Puoi baciare lo sposo, le nozze gay tra incomprensioni e paillettes

Grazie alla legge passata alla Camera il 20 maggio 2016, dopo anni di attesa e un lungo iter parlamentare anche in Italia è stata finalmente riconosciuta l’unione tra persone dello stesso sesso. E così, mentre alcuni ancora obiettano che si sarebbe dovuto fare di più, altri gridano invece allo scandalo: Puoi baciare lo sposo, ultimo lavoro di Alessandro Genovesi, è il ritratto di una società impreparata ad affrontare questo importante cambiamento: una Nazione, la nostra, in cui i pregiudizi svettano alti come bandiere in cima ai pennoni. Il film tratta della relazione tra Antonio e Paolo, due giovani gay italiani residenti a Berlino che decidono di annunciare alla famiglia di Antonio, completamente all’oscuro dell’omosessualità del proprio figlio, la loro intenzione di sposarsi. La coppia, con l’amica Benedetta e il nuovo coinquilino Donato, organizza quindi un viaggio nel Bel Paese, ma una volta giunti a Civita di Bagnoregio - incantevole cittadina dove vivono i genitori di Antonio - le cose si complicheranno…

Scegliere di raccontare temi seri tramite l'arte di far sorridere è stata da sempre una caratteristica della cinematografia italiana – per citare un titolo tra tutti basti pensare a La Grande Guerra, indiscusso capolavoro di Mario Monicelli -, una mossa che in passato si è rivelata assolutamente vincente, già... in passato! Purtroppo, e spiace dirlo, l’opera di Genovesi non riesce a convincere fino in fondo. Puoi baciare lo sposo è infatti una commedia sin troppo prevedibile, un lungometraggio che non esce mai dai binari del già visto, come appunto le numerose gags (peraltro decisamente divertenti) sulle divergenze di opinione tra il padre e la madre di Antonio, che richiamano alla mente situazioni più che abusate. E la totale assenza di colpi di scena, o ancor peggio di guizzi d’originalità, contribuiscono, nonostante la fluidità ritmica della struttura narrativa, a rendere il prodotto poco incisivo e a tratti banale.

Il vero problema del film sta però nella rappresentazione stereotipata, buonista e convenzionale di ogni suo personaggio, con la conseguenza di far irreparabilmente scivolare un argomento di così grande portata, come quello delle unioni civili, verso la pericolosa china della superficialità. Ciò che è davvero mancato a Genovesi è stato dunque il coraggio, quell’osare di più in fase di sceneggiatura, quel graffio inatteso che avrebbe di certo cambiato le sorti della sua pellicola. Ed è un vero peccato che il regista non abbia affondato la lama nel sano cinismo e nella forte ironia, perché i colori tenui da lui utilizzati hanno finito per sbiadire l’intera opera. E’ tuttavia innegabile che molti scambi di battute siano esilaranti e che il cast funzioni a meraviglia: il bravissimo Diego Abatantuono, l’efficace Monica Guerritore, l’eccellente Salvatore Esposito – che dismessi i panni del duro Genny di Gomorra si trasforma qui nel tenero Paolo –, Cristiano Caccamo, Dino Abbrescia, Diana Del Bufalo e l’ottimo Antonio Catania che non sbaglia un solo colpo.

Va comunque riconosciuto che il lavoro di Genovesi, liberamente ispirato al musical di Broadway My big italian gay wedding, malgrado alcune imperfezioni e qualche termine inadeguato (le ‘razze umane’), resta senz'altro una buona occasione per ridere in sala, e questo non è poco.