Intervista: Si vis pacem para bellum

Con lo stesso regista Stefano Calvagna nei panni di un buttafuori da discoteca che svolge anche l’attività di killer, il 18 Maggio 2016 approda nelle sale cinematografiche – distribuito da Poker Entertainment – Si vis pacem para bellum, noir d’ambientazione romana il cui violento protagonista decide di cambiare vita quando s’innamora di una cameriera di ristorante cinese interpretata dalla orientale Francesca Fiume.
Li abbiamo incontrati entrambi nella Città eterna per scambiare qualche parola sul film.

D: In quale momento è nato il progetto per questo film?
Stefano Calvagna: È nato nel momento in cui c’erano diverse situazioni di sangue su Roma, tanto che, dal punto di vista generale, sembrava peggio di Scampia. Ho cercato di esorcizzare questi fatti di cronaca quotidiani creando la storia di un contract killer romano che vive la propria storia criminale molto solitaria, in quanto ha le sue fisse personali, si allena e va a mangiare nel ristorante cinese in cui conosce questa ragazza che gli cambia un po’ la vita. Ho cercato di scriverlo di getto, in sole quarantotto ore, ed è stato girato a Luglio in due settimane, con un caldo pazzesco.

D: Vedendo il film, pare vi siano dei riferimenti al cinema internazionale...
Stefano Calvagna: Sì, paradossalmente non vado mai a cercare di scandagliare tante cose, ma ho cercato di dargli questa parvenza di genere che già nella locandina ricorda un po’ i poliziotteschi degli anni Settanta. Ho dato questa linea, abbiamo girato in estrema economia e con sacrificio, utilizzando neon cinesi, non a caso (ride). Quindi, non c’era neppure una reale situazione produttiva, ma, a volte, questi sono i lavori che mi danno maggiore soddisfazione. Mi ha riportato un po’ al mio esordio, Senza paura, anche se in quel caso ero in una situazione molto più comoda, in quanto giravo in pellicola a Livorno e avevo tre settimane e mezzo. Qui, invece, abbiamo avuto solo due settimane a Roma, che sono dieci giorni effettivi.

D: Cosa significa essere oggi indipendenti nel cinema italiano?
Stefano Calvagna: Significa prenderlo nel culo (ride). Vuol dire sicuramente non essere sostenuto e supportato. Anche se realizzi un’opera valida, paghi dazio e non ti danno modo di uscire. Non si premia chi fa bene, ma solo chi è parato. Se faccio un’opera di livello, la mia non diventerà mai di successo e neanche andrà a prendere un David di Donatello. Quindi, essere indipendenti oggi significa viaggiare da soli. Molti indipendenti ora sono scomparsi, tanti sono finiti e altri che non lo erano si trovano ad esserlo oggi. Però, un conto è essere indipendenti con budget di quattrocentomila euro, un conto con film da diciassettemila euro e due settimane di riprese come il mio. I veri indipendenti sono pochi, io lo sono sicuramente, gli altri si professano tali ma, magari, alle spalle hanno finanziamenti ministeriali o regionali. Io non ho mai avuto finanziamenti regionali, comunali o ministeriali, faccio sempre tutto con le mie forze pagando sempre quel poco a tutti. E il mio David di Donatello è la gente che mi vede e si chiede come io faccia a continuare a fare i miei film.    

D: Francesca, tu hai lavorato due volte con Carlo Verdone e ti abbiamo vista anche in una piccola parte in Matrimonio al Sud. È la prima volta che ricopri un ruolo drammatico?
Francesca Fiume: Sì, soprattutto, è la prima volta che ho un ruolo di questa portata, perché ho avuto piccole parti in fiction come Squadra mobile e Squadra antimafia e si trattava di poche battute. È stata una bella soddisfazione cimentarmi in un genere che tratto pochissimo, perché, ovviamente, mi usano più per la commedia, considerati i tratti e la mia parlata. Oggi, poi, la commedia la fanno tutti perché qui in Italia è un genere che si pratica di più. È stato un vero onore essere stata scelta da Stefano, ma anche difficoltoso, in quanto il personaggio che interpreto è una ragazza veramente cinese, mentre io, al di là dei tratti somatici, so’ proprio romana de Roma (ride). Ho una famiglia italiana, non conosco le tradizioni e le abitudini cinesi, quindi è stato difficile impersonare questo personaggio. Spero di esserci riuscita e di aver dato il mio contributo al film.

D: Quale è stata la scena più difficile che hai girato?
Francesca Fiume: È stata la scena d’amore, perché non ne avevo mai affrontata una prima. Un conto era farlo nelle scuole, durante le lezioni di recitazione, dove ero abbastanza disinibita perché sapevo di dover crescere didatticamente e che non mi avrebbe vista nessuno al di fuori di quella cerchia. Invece, sapere che ora mi avrebbero visto praticamente tutti gli spettatori sul grande schermo, è stata una bella prova. Ma devo dire che, dopo averla fatta, mi sono sentita molto più leggera, come se avessi superato un gradino in più. Ho detto che dopo questa non potrà più fermarmi nessuno.

D: Praticamente, è una verginità perduta...
Francesca Fiume: Sì, ma seriamente, perché era la cosa che più mi preoccupava. Quando ho deciso di intraprendere questa carriera, era uno dei paletti che più mi creavano difficoltà, il pensiero di dover affrontare scene del genere mi preoccupava molto. Quando mi sono ritrovata a dover fare questa scena ho titubato, poi Stefano mi ha tranquillizzata e mi sono detta che, se non la facevo ora, non l’avrei più fatta.

D: In quali prossimi progetti ti vedremo?
Francesca Fiume: Sto lavorando in una fiction di cui non posso dire nulla, poi ho preso parte a un episodio di un film horror e sono molto soddisfatta anche di questo, perché avevo fatto solo la vampira in un cortometraggio.

D: Adesso, però devi dirmi il titolo, perché l’horror è il mio genere preferito.
Francesca Fiume: Il film si chiama Sangue misto horror movie ed è un progetto di Davide Scovazzo, ma l’episodio che interpreto io, Mochi, è diretto da Paolo del Fiol. Poi, avrò anche un piccolo ruolo in un film. Si tratta sempre di piccoli ruoli, ma sono tutti piccoli tasselli che vado progressivamente ad aggiungere a alla mia strada per elevarmi piano piano. Comunque, per la portata dei ruoli e per come mi hanno formata, il film di Verdone e questo di Stefano sono i due lavori che, finora, mi hanno portato più soddisfazioni . Sono i due lavori che ricorderò più con il sorriso. Mi hanno fatta crescere artisticamente e li ricorderò per tutto il resto della vita, indipendentemente da come andrà la mia carriera e se continuerò. Io ce la metterò tutta per continuare, ma è risaputo che in questo settore occorre anche molta fortuna.

D: Però di cinese che parla romano ce ne è una sola (glielo dico ridendo).
Francesca Fiume: È vero, questa è una marcia in più. Io punto su quello, però vorrei anche evolvermi e interpretare i ruoli più disparati, soprattutto quelli che sono più lontani da me, perché è più difficile interpretarli.

D: Stefano, tu sei già al lavoro su un nuovo film...
Stefano Calvagna: Esatto, s’intitola La fuga e il 6 Giugno cominceranno le riprese. Verrà realizzato tutto in teatri e sarà interpretato da Sveva Cardinale, con la quale già ho girato Un nuovo giorno. Riguarderà un rapinatore rifugiato in fuga e, essendo un film in più, sarà un altro David di Donatello morale (ride).