
Li chiamavano italian superheroes: i film di supereroi all’italiana
Con Claudio Santamaria nei panni del ladruncolo romano Enzo Ceccotti che, toccata una sostanza radioattiva e ottenuta una forza sovrumana come il Melvin della saga Troma The toxic avenger, s’improvvisa difensore di una giovane psichicamente problematica perseguitata dalla gang criminale dello Zingaro, ovvero l’ottimo Luca Marinelli di Non essere cattivo (2015), Lo chiamavano Jeeg Robot (2015) di Gabriele Mainetti rappresenta, senza alcun dubbio, il lungometraggio cui va riconosciuto il merito di aver riportato sugli schermi la figura del supereroe di matrice tricolore evitando di scimmiottare i modelli d’oltreoceano come avvenuto, invece, nel poco riuscito Il ragazzo invisibile (2014) di Gabriele Salvatores.
Esplosivo miscuglio di delinquenti di periferia proto-Romanzo criminale, situazioni da fumetto e sottotesti sociali, infatti, provvede ad introdurre una concezione cinematografica del tutto nuova degli argomenti cari ai cinecomic, tanto da distaccarsi completamente perfino dalla tradizione nostrana dei più o meno dimenticati paladini della giustizia diffusisi ai tempi d’oro della celluloide di genere made in Italy.
Giustizieri... più o meno invisibili
Perché, magari in molti non ne sono a conoscenza, ma, al di là delle varie avventure di personaggi mitologici dai possenti bicipiti del calibro di Ercole e Maciste, il paese degli spaghetti ha avuto modo di sfornare in fotogrammi anche i suoi affronta-cattivi in calzamaglia colorata; soprattutto in seguito all’esplosione del filone messicano dei film di catch, incentrati su lottatori mascherati quali il Santo o Blue Demon gettati di volta in volta a combattere boss malavitosi o creature assortite.
Filone che, ai limiti del plagio, ha oltretutto generato Batwoman – La donna invincibile (1968) di René Cardona, chiaramente ispirato all’universo disegnato creato da Bob Kane come pure il primo superhero movie italiano: Flashman (1967), firmato da Luciano Martino e Mino Loy sotto pseudonimo J. Lee Donen e riguardante un lord inglese che si maschera da giustiziere del titolo per sventare i piani di un gangster appropriatosi di un siero capace di rendere invisibili.
E, a proposito di invisibilità, lo specialista in fantascienza all’amatriciana Anthony M. Dawson alias Antonio Margheriti coinvolse il disneyano Dean Jones in L’inafferrabile invincibile Mister invisibile (1970), in realtà soltanto marginalmente rientrante nel sottogenere, in quanto commedia in aria di presa in giro in cui il protagonista di Un maggiolino tutto matto (1968) si serve del siero dell’invisibilità per recuperare un nuovo vaccino non ancora divulgato e rubatogli da una banda capitanata da un’arzilla vecchietta.
Ma non fu da meno neppure il solitamente più “impegnato” Alberto Lattuada, il quale inscenò in Matchless (1967) l’avventura di un giornalista americano che, per merito di un anello regalatogli in Cina da un anziano, acquista il dono dell'invisibilità e riesce così a trafugare una formula segreta per conto di una bella spia d'oltreoceano.
…e vennero i fantastici 3 superman!
Una vera e propria saga fu quella iniziata da Gianfranco Parolini – firmandosi Frank Kramer – tramite I fantastici 3 supermen (1967), in cui Golem e i suoi scagnozzi intendono soggiogare il mondo dopo essersi impadroniti di una macchina che consente di duplicare persone e banconote; senza prevedere, però, l’intervento dei forzuti tre supereroi in tutina rossa antiproiettile (!!!) Brad Harris, Tony Kendall e Nick Jordan (questi ultimi, all’anagrafe, Luciano Stella e Aldo Canti).
Supereroi tornati in azione – ma con i volti di Sal Borgese, Will Colombini e George Martin (ovvero Francisco Martínez Seleiro) in 3 supermen a Tokio (1968), alle prese con il recupero di un filmato contenente messaggi compromettenti per alcuni politici e, addirittura, con la miniaturizzazione di uno di loro sotto la regia di Bitto Albertini, già al servizio del non esaltante Goldface il fantastico superman (1967).
L’Albertini autore anche di Che fanno i nostri supermen tra le vergini della jungla? (1970) e Crash! Che botte... strippo strappo stroppio (1973): il primo – tra giacimenti di uranio in Africa, spie russe e tribù di amazzoni – con il ritorno del citato Harris al posto di Colombini; il secondo – che tira in ballo una banda di spacciatori di droga – con Borgese affiancato da Robert Malcolm e Antonio Cantafora.
Il Borgese che, prima insieme a Frank Braña e a Martin, poi in trio con Daniel Stephen e Stefano Martinenghi, è tornato, inoltre, nei viaggi nel tempo di …e così divennero i 3 supermen del West (1973) e contro i falsari di 3 supermen in Santo Domingo (1986). Entrambi realizzati dall’Italo Martinenghi che, a quanto pare, si occupò anche delle produzioni turche 3 supermen contro il padrino (1979) e 3 supermen alle Olimpiadi (1984).
Fratelli superuomini
Sorvolando sulla pellicola d’animazione Vip, mio fratello superuomo (1968) di Bruno Bozzetto e sull’hard Bathman dal pianeta Eros (1982) di Antonio D’Agostino, tra i titoli più noti incentrati su super giustizieri in maschera concepiti nello stivale tricolore rientra sicuramente L’invincibile superman (1967), che, anche conosciuto come Il re dei criminali e diretto dallo stesso Paolo Bianchini, in seguito responsabile del comico SuperAndy, il fratello brutto di Superman (1979) con Andy Luotto, pone il succitato Cianfriglia (ma come Ken Wood) nella divisa proto-Phantom del lottatore Superargo.
Il Superargo intento a sgominare un mad doctor che riduce atleti da ring in giganteschi automi al suo servizio e al centro anche di Superargo contro Diabolikus (1966) di Nick Nostro; altro fondamentale esempio nostrano insieme a Come rubare la corona d’Inghilterra (1967) di Sergio Grieco (si firma Terence Hathaway), con ricchissimo ladro dedito, però, a camuffarsi da Argoman per bloccare una pericolosa donna in possesso di una pietra che le permette di attivare un’arma con cui dominare la Terra.
Un campione cinese di arti marziali e un tizio che veste alla maniera di Superman sono gli eroi di Superuomini, superdonne, superbotte (1975) di Al Bradley alias Alfonso Brescia; mentre Ruggero Deodato realizza come Roger Rockfeller un Fenomenal e il tesoro di Tutankamen (1968) ed è addirittura Adolfo Celi il cattivo de La donna il sesso e il superuomo (1967) di Sergio Spina, interessato a creare l’individuo perfetto che, però, si ritrova contro.
Infine, se il proto-Superman (1978) L’uomo puma (1980) di Alberto De Martino è stato uno dei lavori che hanno decretato la morte dei “cavalieri oscuri” cinematografici nostrani e, negli ultimi anni, si è parlato al massimo della webserie Italian Spiderman (2007) di Dario Russo (di produzione australiana, però), vale la pena citare gli autoprodotti liguri Capitan Basilico (2008) e Capitan Basilico 2 – I Fantastici 4+4 (2011) di Massimo Morini, entrambi concepiti a scopo benefico... come veri supereroi, dunque!