Quintetto d'eccezione in Non ci resta che il crimine

Per chi ha voglia di tuffarsi nel passato, per i nostalgici degli anni '80, per chi desidera vedere un film accattivante, divertente, ben confezionato e soprattutto divinamente recitato, Non ci resta che il crimine, nuovo lavoro di Massimiliano Bruno, è l'ideale.

Ispirandosi a cult come Ritorno al futuro, Non ci resta che piangere e Romanzo Criminale, e ripercorrendo lo stile dei grandi film e telefilm polizieschi dell'epoca, il regista, che qui è anche attore e sceneggiatore, ha amalgamato più generi, realizzando una commedia decisamente valida, fatta di citazioni cinematografiche, personaggi ben costruiti, dialoghi frizzanti e una colonna sonora densa di tutti quei successi che gli attuali quaranta-cinquantenni conoscono bene perché li hanno ballati tutti e li ballano tuttora con grande trasporto.

Partendo dall'odierna crisi economica che costringe tre vecchi amici a inventarsi una professione diversa che frutti denaro – vestirsi come i ben noti malavitosi della Banda della Magliana e portare i turisti a visitare i luoghi in cui i criminali compivano i loro loschi affari -, il film vira ben presto sul fantastico e il famoso portale spazio-temporale che a tante avventure ha dato vita in passato, catapulta i tre malcapitati nel bel mezzo dei mondiali del 1982, con l'Italia prossima a diventare campione del mondo, le scommesse clandestine a farla da padrone e una sorta di spensieratezza perduta che ammantava ogni cosa.

Il destino vuole che il saputello Giuseppe – un grandissimo Gianmarco Tognazzi che ritrova la sua verve e regala una performance davvero sbalorditiva -, l'imbranato Sebastiano – Alessandro Gassman timidone e un po' tardo di comprendonio è irresistibile – e il gradasso Moreno – Marco Giallini nel suo ruolo più congeniale di bugiardo patentato ma di animo buono – si ritrovino proprio nel covo di coloro che nel XXI secolo cercavano di impersonare per tirare su qualche euro.

Solo che Renatino – Edoardo Leo al suo primo ruolo da villain - dal vivo è assai irascibile e pericoloso, nonché gelosissimo della sua fidanzata, la ballerina interpretata da Ylenia Pastorelli nel ruolo che ormai le è stato irrimediabilmente cucito addosso il quale, tuttavia, interpreta egregiamente come sempre.

In un bailamme di fraintendimenti e situazioni paradossali, i tre entrano involontariamente nel giro e devono cavarsela, nel bene e nel male, per rimanere vivi e tornare al varco prima che qualcuno della banda li faccia secchi e cambi per sempre il corso della storia.

Spassoso, fatto di battute ad effetto e di situazioni comiche sia dal punto di vista fisico e della gestualità che da quello dello sviluppo narrativo, il film di Bruno si inserisce a tutti gli effetti nel filone della commedia made in Italy, in cui non solo il pubblico ritrova alcuni tra gli attori più amati dello schermo ma anche momenti storici che tuttora fanno parte della nostra memoria e del nostro immaginario collettivo.

E non solo: perché Non ci resta che il crimine corre sia sul binario della commedia che sul quello dell'action movie, condendo il tutto con qualche colpo di arma da fuoco, una esilarante rapina in banca con un travestimento tutto da ridere e una serie di corse a perdifiato.

E se in Non ci resta che piangere, Troisi si cimentava con le anacronistiche note di Yesterday, qui Gassman stuzzica gli altri protagonisti del passato con il tormentone del 2001, Sole cuore e amore, di Valeria Rossi.

Nel ritorno al passato dei protagonisti c'è tutto il meglio degli anni '80, dai brani di Alan Sorrenti alla tutina di Heather Parisi, dalla disco dance di Le Freak al Commodore 64, passando per la cocaina e le giacche o bluse con le spalline pronunciate. Lo stesso stile visivo, inoltre, nel quale spicca il largo uso dello split screen, si rifà chiaramente alle serie dell'epoca, che si tratti di A-Team, dei Chips o di Starsky e Hutch. E a fare da sfondo alla vicenda, Roma, cui il regista rende palesemente omaggio con alcune splendide riprese, proprio nel momento in cui la capitale è in una situazione di totale abbandono e degrado. Quasi a voler donare un premio di consolazione ai cittadini amareggiati.

Come si suol dire, “squadra che vince non si cambia” e Massimiliano Bruno punta nuovamente su Gassman e Giallini, suoi cavalli di battaglia, insieme o in separata sede, fin dai tempi di Viva l'Italia.
Il risultato è l'esplorazione di un nuovo tipo di commedia: già visto oltreoceano forse, già sperimentato ai tempi di Benigni e Troisi ma che, con l'avvento delle nuove tecnologie, regala nuovi spunti comici.

A voler trovare qualche pecca nel sesto lungometraggio di Massimiliano Bruno, c'è da dire che il numero di “parolacce” è davvero esorbitante e che il regista non ha lesinato quanto a inquadrature del fondoschiena della Pastorelli, quasi che sentisse nostalgia dei vecchi cinepanettoni, ben nutriti di seni e natiche.

Linguaggio scurrile e nudi a parte – del resto la banda della Magliana non annoverava certo accademici della Crusca -, Non ci resta che il crimine è godibile e stilisticamente coinvolgente. Parafrasando il titolo, non vi resta che andare a vederlo!