Ebenezer Scrooge: i tanti volti di uno tra i più noti protagonisti del Natale

Il Natale è ormai alle porte e le giornate si sono fatte corte e rigide. Le vetrine dei negozi mettono in mostra le migliori mercanzie, e le vie del centro brillano sotto il riflesso di mille lucine colorate. Attirati dallo sfavillio natalizio, proprio come da un canto di sirene, nugoli di persone infreddolite, ma con il cuore colmo di calore, animano le strade cittadine alla ricerca di doni e strenne. L’atmosfera di festa parrebbe contagiare proprio tutti, eppure…   Eppure, da qualche parte nel mondo, esiste più di un Ebenezer Scrooge non ancora redento!

Per chi non ne fosse a conoscenza, cosa altamente improbabile, il personaggio dell’avido Scrooge fu creato nel 1843 dalla vivida mente di Charles Dickens, scrittore britannico nato nel 1812, ritenuto uno dei più importanti romanzieri di tutti i tempi. Protagonista assoluto del romanzo breve A Christmas Carol, il vecchio Ebenezer Scrooge è entrato di diritto nell’immaginario collettivo a rappresentare il vero spirito del Natale.

La storia narra della conversione di un avarissimo uomo anziano che nella notte di Natale viene visitato da tre spiriti (il Natale del passato, del presente e del futuro), preceduti da un'ammonizione dello spettro del suo defunto amico e collega Jacob Marley. Ora, è bene ricordare che la produzione letteraria di Dickens si svolse in epoca vittoriana, dunque in piena Rivoluzione Industriale, dove i conflitti tra borghesia e classe operaia si inasprivano sempre più. In questo contesto storico, in cui le ingiustizie sociali, la miseria e l’emarginazione assumevano proporzioni catastrofiche, la penna nelle mani dell’autore inglese si trasformò in una micidiale arma di denuncia. Quando scrisse A Christmas Carol il suo obbiettivo era infatti non soltanto quello di risvegliare le coscienze, ma anche di far vivere la festività natalizia come un momento di unione familiare in cui regnassero amore e carità.

Sarà forse per questi imperituri valori universali che le novelle di Dickens hanno da sempre contagiato la Settima arte. Ed è certo per lo stesso motivo che - nonostante nel periodo della natività vengano sfornati copiosi film che in un modo o nell’altro andranno ad allietare grandi e piccini - il Natale, senza rivedere La più bella storia di Dickens o le tante trasposizioni di Canto di Natale, non avrebbe il medesimo sapore.

Scrooge; or Marley's Ghost, 1901, è la prima pellicola tratta dal racconto dickensiano. Questo corto della durata di pochi minuti, diretto da Walter R. Booth, oltre ad essere uno dei primi film ad avvalersi degli intertitoli, fu per l’epoca un progetto davvero ambizioso. Gli effetti speciali quali la sovrapposizione del volto di Marley al centro di una porta, o le scene del passato proiettate su una tenda nella camera da letto del protagonista, fecero difatti nel pubblico molto scalpore. Agli albori del 1900, Mister Scrooge e la sua fama erano dunque arrivati al grande schermo: una scalata inarrestabile che, ad ogni Natale, è un vero piacere riscoprire.

Da allora, di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, così come tante sono le opere legate alle vicende del più famoso taccagno dell’universo… eccetto Paperon de’ Paperoni, naturalmente! Scrooge, 1935, e A Christmas Carol (1938), prodotto dalla Metro Goldwin Mayer, furono i due film spartiacque che traghettarono il venale vecchietto fino al dopoguerra. E’ infatti del 1951 Lo Schiavo dell’Oro, di Brian Desmond Hurs, che vide nei panni del protagonista un eccezionale Alastair Sim. E in Italia, chi avrebbe potuto interpretare Ebenezer Scrooge? E chi altri, se non Paolo Stoppa? Già, perché in Non è mai troppo tardi, commedia in bianco e nero del 1953 che non riscosse molta fortuna, l’attore romano, classe 1906, ricoprì il ruolo di Antonio Trabbi, un tirchio usuraio che, oltre a tormentare i propri dipendenti, odiava profondamente tutto ciò che reputava frivolo.... a partire dal Natale.

