Marco Giallini, la Tempesta del grande schermo

Dalla mano versatile di Daniele Luchetti, arriva in sala una nuova, brillante commedia con tocchi di sociale e spunti comici assai attuali e originali.

Messa per una volta da parte la borghesia, il regista, partendo dalla sceneggiatura da lui stesso scritta insieme a Giulia Calenda e Sandro Petraglia, si è concentrato su due fasce di italiani, una agli antipodi dell'altra: i milionari che hanno fatto del lusso sfrenato il loro stile di vita, con jet privato e truffe di vario genere in corso, e i poveri in canna, quelli che cercano di ottenere una roulotte abusiva al prezzo più basso possibile e che si appoggiano disperatamente ai centri di accoglienza.

Numa Tempesta, un superbo Marco Giallini, sempre in linea con i suoi precedenti personaggi ma non per questo meno incisivo, è un ricco uomo d'affari: vive da solo in un lussuoso ed enorme albergo che ha comprato e in cui fa addirittura jogging, ha una collezione di vecchi flipper, ama invitare gente a cena offrendo aragoste, due volte a settimana chiama le sue escort di fiducia e si gode l'idromassaggio con vista sul Cupolone.

Ma quando i suoi avvocati non sanno più come difenderlo, propongono al cliente un'alternativa al carcere, della durata di un anno: prestare servizio sociale in un centro d'accoglienza.

Una volta arrivato, Numa vorrebbe comprare a suon di bigliettoni la donna che lo gestisce – Angela, interpretata da Eleonora Danco – ma lei non è una che si lascia corrompere, anzi, lo mette in riga fin da subito.

Tra gli habituée del posto c'è uno sparuto gruppo di uomini e donne più e meno giovani tra cui Bruno - cui dà il volto il bravissimo Elio Germano, ormai fidato interprete degli ultimi film di Luchetti -, un giovane padre spiantato cui fa seguito il figlio Nicola, sveglio e scaltro.

Se l'incontro-scontro iniziale si fa foriero di risate, il rapporto tra Numa e i suoi nuovi amici subisce un'impennata che porterà lui verso l'empatia e loro verso una nuova vita. Ma a che prezzo?

Attenzione però, l'happy end non è dietro l'angolo e questo è tra i punti di forza del nuovo film di Luchetti che, ancora una volta, ha voluto rimanere fortemente ancorato alla realtà nonostante la sua commedia mantenga certi aspetti della fiaba. Il suo personaggio “cattivo”, infatti, non diventa buono, non del tutto almeno, mentre i suoi “personaggi buoni, diventano dei figli di...”, come ha affermato il regista, quasi a voler sottolineare che il film non si fa portavoce di una morale perché questa morale, come egli stesso ha dichiarato, non esiste più.

Io sono tempesta si presenta come una commedia pura, scevra da macchiette e da messaggi se non da quello che: “va bene l'ascolto, va bene l'empatia, ma se queste persone avessero un lavoro, sarebbe meglio”. E il sottofondo sociale del film risiede proprio in questa consapevolezza, nel sapere che la mancanza di lavoro e la voglia che tanta gente ha di trovarlo, sono da inserire tra le maggiori difficoltà del nostro paese. Fermo restando che la commedia buffa, le cui peculiarità si potevano rintracciare già nell'indimenticabile La Scuola, che aveva sancito il successo del regista, si mescola abilmente con la commedia sociale.

E se prima c'era stato un largo uso della ripresa a spalla, per Io sono Tempesta Luchetti è passato a riprese più ampie, coadiuvate dalla fotografia di Luca Bigazzi e dalla scenografia di Paola Comencini, confezionando un film visivamente accattivante, fluido e incisivo. Il finale è amaro ma col sorriso e il cast, tutto, ha contribuito in maniera egregia a raccontare una pagina di storia italiana con una nuova verve, lasciando da parte il tono drammatico, spesso accostato alla tematica della povertà, per concentrarsi sulla voglia di descrivere il tanto attuale squilibrio sociale.

Brillante, originale, tagliente, vero.