Non si ruba a casa dei ladri: Carlo Vanzina e il cast raccontano la loro Mafia capitale

In realtà, era già da diverso tempo che avevamo portato questo progetto a Medusa e, stranamente, non è affatto invecchiato. Come dicevano sia Age e Scarpelli, sia Mario Monicelli, da uno spunto drammatico può venire fuori una commedia. E ci interessava il tema dei facilitatori e dei politici stessi che mettono in ginocchio l’italiano onesto. Tra l’altro , fin da piccolo, come spettatore sono sempre stato affascinato dai film sulle truffe, come I soliti ignoti. Poi, prima di questo avevo già realizzato due film sull’argomento: I mitici – Colpo gobbo a Milano e In questo mondo di ladri”.

Prima di lasciare la parola all’amministratore delegato di Medusa Film Giampaolo Letta, che riconosce il personale interesse nei confronti del meccanismo del truffatore e del truffato e spera di non dover dire in futuro che il film sia attuale come quando gli è stata proposta la sceneggiatura, parla alla stampa romana Carlo Vanzina in occasione dell’uscita nelle sale cinematografiche – a partire dal 3 Novembre 2016 – del suo Non si ruba in casa dei ladri, commedia attraverso cui rilegge in chiave ironica e leggera il tenore dell’Italia tormentata dalla piaga di Mafia capitale.

Commedia che, come da sempre nella tradizione cinematografica vanziniana, oltre a portare l’italiano all’estero per creare il divertente contrasto con i costumi e le tradizioni locali, non manca comunque di includere osservazioni e situazioni dispensatrici di neppure troppo velate critiche a sfondo sociale, rispecchiando ciò che osserva anche Massimo Ghini: “La battuta in cui dico che destra e sinistra sono ideali vecchi e sorpassati non è messa lì a caso, perché intende testimoniare come, oggi, pare sia importante soltanto esserci. Quindi, è un concetto dietro cui vi è la realtà e la commedia ha il dovere di denunciare e di essere anche provocatoria. Qui il nostro compito era quello di raccontare personaggi che esistono, ma la salvezza la dobbiamo decidere noi che abitiamo a Roma”.

Una Roma che, in fatto di disperazione, una volta tanto sostituisce la sempre criticatissima Napoli, a proposito di cui Vincenzo Salemme aggiunge: “Non è più una città a spaventare, ma la corruzione dell’animo umano, perché, come dimostrato dal mio personaggio e da quello di Stefania nel film, l’onesto fino in fondo non esiste”; prima che Vanzina confermi: “Proprio come dice Vincenzo, è proprio sull’animo umano che ci si concentra, perché, anche se vuoi mettere in pratica un tuo percorso, finisci sempre per essere tentato da ciò che hai intorno. Poi, essendo io il figlio di uno degli artefici della Commedia all’italiana (Steno, nda), è chiaro che la ho nel dna e che il film vi faccia più volte riferimento. Per esempio, su In nome del popolo italiano vi era un momento in cui, come Ghini qui, Vittorio Gassman era vestito da antico romano, poi veniva portato dal magistrato, Ugo Tognazzi. E potremmo citare anche La congiuntura di Ettore Scola, in cui sempre Gassman portava soldi all’estero, e C’eravamo tanto amati, dove Giovanna Ralli voleva acculturarsi ma finiva sempre per dire strafalcioni”.

Per quanto riguarda le attrici, invece, se Ria Antoniou dichiara di essersi trovata bene con il resto del cast e ringrazia per l’opportunità offertale, Manuela Arcuri parla del suo personaggio di romana verace ma affascinata solo dalla bella vita e dalle letture di gossip, riconoscendo che la società odierna è piena di donne che si avvicinano ad individui ricchi e potenti. Mentre Stefania Rocca si è divertita all’idea di doversi travestire e trasformare da piemontese in coatta romana, facendo a sua volta da consulente ad un Maurizio Mattioli che ha dovuto effettuare la mutazione inversa e che conclude: “Ma che annate a fa’ ar cinema a Natale? Statevene a casa, ar cinema annatece adesso, a Novembre”.