Transfert, Massimiliano Russo e gli oscuri meandri della mente umana

Presentato in anteprima nazionale al Roma Web Festival, dove ha ricevuto ben dieci minuti di applausi, e vincitore di otto statuette su 13 nomination agli Oniros Awards (Concorso internazionale mensile e annuale con sede a La Thuile, che premia i film indipendenti provenienti da tutto il mondo), Transfert, avvincente opera prima di Massimiliano Russo, sarà a breve sul grande schermo. Ora, il progressivo restringersi della produzione cinematografica nazionale verso un’unica categoria, quella della commedia, ha fatto sì che le pellicole italiane in gran parte si somiglino tra loro per forma e contenuto: beh, il coraggioso lungometraggio d'esordio realizzato da Russo spicca sicuramente per originalità!

Stefano (Alberto Mica) è un giovanissimo psicoterapeuta, molto acuto ed empatico, ma anche inesperto. I suoi primi clienti (ruoli affidati ai convincenti Clio Scirà Saccà, Paola Roccuzzo e Massimiliano Russo) si rivelano essere casi particolarmente difficili da gestire, tanto che alcuni di loro arriveranno a compromettere, oltre alla vita di Stefano, anche la loro stessa esistenza e quella di altri pazienti…

Scritto, diretto, montato, interpretato e prodotto dallo stesso Russo (anche direttore della fotografia insieme a Simone Raeli), Transfert è un viaggio complesso – ma non complicato – all’interno delle fragilità della psiche umana. E per scavare in profondità negli arcani meandri dell’Io, il cineasta catanese sceglie la strada del thriller, offrendo agli spettatori un lavoro di perfetto equilibrio tra una gran quantità di intrighi psicologici e una lunga serie di colpi di scena. Sì, perché nonostante la serietà del tema trattato possa indurre il pubblico a ritenere il film di Russo ‘pesante’ o noioso, a farlo ricredere ci penseranno una fluida sceneggiatura e una solida quanto curata regia che lo terranno inchiodato alla poltroncina rossa fino all’ultimo fotogramma.

Qui, in un continuo gioco di specchi, come spesso suggerito da diverse inquadrature, si indaga sull’effettivo senso di identità, sul concetto di verità e sull’importanza e autenticità del bisogno di relazioni interpersonali: affidarsi e confidarsi in un doloroso ma necessario scambio delle parti. Massimiliano Russo, oltre a stupire per una precisa e attenta alternanza di intensi dialoghi serrati, rumorosi silenzi, bei primi piani e flashback esplicativi, riesce anche a costruire interessanti dinamiche tra i personaggi: affascinanti e morbose interazioni che in un crescendo di tensione cattureranno l’intera platea. E poco conta se a volte i tanti intrecci dello script possano risultare non del tutto chiari, o se lo scarso budget a disposizione dell’autore non gli abbia permesso grandi scenografie, perché il coraggio dimostrato da Russo nel portare avanti un progetto che per contenuti si differenzia dai tanti altri oggi in circolazione, rappresenta quel quid in più che ha consentito a Transfert di raggiungere un esito vincente.