Alla Festa del Cinema di Roma arriva Martin Scorsese, e il Cinema torna ad essere quello con la C maiuscola

Martin Scorsese torna nuovamente alla Festa del Cinema di Roma, e se lo scorso anno venne per ricevere il Premio alla Carriera, questa volta arriva per presentare la sua ultima fatica cinematografica, The Irishman: epica saga sulla criminalità organizzata nell'America del dopoguerra narrata attraverso gli occhi del veterano della Seconda Guerra Mondiale, Frank “the Irishman” Sheeran, sicario mafioso realmente esistito. Il film racconta, nel corso di decenni, uno dei più grandi misteri irrisolti della storia a stelle e strisce: la scomparsa del leggendario sindacalista Jimmy Hoffa. Agli spettatori, immersi in un lungo e magnifico viaggio tra i segreti del crimine organizzato, verranno disvelati complessi meccanismi interni legati alla Mafia, rivalità tra boss e connessioni con la politica tradizionale.

A distanza di trent’anni da Quei bravi ragazzi, il Premio Oscar per The Departed, Martin Scorsese, riunisce la coppia Robert De Niro – Joe Pesci a cui affianca l’unico asso mancante nei suoi precedenti 26 film, Al Pacino: signore e signori… il trio delle meraviglie è servito! In una sala gremita fino all’inverosimile, il filmmaker statunitense si è amabilmente intrattenuto con i giornalisti che avevano appena finito di assistere alle quasi tre ore e mezza di proiezione del suo mastodontico e indimenticabile The Irishman. “Era da tempo che io e Bob (De Niro) volevamo tornare a fare un film insieme - ha raccontato il regista -, è infatti dai tempi di Casinò, nel lontano 1995, che Bob non appariva nei miei lavori, e vorrei dirvi una cosa: io e lui siamo talmente in sintonia che sul set non c’è stato neppure bisogno di parlare tra noi. Per tanti anni abbiamo cercato un personaggio da portare sul grande schermo, e quando De Niro mi raccontò emozionato la storia di Frank, letta nel libro ‘I heard you paint houses: Frank "The Irishman" Sheeran & Closing the Case on Jimmy Hoffa’ di Charles Brandt, ho capito che sarebbe stato un personaggio perfetto per lui. Una volta finito anche io di leggere lo scritto di Brandt non ho più avuto dubbi, perché all’interno di quel racconto ho intravisto la possibilità di sviluppare temi universali a me, e a Bob, molto cari: il trascorrere del tempo, il rimorso, la vecchiaia, l’amore, il tradimento e, soprattutto, la nostra mortalità. È vero, all’interno del film c’è un velo di malinconia, d’altronde Frank è un uomo che, nonostante abbia serenamente accetto la morte, si ritroverà solo e abbandonato dalla propria famiglia”. Un lungometraggio che sviscera dunque argomenti di grande rilevanza, un’opera che dimostra quanto non sia l’ambientazione moderna a far risultare un film contemporaneo.

Robert De Niro, al suo nono lavoro diretto da Scorsese - Mean Streets: Domenica in chiesa, lunedì all'inferno (1973), Taxi Driver (1976), New York, New York (1977), Toro Scatenato (1980), Re per una notte (1982), Quei bravi ragazzi (1990), Cape Fear, il promontorio della paura (1991), Casinò (1995) -, è stato l’artefice della presenza di Al Pacino all’interno del cast, come ha spiegato infatti il filmmaker: “È stato Bob a suggerirmi di affidare ad Al Pacino il ruolo di Hoffa, loro sono grandi amici e si stimano a vicenda. Sebbene conosca Al dagli inizi degli anni ‘70, a presentarmelo fu Francis Ford Coppola – che ricordiamo quanto nel 1972 si batté affinché la parte di Michael Corleone, ne Il Padrino, venisse assegnata all’allora semisconosciuto Pacino, considerato dalla produzione troppo basso per ricoprire quel ruolo –, eppure, io e lui non abbiamo mai lavorato assieme. Comunque, ci tengo a sottolineare l’incredibile alchimia creata sul set tra Bob e Al, dimostrazione tangibile del bellissimo rapporto che intercorre tra loro”. Vero, e noi non possiamo che darne conferma. Ammirare uno affianco all’altro questi due mostri sacri dell’interpretazione è pura magia. Se poi a tutto ciò aggiungiamo il loro amico Joe Pesci, beh, la sublime triangolazione è compiuta.

Abbiamo già detto in precedenza che il film si svolge nel corso di diversi decenni, ma come è stato possibile ringiovanire i tre protagonisti?Non avevo nessuna intenzione - continua Scorsese - di chiamare altri attori che interpretassero i ruoli dei personaggi da giovani. No, volevo fare un film solamente con i miei amici! Certo, questo ha rappresentato un grande scoglio, ma sono stato irremovibile nella mia scelta. Poi, mi hanno spiegato che grazie a una tecnica digitale avremmo potuto renderli più giovani. Inizialmente credevo che Bob, Al e Joe avrebbero dovuto recitare con strani caschi in testa, e la cosa mi era sembrata impossibile da attuarsi. Fortunatamente, i tecnici mi hanno rivelato che il lavoro di digitalizzazione sarebbe avvenuto in una seconda fase, quella di post produzione”. In effetti, osservare in alcune sequenze De Niro, Pacino e Pesci ritoccati in CGI è abbastanza inquietante, ma vi assicuriamo che questo turbamento iniziale svanirà all’istante.

Sceneggiato da Steven Zaillian, Premio Oscar per Schindler's List, The Irishman sarà al cinema dal 4 al 6 novembre per poi approdare su Netflix. A proposito della celebre piattaforma streaming, su cui si tessono lodi e si scagliano strali in egual misura, Scorsese ha spiegato che: “L’intero progetto produttivo, compresa questa tecnica sperimentale di digitalizzazione, si è reso estremamente costoso, e a Hollywood nessuno era interessato a finanziarlo. Poi è arrivato Netflix che ci ha offerto non soltanto l’intero budget da noi richiesto, ma ci ha anche lasciato totale libertà creativa e tutto il tempo necessario per portare a termine il film. Oltre a ciò, Netflix ci ha concesso altri 6 mesi, rispetto a quelli già concordati, per la post produzione. Cosa mi hanno chiesto in cambio? Un accordo a mio parere molto vantaggioso: poter trasmettere il film sulla loro piattaforma mentre era ancora nelle sale. Quindi, quando mi chiedete cosa pensi dello streaming, la mia risposta sarà sempre la stessa… un film per essere visto bisogna prima farlo!”.

Martin Scorsese, a cui sono stati scippati ben due Oscar al Miglior Film, nel 1977 vinse infatti Rocky e non Taxi Driver, mentre nel 1981 l’ambita statuetta se la aggiudicò Gente comune a dispetto di Toro scatenato, a 76 anni realizza l’ennesimo capolavoro… vedere per credere.