Cannes 2018: vince la poetica dimensione famigliare del giapponese Shoplifters, ma il cinema italiano lascia comunque il segno nel concorso

Lazzaro Felice e Marcello e la “bella” voce del cinema italiano
Anche la 71° edizione del Festival di Cannes chiude i battenti. Tra alti e bassi, infine, si è delineato un concorso segnato soprattutto dalla pregnante presenza del cinema orientale che ha regalato diverse opere interessanti (il bellissimo Les eternels di Jia Zhang-ke ma anche il delicato affresco amoroso di Asako I & II del giapponese Ryusuke Hamaguchi ) e conquista anche la Palma d’Oro con il giapponese Kore-Eda Hirokazu e il suo toccante Shoplifters.

Eppure, la presenza del cinema italiano quest’anno è stata più che dominante, con due film in concorso che non solo portano a casa un premio a testa, ma che hanno lasciato all’interno della vetrina principale di Cannes il segno indelebile di un cinema italiano forte e originale e in netta risalita. Due tra gli autori più interessanti del nostro cinema attuale, Alice Rohrwacher con il suo Lazzaro Felice (che porta a casa la miglior sceneggiatura a pari merito con il Three Faces di Jafar Panahi) e Matteo Garrone con Dogman (che conquista a mani basse il premio miglior attore per lo straordinario Marcello Fonte) hanno raccolto il boom di consensi e portato alla ribalta il cinema italiano a Cannes 2018. Il realismo magico del Lazzaro Felice della Rohrwacher e il realismo scarno e pregnante del Dogman di Matteo Garrone rivelano infatti due voci stentoree del cinema italiano contemporaneo. Voci in grado di parlare del sociale, di tematiche universali, con una notevole trasparenza di significato e coerenza di forma. Il Lazzaro di Lazzaro Felice e il Marcello di Dogman sono, neanche a farlo apposta, due facce della stessa medaglia, vittime di un mondo egoista, violento, opportunista e votato solo al proprio interesse. All’interno della loro parabola e nella diversa declinazione di realismo che i due registi accordano alle loro opere, Lazzaro e Marcello compiono una loro rivoluzione, simile e diversa: votata al Bene estremo nel primo caso, contaminata dal Male circostante nel secondo. Eppure, pesci buoni affogati in un mondo di squali, Lazzaro e Marcello sono il simbolo di una proiezione positiva, di uno slancio verso il cambiamento che può determinare altri cambiamenti o, semplicemente, una possibilità di risposta e sopravvivenza al mondo circostante.  Ingabbiati dal mondo come i cani del “canaro”, sono due protagonisti che incarnano la Liberazione di una voce che sembra, a conti fatti, essere anche un po’ quella del nostro cinema, forse in graduale risalita, ma in ogni caso trainato da due giovani autori che quest’anno a Cannes ci hanno fatto fare un’ottima figura e che in generale tengono alta la bandiera del nostro cinema nel panorama internazionale.

Brevi note sui Premi maggiori
La Palma d’Oro, ovvero il premio più importante dell’intero concorso, come detto, va (meritatamente perché si tratta di un ottimo film) al giapponese Kore-Eda Hirokazu e il suo Shoplifters, riflessione poetica e ‘sociale’ su una dimensione famiglia che esula dai legami di sangue e diventa invece luogo e simbolo di condivisione ultima di “valori”. Un ritratto bello e toccante di esistenze riunificate sotto uno stesso tetto e rilette in un’economia famigliare capace di determinare calore nonostante tutto, e nonostante quell’arte del ‘rubare’ che appare un po’ come una controversa cornice della storia.

Ventata di qualità anche dal cinema dell’est con il Premio alla regia strameritato che va al Cold War del polacco Pawel Pawlikowski, già Premio Oscar per Ida. Un autore eccellente che regala un film dove la bellezza struggente di ogni singola inquadratura determina il doppio volto di un  sentimento amoroso che diventa una guerra fredda (quella del titolo che trova dunque una bivalenza di significato oltre alla connotazione storica del racconto), un continuo lottare tra l’atmosfera di controllo e austerity dello sfondo politico e sociale e la passione calda di due amanti alle prese con le idiosincrasie del loro Paese e del loro cuore. Film visivamente perfetto e cristallizzato in un bianco e nero di eloquente malinconia, e che riconferma (semmai ce ne fosse stato il bisogno) il talento del regista polacco nel ‘dipingere’ storie che appaiono a un primo sguardo statiche ma che rivelano invece, poco a poco, una profondità sublime.

Miglior sceneggiatura assegnata ex aequo alla nostrana Alice Rohrwacher con il suo Lazzaro Felice ambientato in una dimensione rurale prima e metropolitana poi, in bilico tra due tempi storici e raccordato dall’aura quasi magica del protagonista Lazzaro, e al Three Faces dell’iraniano Jafar Panahi, film che segue le polverose strade iraniane nello scavo di una dimensione artistica declinata al femminile sempre difficile e affannosa. Un’opera imperfetta ma che nasce da un’idea molto originale e segue, fino a un certo punto almeno, una traiettoria di messa in scena densa di significati e di simbolismi riconducibili a una dimensione sociale e politica assai complessa. Cinema non particolarmente accessibile, ma assai interessante e che trova nell’idea originale e di scrittura senz’altro una delle sue carte migliori.  

Tutti i premi:
Palma d'oro: Shoplifters di Kore-eda Hirokazu
Grand Prix: Blackkklansman di Spike Lee
Migliore regia: Pawel Pawlikowki per Cold War
Migliore sceneggiatura: Alice Rohrwacher per  Lazzaro Felice e Jafar Panahi per Three Faces
Migliore attrice: Samal Yeslaymova per Ayka di Sergey Dvortsevoy
Migliore attore: Marcello Fonte per Dogman di Matteo Garrone
Premio della Giuria: Capharnaüm di Nadine Labaki
Palma d'oro speciale: Le livre d'image di Jean Luc Godard
Camera d'or: Girl di Lukas Dhont
Palma d'oro al cortometraggio: All These Creatures di Charles Williams
Menzione speciale della giuria: On the Border di Wei Shujun.