Suspiria: Si danza con la morte nell’attesissimo remake firmato Luca Guadagnino

Nel 1977 Susie Bannon (Dakota Johnson) si trasferisce  a Berlino per frequentare la prestigiosa scuola di danza Markos Tanz Company guidata dall’algida e rigida Madame Blanc (Tilda Swinton). Entusiasta di poter apprendere l’arte del ballo in un luogo d’eccellenza che dovrebbe esprimere lo stato di leggiadria e poesia espresse dalla danza, Susie scoprirà però ben presto (assieme alla sua amica e compagna di stanza Sara), che dietro la sua apparente perfezione la scuola di ballo nasconde in verità una serie macabra di segreti e doppie verità strettamente legate alla persona della Blanc. La sparizione di una delle loro compagne (Patricia - interpretata da Chloe Moretz) sarà infatti solo la prima di una sequela di misteriosi accadimenti che avverranno tra le mura della scuola.  

Lavoro atteso con grande trepidazione e che arriva subito dopo il successo internazionale di Chiamami con il tuo nome, il Suspiria di Luca Guadagnino (remake dell’omonimo celebre horror di Dario Argento del 1977 che apriva la trilogia delle Tre Madri) arriva come primo film italiano in concorso al festival di Venezia 2018 e non disattende le alte aspettative.

Del film originale di Argento Luca Guadagnino riprende fedelmente elementi e atmosfere ma vira il tutto a un rosso più esoterico e sottilmente meno orrorifico. Il regista palermitano, che ha rivelato di aver voluto realizzare più che un remake sostanzialmente un omaggio a un’opera che al tempo della visione (ovvero a 14 anni) lo aveva letteralmente folgorato, libera infatti nel suo Suspiria tutta la malia visionaria e fondante del suo cinema. In un tripudio di rossi cangianti e corpi mossi da una danza che alterna e contrappone vitalità e morte, bellezza e deformazione corporea, il Suspiria di Guadagnino decostruisce e riassembla  corpi e immagini a proprio piacimento con la capacità di tratteggiare un crescendo di suspense che tende spontaneamente verso il concetto di Madre assoluta e putativa, e dunque verso il concetto di morte.

Suddiviso in sette funzionali capitoli incluso l’epilogo, il film del regista palermitano innaffia di sangue quest’opera danzante che abbandona ben presto la compostezza delle coreografie per abbracciare appieno il rituale esoterico, il fanatismo della setta, alimentando il tutto in quel sottile gioco di malia, magia nera, e circuizione che trasforma il corpo di ballo al femminile in una vera e propria seducente danza delle streghe.

Dakota Johnson convince nel ruolo della protagonista Susie Bannion, incarnando con il fisico leggiadro innaffiato da una pioggia di capelli rossi l’archetipo della strega moderna, libratasi a capo di una congrega di soldatesse al femminile tutte intrappolate in una danza con la morte. E se all’interno delle mura della scuola emerge lentamente un lato umano molto dark, all’esterno riecheggiano ancora le ombre e gli orrori del nazismo in un raddoppio di percezione orrorifica che attraversa in egual modo spazi interni ed esterni.

Con sovrapposizioni e giustapposizioni, flash back e proiezioni oniriche Guadagnino realizza un’opera conturbante ma seducente nella sua capacità di associare una forma macabro sinuosa a un’elucubrazione intrigante sul fascino del potere, della seduzione e della capacità di mutazione ancestrale del corpo femminile. Siamo totalmente in un altro luogo visivo rispetto alle atmosfere emozionali di Chiamami con il tuo nome, ma la suggestione dell’immagine rievocata da Guadagnino - seppur declinata a uno stile ben più macabro del solito - riesce ancora una volta a sorprendere.