Intervista doppia a Belén Rueda e Inés Paris: La notte che mia madre ammazzò mio padre

La notte che mia madre ammazzò mio padre è una black comedy a firma iberica dove il ritmo travolgente, le divertenti gags e i dialoghi brillanti trascineranno lo spettatore in un intreccio di equivoci a dir poco esilaranti. Nella Spagna cinematografica di Luis Buñuel, Pedro Almodóvar e Alejandro Amenábar, si fa meritatamente strada una figura femminile di gran talento: la regista e sceneggiatrice Inés Paris. Laureata in filosofia, con specializzazione in Estetica e Teoria dell’Arte, la filmmaker madrilena realizza il suo sesto lungometraggio e fa Bingo! Già, perché nonostante nel 2002 la Paris abbia diretto A mia madre piacciono le donne, una pellicola di tutto rispetto, è proprio grazie a quest’ultimo lavoro che si potrà ammirare appieno la sua straordinaria abilità, sia di scrittura che di regia.

Protagonista indiscussa di questa frizzante commedia è l’affascinante Belén Rueda, che nelle vesti di Isabel dimostra notevoli dosi di versatilità e bravura. Il film, che si svolge interamente nell’arco temporale di una cena, ruota attorno alle paradossali vicende che vedono coinvolti 5 membri di una famiglia allargata più un ospite: Isabel, un’attrice over 40 che vorrebbe sentirsi apprezzata nel lavoro ma è tormentata dalle insicurezze, dalla paura di invecchiare e dall'ansia; Angel, egocentrico sceneggiatore nonché marito di Isabel; Susana, regista ed ex moglie di Angel; Diego Peretti, psichiatra e famoso attore argentino nel ruolo di se stesso; Carlos, ex marito di Isabel; Alex, nuova fidanzata di Carlos.

In occasione della proiezione in anteprima dell’opera della Paris, presentata all’interno del Festival del Cinema Spagnolo e che uscirà nelle sale il 18 Maggio con EXIT Media, abbiamo avuto la fortuna e il piacere di poter intervistare sia la regista, che l’attrice Belén Rueda. Nell’incantevole location del Tempietto del Bramante, situato sul colle Gianicolo, al centro di uno dei cortili del convento di San Pietro in Montorio a Roma, le due artiste si sono rivelate essere non soltanto donne bellissime, ma soprattutto affabili, spiritose, spontanee e interessanti: in una parola, magnifiche.

Charlie Chaplin era solito affermare che: ‘la vita vista da vicino è una tragedia, ma se la si osserva da lontano è una commedia’. E’ d’accordo con Chaplin?

Belén Rueda: Sono convinta che la regista sia riuscita ad unificare entrambe le cose, perché ci sono diverse maniere di fare commedia, si possono portare le cose al limite e farne dunque una caricatura, oppure prendere spunto da ciò che ci dona la vita reale. Certo, a volte la realtà ci pone davanti a momenti estremamente drammatici, eppure anche in quelle tristi situazioni si può arrivare a ridere. Se si è ad un funerale, ad esempio, il dramma e la tensione sono talmente forti che involontariamente si scoppia in una isterica risata senza più riuscire a fermarsi. Se si osserva la scena da lontano è commedia, ma se sei tu in prima persona a vivere quel momento… beh, allora è tragedia, perché quella reazione non è altro che una forma per tirare fuori l’immenso dolore che hai dentro. Dunque sì, sono d’accordo con Chaplin!

Dopo aver interpretato personaggi drammatici come quello di Julia in Mare Dentro di Amenábar, o aver recitato in thriller e horror (Con gli occhi dell’assassino e The Orphanage), in che modo ha affrontato il suo primo ruolo in una commedia?

