Ozzy cucciolo coraggioso, ovvero Le ali della libertà in versione canina

Direttamente dalla Spagna, arriva un piccolo film di animazione che ha il duplice scopo di divertire i piccoli e rendere omaggio ai grandi film di genere che hanno per tema la prigione e la fuga. Colori brillanti e una storia dinamica e ben costruita sono il punto forte di Ozzy – Cucciolo coraggioso, del regista Alberto Rodríguez candidato all'Oscar nel 2009 con il suo cortometraggio animato L'incredibile storia della mia bisnonna Olivia.

Ozzy è una sorta di beagle che appartiene alla famiglia Martin: amato e coccolato, ne combina di tutti i colori con la piccola Jenny, facendo vedere i sorci verdi al malcapitato vicino. Ozzy è la mascotte della famiglia ma quando al papà, disegnatore di fumetti, viene offerta la possibilità di andare in Giappone per un mese, devono trovare una sistemazione per evitare la quarantena al povero quadrupede. La scelta ricade su una pensione di lusso per cani con tanto di sauna, massaggi e zampicure che ben presto si rivela una truffa: i residenti vengono infatti trasportati in una vera e propria prigione dove sono costretti a lavorare per produrre fresbee per il presunto proprietario della pensione. Ozzy, non abituato a materassi duri, sbobbe maleodoranti e prevaricazioni, è a dir poco terrorizzato ma il suo compagno di cella, il simpatico bassotto Hot Dog, cane guida di un signore non vedente e autore di numerosi e falliti tentativi di fuga, saprà come far tornare il sorriso sul muso del suo nuovo amico. Insieme a Rutto, un grosso e burbero Bobtail che parla poco ed emette amene sonorità, e a Scheggia, un fox terrier col carrellino per le zampe posteriori, inacidito dal dolore per l'abbandono da parte dei suoi padroni, il protagonista riuscirà in un'impresa audace e coraggiosa.

Sorta di romanzo di formazione canino, Ozzy – Cucciolo coraggioso è infatti un viaggio alla scoperta di sé, di tutte quelle qualità sopite che il cucciolo tira fuori nel momento del bisogno. Inneggiando all'amicizia e alla solidarietà quali valori imprescindibili delle relazioni, in questo caso tra cani, il film alterna efficacemente momenti di azione ad altri prevalentemente comici, rendendo omaggio ad uno dei più bei film del genere, ovvero Le ali della libertà.
Tornano infatti le odiose guardie carcerarie (grossi alani minacciosi), torna il direttore, un enorme San Bernardo dispotico e crudele (e appassionato di deliziosi modellini fatti di piccoli ossetti) e torna il vecchio cane bibliotecario e “istituzionalizzato” che consegna libri ai prigionieri; torna il “buco”, temuta cella d'isolamento piccola e buia, torna la scena in cui il protagonista occupa la stanza del direttore – in cui invece di trasmettere un brano lirico, invita i suoi “colleghi” a ricordare la loro vita precedente, in cui erano liberi e amati dai loro padroni - e torna il poster (qui un calendario) che copre il tunnel scavato nel muro.

Sebbene i disegni non siano particolarmente aggraziati e le figure umane risultino alquanto sproporzionate, i quadrupedi sono ritratti con dovizia di particolari, da Don Vito, Chihuaua nonché boss della prigione, agli alani, fino al pelosissimo direttore della prigione.

Un piccolo film per un piccolo pubblico, dove la classica storia di fuga intrattiene a dovere e in cui l'happy end è la ciliegina su una torta graziosa quanto basta.