Lontano Lontano – Una spassosa commedia che muta il sogno escapista in un inatteso slancio d’altruismo

Attilio (il compianto Ennio Fantastichini qui alla sua ultima e brillante prova d’attore), Giorgetto (Giorgio Colangeli) e il Professore (Gianni Di Gregorio che, pure, scrive e dirige) sono tre pensionati (anzi due, perché Attilio non ha la pensione ma si affaccenda come rigattiere) romani veraci frustrati dal sempre più basso potere d’acquisto dei loro pochi soldi. Sulla classica scia del sentito dire del “fratello di un amico, del cugino di…” che si è trasferito ai Caraibi, si accenderà presto in loro l’idea di espatriare, andare altrove, in un non ben identificato luogo esotico dove i loro risparmi possano garantire una vita più agiata, un’esistenza più gratificante.

Ma esattamente dove? E come possono andare lontano tre romani doc a cui anche Tor Tre Teste pare un luogo al di là del mondo? Con l’aiuto del dottissimo e preparatissimo Prof. Federmann (il sempre incisivo Roberto Herlitzka) i tre amici vaglieranno e poi (altrettanto velocemente) scarteranno una serie di ipotesi di terre di conquista perché troppo lontane, con poca luce, fiscalmente non idonee. Eppure, forse, a detta dell’esimio professore le isole Azzorre  (non troppo distanti e dove si parla il portoghese, una lingua “simile” all’italiano) potrebbero fare al caso loro, rappresentare quel luogo paradisiaco con apparentemente soli pro e nessun contro. A quel punto ai tre buontemponi non resterà che racimolare la grana per partire e sbrigare ogni incombenza legata al grande addio. 

Riconciliarsi con la vita di ogni giorno 

Incastonato in un’ironia naive e popolare che parla la lingua di tutti i giorni (in questo caso il romanesco dei tre esilaranti protagonisti), Lontano Lontano mette in correlazione gli equilibri precari di un vivere alla giornata che appartiene tanto a chi vuole partire (un trio di signori settantenni con molta verve ma pochi spicci in tasca), e chi già in fuga da altro vorrebbe ri-partire (il giovane Abu che dal Mali devastato passando per una Roma “ladrona” sogna di raggiungere il ben più promettente suolo canadese).

E dunque l’operosità sempliciotta ma sincera che volge lo sguardo verso un possibile cambiamento è qui operata dallo stile sempre originale di De Gregorio all’interno di un’opera fresca e divertente che ridicolizza l’illusione di quelle idee nate da un “sentito dire”, da una qualche voce di corridoio, arenando presto il trio di protagonisti in una bassa marea di ostacoli, difficoltà, burocrazie tentacolari, e la sostanziale inerzia di chi – di fatto - conduce una vita già di per sé dignitosa. E, infatti, tra panini alla porchetta, pranzi generosi annaffiati da generosi bicchieri di vino, una battuta e uno screzio, quel sogno di un riscatto lontano lontano si andrà facendo sempre più prossimo, portando sotto la lente d’ingrandimento tutto quello che di una vita rappresenta la strada vecchia ma anche il sentiero certo, sicuro, arricchito dagli amici, dai volti noti e dalle cose care, dalle consuetudini di sempre (anche perché si sa che con il passare degli anni la capacità di adattamento a nuove situazioni va scemando).

Innervato da un sincero amore per la vita e le sue fisiologiche “caricature”, dotato di un linguaggio fresco e ironico, capace di arrivare diretto allo spettatore (da antologia un paio di scene tra cui quella della lezione di portoghese finita al tavolo da pranzo e nel mutismo generale), animato da un super cast di maschere tutte naturalmente comiche, Lontano Lontano esegue tutto il giro del mondo alla ricerca di un posto perfetto, per poi ricondurci tra le vie di Trastevere e della Roma verace, riportarci alla nostra romanità, e a un ultimo simbolico gesto di solidarietà che muta ed evolve il proprio egoistico senso di evasione verso un’umanità altra, davvero capace di andare lontano lontano pur restando ferma sui propri piedi.