostalgia del passato e il valore di ciò che si è (non senza fatica) costruito, e la destabilizzazione causata da quella nuova prospettiva di vita che inesorabile si affaccia. Incastrati tra la voglia di restare ancorati ai loro giorni migliori e d’amore e la necessità di sperimentare il futuro, vivere altre storie, porre una cesura al passato, Romane e Philippe rappresentano il dinamismo e la riorganizzazione della coppia moderna nella loro forma migliore, anche e soprattutto nella soluzione assai ardita e innovativa di separarsi restando a una parete di distanza. Una distanza quindi quasi solo simbolica che porrà poi anche la necessità di regolamentare la privacy attraverso vari escamotage: una luce che indichi l’on off di rispettive disponibilità, uno schema che segni il piano operativo delle cene dall’uno o dall’altro genitore, e varie altre simili misure gestionali che evitino imbarazzi o disguidi tecnici.

Con il giusto ritmo, e quel connubio di leggerezza e profondità tipici del cinema francese che mescola ironia e riflessione profonda, L’amour flou incarna il grigiore ma anche la fluorescenza e la bellezza della dinamica famiglia capace di andare al di là del tempo, delle incomprensioni e del distacco che possono subentrare quando l’amore passa dall’essere all’essere stato. Note di merito al bravissimo Philippe Rebbot e al commento sonoro, perfettamente integrato nella dinamica emotiva del film.