Conferenza stampa: Race - Il colore della vittoria

“Questo film possiede lo spirito olimpico, la forza dello sport, ovvero quella che ha consentito a Jesse Owens di diventare importante partendo dalla persona umile che era. Grazie allo sport, tra l’altro, si sono potuti superare il nazismo e i pregiudizi razziali”.
Amministratore delegato di Eagle pictures, Andrea Goretti ha introdotto così a Roma la conferenza stampa di presentazione di Race – Il colore della vittoria di Stephen Hopkins, che la casa di distribuzione lancerà nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 31 Marzo 2016 rievocando la vicenda del campione Jesse Owens, il quale, grazie al coach dell’Ohio University Larry Snyder, ottenne nel 1936 la convocazione alle Olimpiadi di Berlino, dove si aggiudicò quattro medaglie d’oro.

Un campione per interpretare il quale, Stephan James – presente all’incontro e che non ha mai praticato l’atletica leggera, nonostante avesse corso e giocato a pallavolo e basket – ha raccontato di aver dovuto affrontare una grossa sfida – con il salto in lungo quale aspetto più difficile da apprendere – anche per imparare a trasmettere le emozioni che Owens provava nell’effettuare quelle imprese; oltre a dichiarare: “Per me Jesse Owens non è soltanto un eroe di colore, ma un eroe mondiale a cui molte persone si sono ispirate sia dal punto di vista sia sportivo che umano. Prendere parte a questo film è stata un’esperienza fantastica, abbiamo bisogno oggi di raccontare al cinema questo tipo di personaggi. Nel 1936 Owens si trovava nella realtà dell’America razzista, era una situazione molto pesante e difficile. Certo, attualmente il mondo è in un’altra condizione, ma quella situazione non è del tutto scomparsa, in quanto vi sono ancora casi di razzismo”.

Mentre, se il vice presidente della FIDAL Vincenzo Parrinello – che non ha mancato di ricordare i tre anni della scomparsa del velocista Pietro Mennea – ha osservato che era il momento che venisse realizzato un bel film riguardante l’atletica e che lo sport è forse il miglior mezzo utile a favorire l’integrazione, la campionessa mondiale di salto in lungo Fiona May è intervenuta: “Come ha detto Stephan, Jesse Owens è stato un’icona molto forte a livello mondiale, ma anche un uomo di grande coraggio. Lui ha dimostrato a tutti che si può sempre vincere, non ha importanza l’essere bianco o nero. Questo messaggio è valido ancora oggi, non solo per il razzismo, ci sono ragazzi che vengono da paesi in cui non esiste la possibilità di praticare sport o che non appartengono a famiglie benestanti. Dobbiamo rispettare maggiormente il prossimo perché abbiamo gli stessi obiettivi e difficoltà e queste ultime non hanno importanza, perché, se hai nel tuo cuore il desiderio di fare qualcosa, ci riesci. Nelson Mandela diceva che lo sport è un linguaggio. Lo spirito di atleta accomuna tutti gli sportivi. Nello sport l’amicizia è sempre presente, il business è un po’ da parte. Ciò riflette ciò che esso è veramente, l’amicizia c’è. Se un atleta è più forte di me, gli devo fare i complimenti, non posso dire che non lo sia”.

L’attore, inoltre, ha proseguito: “Ho trovato somiglianze con Creed – Nato per combattere, anche se in quel caso Rocky Balboa aveva avuto rapporti con il padre di colore del protagonista, mentre quella che raccontiamo noi è un’amicizia nata nel 1936 tra un allenatore bianco e uno sportivo di colore che prima non si conoscevano. Probabilmente, Larry Snyder vide in Owens ciò che era stato lui come ex atleta. Per quanto riguarda il lavoro con il regista Stephen Hopkins, invece, è stato fantastico. Ci siamo incontrati due mesi prima di iniziare la lavorazione, lui mi ha fornito il suo punto di vista sul film, io quello su Owens. Tra l’altro, lui è un grande conoscitore della storia stessa. Mi ha dato lo spazio di cui avevo bisogno e, per esempio, in molte scene che prevedevano aggiunte in computer grafica mi ha molto aiutato ad immaginare ciò che nella scena non esisteva ”.

E, essendo coinvolto nel doppiaggio italiano del film come speaker, non poteva certo mancare un intervento del giornalista e telecronista sportivo Federico Buffa: “Le Olimpiadi del 1936 sono state le più grandi di tutti i tempi. In tanti momenti, ovviamente, il film viene arrotondato e affronta soltanto il periodo attorno a quel fondamentale evento, ma la vita di Jesse Owens è stata molto più complicata. Tra l’altro, Tra gli sceneggiatori della pellicola abbiamo Marlene Owens Rankin, la quale teneva a far sapere che il presidente Roosevelt non mandò mai un telegramma di felicitazione al padre”.