Deepwater – Inferno sull’oceano: Mark Wahlberg e Lorenzo di Bonaventura parlano del film

È estremamente difficile produrre un film come questo. Credo si tratti del più difficile in assoluto al quale ho partecipato, perché abbiamo dovuto ricostruire una piattaforma d’acciaio che pesava novecentomila chili; poi c’era la fortissima pressione esercitata dal fatto che stavamo raccontando una storia vera, parlavamo di persone realmente esistenti e di vite perse, quindi, anche l’aspetto umano era molto forte. Avevamo questo obbligo che, in un certo senso, ci pesava sulle spalle e che ha rappresentato una specie di guida da seguire, di faro per noi al fine di riuscire a trovare il giusto equilibrio nel realizzare un  film che possedesse sia la parte spettacolare, sia l’aspetto umano”.

Produttore, tra l’altro, delle saghe Transformers e Red, a parlare alla stampa romana è Lorenzo di Bonaventura in occasione dell’arrivo nelle sale cinematografiche italiane di Deepwater – Inferno sull’oceano di Peter Berg, distribuito da Leone Film Group e Medusa a partire dal 6 Ottobre 2016.

Il resoconto su grande schermo del disastro che provocò undici morti e un inarrestabile sversamento di greggio in mare il 20 Aprile del 2010 in seguito a un incidente sulla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, il cui responsabile della supervisione dei computer e dei sistemi elettrici fu quel giorno il Mike Williams interpretato del film da Mark Wahlberg, il quale, rientrante anche tra i produttori, racconta: “Stranamente, dal punto di vista fisico non è stata necessaria una grande preparazione, non mi sono dovuto allenare. Tutte le cose che ho dovuto apprendere per poter rappresentare nella maniera più fedele possibile questo personaggio le ho imparate attraverso Mike. L’unica cosa che Peter voleva che io facessi era che mangiassi per appesantirmi parecchio e devo dire che la Louisiana è, forse, il secondo posto, dopo l’Italia, dove avrei potuto fermarmi così tanto sul cibo. Perché lì c’è tanta cucina fritta, quindi, per appesantirmi, non ho fatto altro che mangiare e bere. Invece, per capire cosa significhi operare su una piattaforma ho potuto fare affidamento su Mike Williams, che è stato tutto il tempo al nostro fianco nel corso della preparazione e delle riprese. In un certo senso, era i miei occhi e le mie orecchie, mi ha insegnato tutto quello che dovevo sapere e, per me, è stato molto importante. Ci siamo guadagnati la sua fiducia e il suo rispetto facendogli capire quali erano le nostre intenzioni e, quando ha appreso lo scopo del film, si è molto aperto nei miei confronti”.

Un Mark Wahlberg che afferma anche di essere attirato da storie riguardanti gente comune messa in circostanze straordinarie e che, oltre a rivelare che non hanno avuto alcun tipo di sostegno da parte del management della BP, prosegue: “Durante la produzione ricordo di aver cercato di mettermi in contatto con loro, ma la risposta è stata assolutamente negativa. Ho tentato anche di vedere se era possibile avere accesso ad una vera e propria piattaforma petrolifera, perché per me era importante anche viverla e toccarla con mano. Ciò non è stato possibile; loro, comunque, non sapevano assolutamente che tipo di film noi volessimo realizzare. Il nostro obiettivo era concepire un lungometraggio che fosse soprattutto focalizzato sulle vite perdute di queste undici persone, sul coraggio delle donne che erano presenti a bordo della piattaforma e su quanto si siano tutti impegnati nel cercare di impedire che accadesse la tragedia”.

Senza dimenticare di elogiare gli studios per essersi dimostrati abbastanza coraggiosi a permettergli di realizzare un’operazione di queste dimensioni e su queste persone: “Faccio cose commerciali, magari di grande successo, proprio per potermi poi permettere di fare quelle cose che possono rappresentare un maggiore rischio ma che mi appassionano di più, che possono essere fonte d’ispirazione per le persone. Tra l’altro, ciò mi ha consentito di entrare in un settore per me ignoto e che, quindi, ho avuto il privilegio di poter conoscere. Quindi, tanto di cappello a Hollywood che ha permesso di poter mettere in piedi un film come questo in un’estate stracarica di supereroi cinematografici”.

Una dichiarazione a cui Lorenzo di Bonaventura aggiunge: “In genere, appunto, non è questo il tipo di film che si produce a Hollywood. Sono le persone come voi a poter sollecitare a finanziare un numero maggiore di questi film. Qui ne abbiamo realizzato uno con una storia vera e personaggi reali. Regista e cast sono stati eccezionali come pure la troupe, quindi, scrivendone, voi dovete aiutarci a realizzarne di più”. 

Nell’attesa di rivedere l’attore protagonista nuovamente diretto da Berg in Patriots day, riguardante l’attacco terroristico durante la maratona di Boston, in un progetto di david O. Russell riguardante un giocatore di football diventato sacerdote, a proposito di cui anticipa: “Non è l’aspetto del football che mi interessa, bensì la storia di quanto questo atleta abbia sentito la chiamata a farsi sacerdote. Non lo volevano nominare prete perché affetto da una patologia degenerativa muscolare che lo ha portato presto alla morte. Nonostante ciò, sebbene sia stato sacerdote per poco tempo, è riuscito a realizzare moltissime cose ed a toccare tantissime persone. Per me è una storia di grandissima ispirazione e farò tutto quello che posso per far sì che venga realizzata”.