Cinematograficamente parlando, ogni generazione ha ben scolpito nella mente il 'suo' Scrooge. Mentre i più anziani, ad esempio, ricorderanno la tuba nera e la sciarpa lisa intorno al collo di Alastair Sim, e i cinquantenni il volto e l’andatura di Albert Finney, nella commedia musicale La più bella storia di Dickens, diretta da Ronald Neame nel 1970, i giovani identificheranno invece il burbero usuraio londinese in Jim Carrey - fisicamente trasformato dalla tecnica CGI - protagonista del film in 3D del 2009 A Christmas Carol, di Robert Zemeckis. Certo è che di Scrooge al cinema se ne sono visti molti, e citarli tutti sarebbe difficile, anche se un posto d’onore spetta a Bill Murray, che in S.O.S. fantasmi impersonò Francis Xavier Cross, l'egoista e cinico direttore di un network televisivo americano che, come nella novella, dovrà vedersela con la visita notturna di tre fantasmi.

Ma, lo scettro del ricco e taccagno per eccellenza va a furor di popolo a Zio Paperone, il cui nome originale inglese è infatti Scrooge McDuck. Poteva dunque mancare in una trasposizione dickensiana il papero più scorbutico dell’intera galassia? Ovvio che no, e così nel 1983 la Walt Disney Productions regalò agli spettatori Il canto di Natale di Topolino, un cortometraggio animato con Paperon de’ Paperoni nel ruolo di Scrooge, e Topolino in quello di Bob Cratchit (il povero impiegato squattrinato alle sue dipendenze). Già nel 1971, però, era stato realizzato uno short cartoon dal titolo A Christmas Carol (1971) – gli addetti alla creazione dei titoli non brillavano di certo in fantasia! - che, per giunta, vinse l’Oscar come miglior corto d’animazione. Restando sempre in tema di film per bambini ispirati al più bel racconto di Natale, è impossibile non menzionare i personaggi del Muppet Show, con uno strepitoso Michael Caine in carne ed ossa nelle vesti di Scrooge, e l’allegra brigata del celebre “That's all folks”, ossia i Looney Tunes che, capitanati da uno spilorcio Duffy Duck, misero in scena un divertente omaggio al padre di capolavori indimenticabili, quali: Il Circolo Pickwick, Le avventure di Oliver Twist, David Copperfield.

Il cinema, che fin dai tempi di D.W. Griffith è stato attratto dalla scrittura dell’immenso Charles Dickens, ha saputo donare al pubblico quelle opere natalizie destinate a rimanere vere e proprie pietre miliari delle riunioni familiari del 25 Dicembre. E poco importa se non sono pellicole di chissà quale valore artistico, perché il loro messaggio di carità, uguaglianza e bontà d’animo arriva comunque forte e chiaro: un’iniezione endovenosa di speranza e redenzione. Sì perché in fondo, chi più chi meno, tutti noi siamo, o siamo stati, un po’ Ebenezer Scrooge. E’ dunque questo il segreto del successo di Canto di Natale? In una società come quella odierna, dove si è troppo attenti ad annaffiare il proprio orticello per accorgersi del deserto che lentamente sta invadendo l’anima, ritrovarsi ad ammirare un film capace ancora di smuovere le coscienze... non ha prezzo. Se poi si aggiunge la presenza di spettri del passato, presente e futuro, ecco i nostri cuori riempirsi di commozione per gli errori degli anni addietro, per quelli attuali e per quelli che continueremo purtroppo a compiere. Ma Dickens, e le innumerevoli versioni cinematografiche, stanno lì proprio per rammentarci che ognuno di noi è artefice del proprio destino, ma anche per dirci che se un essere spregevole come Scrooge, grazie alla lezione ricevuta è riuscito a cambiare la sorte, chiunque potrà allora salvarsi: gli basterà abbandonare la pericolosa via dell’ego.

Una leggenda narra che il personaggio di Scrooge nacque nella mente di Dickens durante una passeggiata notturna nei pressi della chiesa di Canongate, a Edimburgo. In quel luogo lo scrittore vide una lapide con incisa la scritta “Ebenezer Lennox Scroggie - meal man”, che lui, a causa dell’oscurità, invece di meal-man (uomo-cibo, poiché effettivamente Lennox Scroggie commerciava in mais e vino), lesse mean-man (uomo-meschino). Dickens, al solo pensiero che un essere umano potesse venire ricordato dai posteri in quel modo, rimase talmente sconvolto che decise di dar vita a un suo personalissimo Ebenezer Scrooge. Come siano andate realmente le cose non è dato saperlo, ma se ciò fosse vero… quel vinaio scozzese non lo avremo mai ringraziato abbastanza.