17 Marzo 2017    18:08

alberto

0,0   (su 0 voti)

Accedi per votare!

Sparatorie a suon di musica, rotolata dalle scale, caricamento di una pistola al volo: cosa si può chiedere di più da un film action? Il ritorno del personaggio elegante e che impugna costantemente una pistola, interpretato da Keanu Reeves nel "John Wick" del 2014 è dei migliori, nonostante questo killerone voglia andare ormai in pensione; tuttavia la pellicola ci insegna che mestieri come questi non concedono riposo ed è quasi impossibile sbrogliare la matassa di cospirazioni, vendette, debiti e guai vari, dato che ancora una volta il capellone avrà sull'uscio della porta di casa un amico che non esiterà a trasformarsi in nemico e villain, interpretato dal compatriota Riccardo Scamarcio, che fa una bella figura e mostra un certo carisma. La vendetta, come afferma quest'ultimo in una scena, è ormai nel sangue del protagonista, che non si può permettere il privilegio di passare almeno una giornata senza dover prendere una pistola o alzare le mani, ed è la forza motrice di tutti i morti ammazzati da lui, difficili da contare, declinando in una inarrestabile caccia all'uomo che lo plasma in una macchina che si piega ma non si spezza, spesso stanca ma sempre in grado di uscire da qualunque situazione critica. Ovviamente il tutto è il pretesto per farci assistere ad uno spettacolo epico violento ma raffinato, lungo ma mai noioso, serrato e soprattutto realistico nonostante la totale inverosimilità della vicenda. Infatti la parola chiave del lungometraggio è esagerazione, da una parte della violenza, tra molto sangue e qualche pugnalata, anche con una matita (per la gioia dei fan, visto che già nel primo capitolo le voci di corridoio sostenevano che in passato Jonathan avesse ucciso tre uomini con una pencil), dall'altra della vicenda, che dall'inizio vede quest'organizzazione criminale,  con sedi negli alberghi Continental,  ricolma anche di gente apparentemente normale, tra cui spazzini, barboni e persino lottatori di sumo. La pecca consiste nel fatto che se non rispetti le regole vieni scomunicato e ricercato, mentre se non rispetti qualche patto con un membro, questo diffonderà una consistente taglia sulla sua testa. L'uomo nero si troverà nella seconda situazione, e sarà costretto a passeggiare nell'attesa che qualcuno lo fissi e lo spinga a fare Mezzogiorno di fuoco nella quiete pubblica. La ricca tensione data da queste sequenze è affiancata da una sempre ben accetta ironia nera, poiché alla fine tra molti esponenti dell'organizzazione c'è un rapporto di (ex) amicizia e una consapevolezza che l'obiettivo da sopprimere sta facendo il suo lavoro. Nel ricco cast troviamo anche Claudia Gerini, in una parte breve ma importante; Franco Nero, il Django originale; Peter Stormare e anche Laurence Fishburne, di nuovo in coppia con Reeves dopo "Matrix", oltre che il "capo" Ian McShane. Le riprese si sono svolte sia a New York sia a Roma e le musiche di Bates e Richard sono perfette, danno ritmo alle scene e regalano molta adrenalina allo spettatore. La stessa regia del primo di Stahelski e la sceneggiatura di Kolstad sono entrambe superiori a quelle dell'episodio precedente, realizzando un thriller con sparatorie e combattimenti non stop eleganti e ben gestiti, che lasciano a bocca aperta molte volte. Il finale assicura il sequel, che si preannuncia grandioso.