Seminci: Festival di Valladolid. Cap.4

La 61ª Seminci ha presentato oggi in concorso il film spagnolo La madre di Alberto Morais. Nativo di Valladolid, il regista firma il terzo lungometraggio dopo un paio di corti e del famoso  documentario Un lugar en el cine (Un posto nel cinema) interpretato dai registi Victor Erice e Theo Angelopoulos. Ultimo della trilogía iniziata con Las olas (Le onde) 2011, e seguito da Los chicos del puerto (I ragazzi del porto) 2013, il film ha come protagonista un quattordicenne, che dopo un anno trascorso in un centro minorile, tenta di tornare a vivere con la madre. Strettamente sorvegliato, il ragazzo salta spesso le lezioni per racimolare spiccioli vendendo fazzoletti di carta ai semafori e commettendo piccoli furti nei supermercati. Lo fa per sostenere una madre instabile e in cerca di lavoro, ma deve allontanarsi quando gli assistenti sociali lo cercano. Fuori cittá contatta un rumeno, ex amante della madre, che dopo un incontro a brutto muso gli permette di stare da lui e di lavorare in nero. In attesa che la madre regolarizzi la sua posizione, l’adolescente lavora duro, sfruttato dal datore di lavoro, dal rumeno e da suo figlio che gli affida i lavori piú duri. Dopo alcuni giorni senza notizie della madre torna a casa. La donna è stata messa alla porta, ha accettato ospitalità da un amico, e ha completamente dimenticato le pratiche a carico del figlio. Dopo un istintivo gesto d’ira contro la madre, il giovane deve ammettere che la migliore offerta è quella del centro minorile.
Strettamente legato al tema del disadattamento giovanile, il film descrive in maniera rigorosa le peripezie del protagonista lasciando emergere situazioni di sfruttamento. A volte il rigore adombra  ripetizioni che testimoniano il malessere e lo scoramento del ragazzo in una illustrazione meno decantata di quella del film precedente, ma che sottolinea i guasti della precarietá e dell’abbandono. Buono l’esordio del giovane protagonista, Javier Mendo, coadiuvato dalle attrici Laia Marull e Nieve de Medina. Il film dura 89 minuti.

Tra dramma e commedia El Clásico del curdo Halkawt Mustafa, film prodotto dalla Norvegia, in concorso nella sezione Punto de Encuentro. Considerato da molti una favola moderna è quello che ha ottenuto finora i maggiori consensi di pubblico. Narra di due fratelli nani, Alan e Shirwan, che vivono in un villaggio del Kurdistan iracheno. Alan vorrebbe sposare Gona, ma suo padre non vuole un genero tanto basso. Shirwan è sposato con un’insegnante. Il primo tifa per il Real Madrid, il secondo per il Barcellona. Il padre di Gona, appassionato sostenitore di Ronaldo, ha lavorato anni per fabbricare un paio di scarpe speciali per il suo idolo. Quando Alan si vede rifiutare la mano di Gona, decide di appropriarsi di quelle scarpe, andare a Madrid e consegnarle al campione per dimostrare il proprio valore. Raccolti i risparmi, convince il fratello a intraprendere con lui l’imprevedibile e pericoloso viaggio fino a Bagdad e prendere l’aereo per Madrid.
 Il film descrive le peripezie dei due che per la prima volta escono dal loro villaggio e devono affrontare guardiani della rivoluzione, mafie locali e complicati iter burocratici in una sarabanda dai risvolti ora tragici ora comici sulle strade che portano prima a Bagdad e poi a Madrid. Il pubblico ha calorosamente applaudito. Per circa cento minuti, la durata del film, è riuscito ad appassionare gli spettatori, mostrando tra l’altro la popolarità e il potere di aggregazione del gioco del calcio nel mondo. I due protagonisti: Dana Ahmes, Wrya Ahmed.

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