35° Jerusalem Film Festival: Day 4

Da  sezioni riservate a opere prime del 35. Jerusalem Film Festival un paio di film originali. Prodotto da Islanda, Svezia e Belgio, And breathe normally (E respira normalmente), film di 102 minuti diretto da Isold Uggadóttir. In Islanda, superata la crisi economica, Lara, giovane madre con bambino, trova lavoro al controllo passaporti dell’aeroporto di Kevaflik. Costretta a vendere la casa, e in cerca di alloggio, dorme in macchina. Durante i giorni di apprendistato fa notare al suo superiore l’irregolarità di un passaporto. Adja, richiedente asilo della Guinea Bissau che aveva già superato i controlli, viene interrogata. Non potendo spiegare il possesso del documento è condannata a un mese di prigione, e poi alloggiata con altri richiedenti in attesa di sapere se potrà partire per il Canada o essere rimpatriata.   

  Una mattina il bambino apre lo sportello dell’auto, il gatto scappa e lui l’insegue. Al risveglio Lara non li vede e si dispera. Li incontra Adja, e li riporta dalla madre. S’incontrano ancora, e durante una notte di pioggia la richiedente asilo li ospita nella sua camera. Vi dormono per alcune notti, mentre Lara si sente sempre più responsabile della probabile deportazione di Adja, e incomincia a pensare come trarla d’impaccio.

  Interpretato da Kristin Thóra Haraldsdóttir, Babetida Sadjo, Patrik Nökkvi Pétursson, il film narra una vicenda individuale quale microcosmo della condizione dei migranti intrappolati nell’ultimo scalo europeo prima del grande balzo verso il Canada. E sottolinea i pregiudizi verso lo straniero, la rigidità nell’applicazione delle leggi e il valore di piccole trasgressioni.

  Dall’estremo nord al sole del Mediterraneo con lo stravagante film di 90 minuti di Keren Ben Rafael, Virgins (Vergini). Kiryat Yam, paese rivierasco lontano dal traffico delle grandi città, ospita un vecchio Caffè, isolato sulla spiaggia. Lo gestisce una disincantata signora di mezz’età, con la figlia sedicenne Lana. La donna è piena di debiti. Il sindaco, che è anche l’amante, vorrebbe farle vendere il locale che non ha clienti eccezion fatta per un paio di amici che vi bivaccano quotidianamente. Protagonista è Lana, estroversa e pragmatica, che vorrebbe perdere la verginità e andare a vivere a Tel Aviv.

  La visita del giornalista Tchipi, un po’ poeta, un po’ fanfarone, al quale Lana racconta una storia di sirene, da adito alla pubblicazione di una storia stravagante che attira sulla spiaggia molti bagnanti e che aumenta le speranze della ragazza di trasferirsi in città. Senonché i turisti, muniti di cannocchiali, sono lì per le sirene e snobbano il Caffè, come Tchipi snobba Lana che vorrebbe avere una relazione sessuale. La madre deve occuparsi anche della nipotina Tamar, ma decide di indire un Party delle sirene per attirare gente. Quando la festa sembra riuscita e Lana coinvolge Tchipi, l’improvvisa scomparsa di Tamar riporta tutti con i piedi per terra.

  Tragressivo, a tratti cinico e amaro, spesso divertente, esperpentico nella tradizione spagnola, Virgins può sembrare anche ribaldo nel suo rifiutare il politicamente corretto, ma esprime la forza della natura e libera le coscienze. Originale esordio della regista israeliana che si è formata in Francia, e bella prova delle attrici Joy Rieger ed Evgenia Dodina.

  Mano interessante il film su adolescenti newyorkesi che dedicano l’estate a superarsi nello Skate diretto dalla statunitense Crystal Moselle. Skate Kitchen, titolo del film e nome di un gruppo che pratica lo Skate, descrive la passione per questo sport da parte di Camille, che dopo un piccolo incidente e dopo un alterco con la madre, lascia la casa a Long Island per andare a vivere e a competere con gli adolescenti del gruppo. Lunghe esibizioni di acrobazie con la tavoletta, turbamenti adolescenziali, litigi e riappacificazioni fino al ritorno a casa di Camille e all’apertura della madre verso questo sport. 106 minuti per le strade di New York in un film dedicato ai giovani.   

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