Un paese quasi perfetto

Se non avete mai letto su una cartina geografica il nome di Pietramezzana, il mistero è presto risolto, in quanto trattasi di località inventata fondendo quelli di Castelmezzano e Pietrapertosa, ovvero le scenografie del lungometraggio che – prendendo le mosse dal canadese La grande seduzione (2003) di Jean François Pouliot – segna l’esordio dietro la macchina da presa – se si escludono alcuni short e i collettivi Il caricatore (1996) e La vita è una sola (1999) – per il napoletano classe 1958 Massimo Gaudioso, sceneggiatore, tra l’altro, di Benvenuti al Sud (2009).

Del resto, proprio come nel grande successo firmato da Luca Miniero, è sul contrasto generato dall’incontro-scontro tra un cittadino dell’Italia settentrionale ed una civiltà rurale – qui comprendente Domenico alias Silvio Orlando e il direttore di banca Nicola incarnato da Carlo Buccirosso – di quella meridionale a trovarsi alla base della oltre ora e mezza di visione, in un certo senso debitrice anche nei confronti del Ci vediamo domani (2013) che vide protagonista Enrico Brignano.

Oltre ora e mezza di visione che parte dal citato piccolo paese in questione, sperduto sulle Dolomiti lucane e che rischia di sparire perché non solo i pochi abitanti rimasti sono per lo più minatori che vivono con una cassa integrazione a rischio di trasformazione in disoccupazione permanente, ma, nel momento in cui intravedono nell’apertura di una fabbrica la soluzione a tutti i loro guai, si rendono conto del fatto che per concretizzare la cosa occorre obbligatoriamente un medico. Medico che individuano nel rampante chirurgo estetico milanese Gianluca Terragni, il quale, con le fattezze di un Fabio Volo più convincente del solito e appassionato di cricket , spiano telefonicamente una volta approdato nel posto, in modo tale da conoscere tutte le sue esigenze ed accontentarlo facendogli credere – ad eccezione della bella Anna cui concede anima e corpo Miriam Leone – di trovarsi dove ha tutte le comodità che desidera.

E, insieme ad un equivoco verbale legato al sushi sashimi, è proprio il momento in cui guardano in tv una partita dello sport praticato con mazza, palla e guantone a rientrare tra i più divertenti dell’operazione; caratterizzata da un non troppo convincente avvio infarcito di battute eccessivamente legate ad una comicità vecchia maniera affidata soprattutto al veterano Nando Paone nei panni di Michele, ma fortunatamente destinata a decollare strada facendo.

Ricordando a tratti un certo cinema del compianto Carlo Mazzacurati e rivelandosi non eccelsa, ma decisamente gradevole nel ribadire l’importanza di sfruttare al meglio quello che già si possiede.