Shoplifters: Kore-Eda Hirokazu in una riflessione sulla Famiglia capace di andare oltre le convenzioni formali

Osamu e il figlio vivono di espedienti e piccoli furtarelli. La loro grande famiglia sopravvive infatti grazie a  quelle quotidiane sessioni di ‘spese coatte’, una sorta di artistica vita di strada che il capofamiglia Osamu sembra esser riuscito a trasferire all’intera famiglia. Un giorno, durante una delle solite giornate di ‘caccia’ insieme al figlio, Osamu incontra una bambina sola e infreddolita e decide di portarla a casa con sé. Lì, assieme alla nonna, alle altre sorelle e a quel numeroso e insolito nucleo famigliare, la piccola Yuri troverà forse per la prima volta qualcuno in grado di amarla. Accudita e coccolata, la piccola si adatterà poco alla volta al calore umano di quella famiglia insolita ma felice, povera ma assai ricca di affetto e complicità.

Il regista giapponese Kore-Eda Hirokazu porta in concorso a Cannes Une affaire de famille (Shoplifters), un racconto ancora una volta ruotato attorno al tema degli affetti, al senso di famiglia che trascende il significato più letterale del termine per diventare uno spazio di affetto e condivisione che può andare anche ben oltre i legami di sangue. Scegliendo soprattutto un punto di vista che si muove ad altezza bambino (i piccoli fratellini di casa e le loro fanciullesche scorribande), il regista giapponese segue evoluzioni e rivoluzioni che si compiono all’interno di un microcosmo famigliare che appare naturalmente un nucleo Famiglia e che in fondo (forse) non lo è. Ma chi può davvero dirlo? Nell’approfondimento di questa domanda, l’opera di Kore-Eda Hirokazu disegna le sue proiezioni, ed evidenzia il percorso di ‘naturalizzazione’ famigliare a cui vuole far aderire il film. Lo sviluppo del legame, del senso di affezione e condivisione di dinamiche interne al nucleo ‘famiglia’ determina infatti un’alterazione della percezione primigenia e di normalizzazione secondo cui la famiglia è rappresentata unicamente dal sangue del proprio sangue.

Con la delicatezza e l’armonia tipiche del cinema orientale e assai nelle corde del regista di Tokyo, Shoplifters ragiona e immagina le mille implicazioni e controversie tipiche di qualsiasi nucleo per farne un ritratto empirico e assai poetico, tratteggiando l’immagine di qualcosa che non è ma forse potrebbe essere. Un’armonia ricavata dalla miseria, un amore coltivato nell’estraneità, una complicità catturata nelle piccole cose del quotidiano e nella lieve ma appagante certezza di poter contare, alla fine della giornata, su qualcuno.

All’interno di un’abitazione fatiscente e nel degrado di una realtà povera, Kore-Eda Hirokazu porta la ricchezza dell’amore e di uno sguardo d’affetto capace di lenire, spesso, anche le cicatrici di quelle tante scottature che la vita spesso ci ‘regala’. Un’opera che si realizza piano ma che ha l’impatto pieno di una riflessione profonda.