Nevia - Il controcanto libero di una voce femminile forte e indipendente

Nevia (una sorprendente Virginia Apicella), nome dolce e avvolgente che nasconde una vita dalle tante insidie. Piccola ma già grande, costretta a tenere sulle spalle esili dei suoi quasi diciotto anni le responsabilità e gli oneri di una vita già adulta. Un’esistenza vissuta tra container, lavoretti precari per pagarsi una giacca usata, affidata alle cure a volte tenere a volte distratte e inadempienti della nonna e della zia, Nevia si prende cura delle sorellina più piccola, evita agilmente di essere risucchiata in quel vortice di maschilismo e malavita che le ruota feroce e magnetico attorno, e sogna una via di fuga da quella realtà grigia, asfissiante, maledetta, dove alla donna non è concesso vivere ma solo sottostare.

Essere femmina qui è una vera disgrazia” è in fondo l’eco di una verità che risuona forte in quella periferia del napoletano dove se vivere è difficile, vivere da donna lo è ancora di più e più tragicamente. Eppure, più forte e più determinata del suo stesso destino, la giovane Nevia riuscirà a scorgere dietro l’insegna di un circo e sotto il tendone colorato di vite altrettanto precarie, ma apparentemente “vive”, una possibilità di luce, di magia, di un contatto esistenziale (con gli adorati animali, ma non solo), in grado di sottrarla – per un attimo o magari per sempre -  al degrado disperato che la circonda.

Come ci si salva?

Prodotta dall’ex marito Matteo Garrone, e presentata nella sezione Orizzonti a Venezia 2019, l’opera prima di Nunzia De Stefano trae spunto dalle memorie autobiografiche della stessa regista. Si tratta di un film lieve, a un tempo crudele e fiabesco, intriso di quelle stesse atmosfere incantate proprio in stile Garrone e abitato dalle tante, crude verità di una periferia campana sempre troppo ostica, difficile, tentacolare, similmente descritte anche nelle recenti opere del conterraneo Edoardo De Angelis (Indivisibili, Il vizio della speranza). Ed è proprio con quest’ultima opera del napoletano De Angelis che Nevia sembra trovare i suoi maggiori punti di contatto. Nunzia De Stefano, infatti, immerge la sua giovane eroina in un circuito societario così decadente e malato in cui solo un vizio – forte e inossidabile - della speranza, può sperare di avere la meglio.

L’esordiente Virginia Apicella, dal canto suo, veste i panni sciatti, di seconda mano, della sua protagonista con rara grazia e forza endemica, facendosi carico di tutto il peso di quella domanda insidiosa, spinosa, che attraversa tutto il film e a cui non è possibile, in fondo, dare una reale risposta: Come ci si salva? I colori, i giochi, a volte anche le illusioni del circo sono un mezzo tentativo di replica a quell’impasse esistenziale che la De Stefano tratteggia con delicato realismo e convincente onirismo, catturando le immagini più eloquenti di una lotta con sé stessi e con la propria realtà che, forse, a volte e con un po’ di fortuna, è l’unica carta che può permetterci in qualche modo di fare la differenza, o imbatterci in qualche inaspettato “santo in paradiso”, per imboccare così la fragile via della salvezza, aggirando quella ben più agile e marcata della perdizione.