Conferenza stampa: Veloce come il vento

“Io e Matteo avevamo già realizzato insieme Gli sfiorati, film di cui vado fiero ma che, purtroppo, non andò bene; quindi ci siamo detti che dovevamo farne un altro e lui mi disse che gli sarebbe piaciuto concepirne uno riguardante l’ambiente delle corse automobilistiche. Insieme ai suoi sceneggiatori, mi ha portato un copione che si è rivelato di valore fin dal trattamento per la sua capacità di coniugare un racconto di strani legami familiari con la spettacolarità richiesta dall’argomento. Si parla spesso di mancanza di cinema di genere qui in Italia, ma io non sono d’accordo, perché secondo me già la televisione provvede a coprirne molto e, se lo fai, comunque, ti scontri con realtà produttive estere molto più grosse. Il cinema di genere mi piace quando viene accostato ad altro, come in questo caso”.

Il produttore Domenico Procacci introduce così la conferenza stampa romana per la presentazione di Veloce come il vento, sua seconda collaborazione con il cineasta Matteo Rovere, il quale precisa: “Mi interessava raccontare la storia di una ragazza al centro di qualcosa che solitamente viene riservato a personaggi maschili, come, appunto, l’ambiente automobilistico. Per quanto riguarda la parte d’intrattenimento, poi, gli americani in questa tipologia di film realizzano quasi tutto in computer grafica, mentre in pellicole europee come Ronin i veicoli sono veri e lo sono anche le automobili usate in Veloce come il vento. Oltretutto, noi non solo vantiamo tutta una tradizione di genere italiana che ho cercato di fondere con la storia di questa famiglia, ma abbiamo anche molti bravi piloti che, però, non hanno i soldi per fare la Formula Uno”.

Protagonista del lungometraggio nei panni di un ex pilota totalmente inaffidabile e tossicodipendente, Stefano Accorsi prosegue: “Io vorrei aggiungere che qui in Italia abbiamo anche grandissimi stunt, solo che sono spesso costretti a fare esperienze all’estero, perché gli americani, a differenza nostra, inseriscono scene d’azione in quasi tutti i film. Per esempio, lo stunt coordinator del nostro film è stato Diego Guerra, il quale ha un curriculum pazzesco. Noi abbiamo raccontato tutto quello che c’è dietro al mondo delle corse, dalla grande passione ai legami familiari, oltre all’amore per la velocità, che è voglia di vita. Inoltre, vi sono personaggi a cui ci siamo ispirati, molti elementi sono tratti dalla realtà. Per esempio, il mio Loris s’ispira a Carlo Capone e siamo felici di avergli fatto un omaggio. Ha allenato una ragazza ma non necessariamente sua sorella, poi abbiamo avuto il supporto di tantissimi piloti che ci hanno seguito dall’inizio alla fine della lavorazione”.

Al suo fianco, la giovane Matilda De Angelis nel ruolo della sorella diciassettenne, anch’ella nella finzione professionista del brivido da asfalto e che, nel momento in cui le viene chiesto se è vero che ha dichiarato di voler diventare una rock star, risponde: “Io sono arrivata al mondo del cinema in maniera quasi casuale e ho avuto la fortuna di lavorare con attori che ti fanno appassionare a ciò che fai. Non scelgo se camminare o parlare, faccio entrambi allo stesso tempo, quindi non so se vorrò fare la rock star, per ora faccio l’attrice. La cosa che più mi ha colpito è che nel mondo del gran turismo, pur non sentendosi valorizzati come i piloti, tutti i meccanici hanno una passione e un amore nei confronti del loro lavoro e sono capaci di trasmetterteli e fartici innamorare”.

E, mentre Rovere, a proposito di questo, ricorda che è stato il meccanico Antonio Dentini a raccontare loro la storia di Capone ed osserva che sarebbe interessante concretizzare un documentario con le storie dei veri personaggi, Accorsi conclude: “Quando Domenico Procacci mi disse che gli sarebbe piaciuto realizzare questo film, fece un riferimento a Radiofreccia; quindi, il mio Loris potrebbe essere un Freccia sopravvissuto, ma è chiaro che si tratta di un personaggio diverso, perché questo è un ex campione di rally che poi cade nella droga”.