Belén Rueda: E’ vero, non avevo mai interpretato ruoli brillanti al cinema prima d’ora. Mi capita che quando leggo un copione che mi piace particolarmente, ho sempre una gran paura di non essere all’altezza del mio ruolo, e quando ho letto la sceneggiatura del film mi è successo proprio questo. Poi ho però incontrato Inés, tra noi si è creata subito una forte empatia, e ciò mi ha tranquillizzata molto. Sono stata sincera con lei, perché per gli attori è importante affidarsi totalmente ai registi, tant’è che faccio sempre tutto quanto il filmmaker mi dice proprio perché ho bisogno dei suoi consigli. Solitamente mi piace lavorare da sola con il copione, per poi provare la parte con il cineasta, almeno quando è possibile! Con Inés questo è stato fattibile, e dato che al cinema i tempi della commedia sono completamente diversi da quelli della televisione, lei mi ha aiutata tantissimo. Un’altra cosa difficile, per me, è stata quella di ‘caricare la recitazione’, pensa che ho girato una stessa scena in tre modi differenti: la prima lavorando in sottrazione, la seconda calcando di più la mano, e infine l’ultima... esagerando. Inés, quale delle tre ha scelto secondo te? La terza.

Se sì, quali sono state le opere di riferimento per il suo ultimo lavoro?

Inés Paris: E’ molto difficile che io usi dei riferimenti che non siano quelli della vita reale. Quando mi accingo a scrivere una sceneggiatura non guardo altri film o pièce teatrali, tantomeno leggo romanzi, perché tutto ciò che mi dà l’ispirazione ha origine dal mondo che mi circonda. L’idea di questo film nasce infatti da una serata tra amiche in cui una di noi confessò che il suo più grande errore era stato quello di invitare il suo ex fidanzato a cena. Nel lungometraggio racconto la famiglia allargata - argomento che amo particolarmente -, il cinema e il teatro, perché facendo parte della mia vita li conosco estremamente bene, e mi spingo anche in una critica amorevole sulla situazione delle donne e delle attrici che, superati i fatidici ‘anta’, non riescono più a lavorare perché ritenute troppo ‘grandi’.

Sono trascorsi quasi dieci anni dal suo ultimo lungometraggio, so che nel frattempo si è dedicata alla realizzazione di documentari in cui viene trattato il tema della condizione femminile, per esempio Iguales e Manzanas-Pollos y Quimeras. Quanto è importante per lei, peraltro laureata in filosofia, la vocazione sociale e politica?

Inés Paris: Siccome non sono francese, non dico di essere una filosofa che fa cinema – chapeau allo humor iberico!  . Mi interessa molto tutto ciò che accade nel mondo: avere una propria posizione in proposito e poter raccontare storie invisibili che nessuno narra è fondamentale.

Suo padre è Carlo Paris, importante filosofo e novellista, che atmosfera si respirava in casa Paris? E quanto ha influito, in lei, la figura paterna?

Inés Paris: Io pensavo di vivere in un mondo normale, anche se un mio amico diceva che abitavo in una biblioteca. Solo crescendo ho capito che non tutti facevano le due di notte a disquisire di etica e morale. I miei genitori erano degli intellettuali di sinistra, quindi antifranchisti. A casa nostra venivano molte persone, ricordo ancora quando una notte arrivò il medico che nel 1973 accompagnò Salvador Allende al Palacio de La Moneda. Sicuramente la mia infanzia e adolescenza furono estremamente interessanti! La cosa positiva, però, è che la figura di mio padre non venne mai mitizzata in famiglia, perché mia madre, che era molto ironica, non permise mai che ciò accadesse. Entrambi i miei genitori influirono dunque sulla mia crescita, tanto più che mia mamma perse la vita in un attentato terroristico quando avevo 16 anni.

Il terribile evento a cui fa riferimento la regista avvenne a Zaragoza nel 1979, quando un incendio doloso, causato presumibilmente da alcuni membri dell’ETA o da gruppi di estrema destra, devastò l’Hotel Corona de Aragón dove la madre, Emilia Bouza, si trovava, e che portò alla morte di 83 persone. La Paris ha confessato che raramente aveva raccontato quel triste episodio a un giornalista, ma il clima amichevole che si era creato durante l’incontro (sigarette, coca-cola e risate a go go), ha trasformato l’intervista in un’intensa e piacevole chiacchierata informale in cui la filmmaker, tra le tante altre cose, ha rivelato che quando iniziò a scrivere la sceneggiatura del film aveva già in mente la Rueda per il personaggio di Isabel, e Jhon Malkovich per quella che sarebbe poi diventata la parte di Diego Peretti. Malkovich era infatti il compagno di una sua cara amica, ma l'idillio si interruppe presto e la Paris dovette cercare un altro interprete, trovandolo appunto nel famoso attore-psichiatra argentino. Su una cosa siamo tutti d’accordo: ottima scelta! Ne La notte che mia madre ammazzò mio padre è ben evidente la voglia di ironizzare sulla figura delle attrici quarantenni che attendono invano la telefonata di registi o produttori. A tal proposito Belén Rueda e Inés Paris concordano nell’affermare come, nel mondo del cinema, la percentuale di cineaste, sceneggiatrici e produttrici sia in netta minoranza rispetto a quella degli uomini, un dato di fatto che porta inevitabilmente a una maggiore presenza di storie con protagonisti maschili, relegando le figure femminili quasi a contorni di arredamento. Se poi si aggiunge il ‘problema’ età, è vergognosamente vero che le donne vengano fortemente penalizzate, e non soltanto nella Settima arte.

