Cinelatino: appunti da Toulouse - parte quarta

Il Brasile di nuovo in concorso a CINELATINO: 30es rencontres de Toulouse con la regia del primo lungometraggio di Tiago Melo che aveva partecipato alla produzione di due film, Rodeo e Aquarius. A Nazaré da Mata, in Pernambuco, si svolge Azougue Nazaré, un film sulle dispute tra giovani che inneggiano al carnevale nella tradizione del Maracatu e che si cimentato in scontri verbali ritmati in preparazione dei festeggiamenti. Devono però fare i conti con i rappresentanti della Chiesa evangelica, rigida e diffidente, che ritiene i rituali delle manifestazioni del Maracatu opera del demonio. Poi in città alcune persone spariscono e si comincia a spargere la voce che è opera del diavolo. I prelati ne approfittano per rinforzare le loro tesi, ma quando uno di loro interpretando la bibbia riesce a convincere una giovane devota che, sebbene sposata, dare un figlio a un ministro del culto significa ascoltare le parole del messia, il marito si ribella. Lo avevano chiamato per rinforzare la sua credenza nel Signore, e lui gli provoca un ’48. Il film dura ottanta minuti e in larghissima parte è un racconto festoso intriso di musiche e di canti. Ci sono alcune scene di mistero e apparenti spunti di magia, ma mette essenzialmente a fuoco antiche tradizioni interpretate da giovani, compagni di bevute, allegri compagni di spiaggia, spontanei e liberi nei rapporti amorosi. Non è un grande film, ma illustra uno dei tanti mondi dell’entroterra del nord, il più caldo del paese.

  Presentato in alcuni Festival, da Toronto a San Sebastián, il secondo film della colombiana Laura Mora Ortega, Matar a Jesús, (Uccidere Jesús) è in concorso a Toulouse. Girato a Medellin, si apre con l’assassinio di un docente universitario che sta rincasando con la figlia, Paula. Studentessa ribelle, che ha appena incitato i colleghi a boicottare le lezioni, lei ha intravisto l’assassino senza essere notata, e lo dice alla polizia che non sembra prestare molta attenzione. Circa due mesi dopo la denuncia, e con la polizia che ha quasi archiviato il caso, la ragazza si mette alla ricerca dell’assassino con l’intenzione di vendicare il padre. E lo incontra in una discoteca. E’ uno sbandato che ha commesso il delitto su commissione di persone che non conosce, vive in una stamberga e frequenta altri giovani senza arte né parte, ma ha una motocicletta e lei gli chiede di essere portata in punti strategici della città per prendere fotografie. Per vendicarsi, Paula si finge amica, e Jesùs non nutre sospetti. Tuttavia l’assidua frequentazione e la constatazione della misera condizione umana nella quale vive il giovane le impediscono di attuare il suo piano. Interpretato da Natasha Jaramillo e Giovanny Rodríguez, il film è d’ispirazione autobiografica, (il padre della regista è stato assassinato), e si avvale di attori non professionisti. Dura 95 minuti, forse troppi per una sceneggiatura ridotta all’osso, ma offre immagini originali di una città che per anni è stata la capitale del narcotraffico, e mette a fuoco il comportamento corrotto e violento della polizia e il quadro di giovani derelitti abbandonati a sé stessi.

  Dalla Settimana della critica di Venezia, in concorso anche Temporada de caza (Stagione di caccia) della trentacinquenne Natalia Garagiola, nativa di Buenos Aires. Girato in Patagonia, a San Martín de los Andes, il film narra di Nahuel, giovane rissoso che viene espulso da un collegio della capitale e viene spedito al sud, dal padre biologico. La madre è appena morta. Lui torna dal padre del quale conserva un vago ricordo e si scontra subito col preside dell’istituto al quale il padre lo ha iscritto. Il padre, però, è un osso duro: boscaiolo e guardacaccia, costringe il giovane a guardare in faccia la realtà. Lo porta a caccia e gli insegna a sparare, e quando il giovane uccide accidentalmente un cervo e ne è dispiaciuto e smarrito, il padre lo aiuta a superare il momento di crisi. Riconciliato, Nahuel torna a Buenos Aires dal compagno della madre. Dura 108 minuti questo film rigoroso, opera prima, sulla difficoltà del rapporto padre-figlio, che offre scenari innevati e l’ottima interpretazione di Germán Palacios nella parte del padre.  

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