Giusto, in un mondo maschilista che lascia poco spazio alle donne, lei fino a dove si è spinta per ottenere una parte?

Belén Rueda: Ho avuto la fortuna di non essere disperata e quindi di poter scegliere i copioni che più mi interessavano. Ciò che arriva a fare Isabel nel film non credo sia così cattivo – non diciamo di cosa si tratti per lasciare intatta la sorpresa sicuramente anche io mi sarei tranquillamente spinta fino a dove Isabel è arrivata. E’ vero anche che bisogna sempre tenere bene in mente la questione morale, ma sinceramente mi sembra superfluo ricordarlo!

L'aver iniziato la sua carriera professionale come presentatrice televisiva e attrice di serie TV le ha creato qualche problema nel cinema?

Belén Rueda: Assolutamente sì. Quando Alejandro Amenábar mi chiamò per interpretare Julia in 'Mare Dentro', stavo riscuotendo molto successo con la serie TV Los Serranos – i nostri Cesaroni in chiave iberica , e Alejandro dovette combattere non poco con i produttori per convincerli che io fossi la scelta giusta per quel ruolo. La loro paura era che il pubblico mi identificasse troppo con il personaggio di Lucia de Los Serranos. Ritengo che compito di noi attori sia quello di calarci in ogni personaggio, sia esso comico, drammatico o horror. Sono molto riconoscente ad Amenábar, perché credendo in me ha fatto sì che le porte del cinema si spalancassero alla mia futura carriera.

Il film è ricco di dialoghi, e la Paris spiega che essendo una divoratrice di libri ama tanto la parola quanto l’ingegnosità della scrittura di un testo. Ciò che invece non la appassiona è la famigerata ‘scaletta’, ma per fortuna ad occuparsene ci ha pensato Fernando Colomo, collaboratore nella sceneggiatura, che con la sua meticolosità ha svolto un ottimo lavoro. Purtroppo il tempo è tiranno, e rimane spazio solo per un' ultima domanda.

Nel film ci sono due scene particolarmente difficili da realizzare, una è quella dell’autobus e l’altra è quella della macchina. Come è riuscita a girarle?

Inés Paris: La scena dell’autobus è incredibile, oltretutto l’idea di girarla mi è venuta all’improvviso mentre eravamo già avanti con le riprese. La particolarità di quella sequenza è che a condurre il bus è realmente l’attore Eduard Fernández, che mai lo aveva guidato prima, ma la sua voglia di porre le mani su quel volante era talmente grande che alla fine si mise d’accordo con il vero conducente; nel momento di ingranare la marcia andò però a urtare contro un lampione e ruppe tutto. Per quanto riguarda invece la scena della macchina, la situazione fu davvero critica, non potevamo infatti permetterci di sbagliare la ripresa perché lo scarso budget a nostra disposizione non ci concedeva il lusso di disporre di un’altra macchina. Fortunatamente tutto è andato liscio come l’olio, ma la tensione di quel momento fu enorme.

L’intervista si conclude qui, inutile dire che aver avuto l’opportunità di trascorrere alcune ore in compagnia di Inés Paris e Belén Rueda sia stato non solo molto interessante ma anche estremamente divertente, come lo è d’altronde La notte che mia madre ammazzò mio padre: brillante e imperdibile commedia degli equivoci, in sala dal 18 Maggio.