Festa del Cinema di Roma: David Lynch, meditazione trascendentale e Premio alla Carriera

Dopo Sir Ian McKellen approda alla XII edizione della Festa del Cinema di Roma il regista, pittore, musicista, compositore, attore, montatore, scenografo e scrittore… David Lynch. Senza ombra di dubbio era questo l’evento più atteso da tutti i giornalisti, che – per non correre il rischio di rimanere fuori dalla sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica, dove si è tenuta la conferenza stampa del geniale filmmaker statunitense – come bravi soldatini si sono messi in fila con un’ora di anticipo sull’orario d’inizio dell’incontro! Autore di ‘soli’ dieci lungometraggi, tra cui i capolavori Eraserhead, The elephant man, Cuore selvaggio, Velluto blu e Mulholland Drive, oltre che della serie cult I segreti di Twin Peaks e il sequel del 2017 Twin Peaks, nonostante non si sia mai aggiudicato un Oscar, il 71enne del Montana è da considerarsi uno tra i cineasti più visionari e innovativi dei nostri tempi. Surreale, grottesco, onirico, perturbante e a volte disturbante: questo, che piaccia o meno, è il magnifico cinema di Mister Lynch.

Accolto da un fragoroso applauso, il creatore del personaggio di Laura Palmer ha lasciato inizialmente interdetti i presenti lanciandosi in risposte forse troppo concise: “Non so se ci sarà una nuova stagione di Twin Peaks, è ancora troppo presto per dirlo”; “No, non mi pento assolutamente di avere deciso di dirigere ‘Dune’ invece che ‘Star Wars’”; “Per l’immediato futuro non ho nessun progetto”. Ma la delusione che cominciava a serpeggiare nel parterre si è improvvisamente dissolta quando, dietro richiesta, Lynch ha parlato di David Bowie: “David l’ho sempre amato, come tutti d’altronde. Lavorare con lui in Fuoco cammina con me è stata una gioia immensa. Quando gli dissi che lo avrei voluto nel nuovo Twin Peaks lui mi rispose di no. All’epoca non capii il perché del suo rifiuto, ovviamente adesso mi è tutto purtroppo più chiaro”. E, a proposito della musica, Lynch ha ricordato la grande influenza che questa ha sulla sua creatività: “Ho scritto l’intero Blue Velvet ascoltando Dmitri Shostakovich. La musica non può che suscitare emozioni e far scaturire nuove idee. Gran parte del mio estro arriva infatti quando ascolto la musica. I brani di David Bowie e Angelo Badalamenti sono stati per me fonte di grande ispirazione e hanno contribuito notevolmente alla creazione dei miei lavori”.

Preoccupandosi di guardare sempre in viso i suoi interlocutori, con voce pacata e occhi attenti David Lynch ha sottolineato più volte come il ritorno nella tranquilla cittadina, quella Twin Peaks che negli anni Novanta trasformò in incubi i sogni di innumerevoli spettatori, lui non riesca proprio a considerarlo una serie Tv: “Non chiedetemi quale sequenza, momento o episodio io preferisca, perché amo quest’opera nella sua totalità. Per me Twin Peaks è un film della durata di 18 ore!”. La calma compostezza di Lynch viene però messa a dura prova da una domanda inopportuna: “In questi giorni non si fa altro che parlare degli scandali sessuali di Hollywood. C’è da aspettarsi a breve anche un suo coinvolgimento?”. Mentre appare inutile commentare la pochezza di questo intervento, è invece fondamentale ascoltare l'ironica risposta di Lynch: “Stay Tuned!” (restate sintonizzati!), e qui la sala è quasi venuta giù sotto il rimbombo degli applausi. Archiviato quindi il siparietto gossip, il regista americano ha sorseggiato con calma un caffè prima di parlare di temi complessi come quelli di spazio, tempo e meditazione: “Viene sempre detto che lo spazio e il tempo nascono all’interno del campo unificato che è la base della relatività. Ma dentro questo campo non esistono né spazio né tempo, è come se fosse un campo magico in cui tutto viene creato, anche gli stessi spazio e tempo, una zona dove nascono amore, energia e vita. In definitiva questo campo è ciò che ogni individuo ha dentro di sé. E’ da 44 anni che mi dedico ormai alla meditazione e sono profondamente convinto che sia l’unica strada per arrivare alla felicità. Sì, perché il mondo è pieno di negatività e soltanto attraverso la meditazione trascendentale si può riuscire a comprendere il vero Sé e raggiungere l’illuminazione. Gli esseri umani sono infatti meravigliosi, e possiedono strabilianti potenzialità”. Che dire, se non che l’essenza di Lynch è racchiusa in queste parole? Per lui, inoltre, la visione romantica dell’artista squattrinato e depresso che proprio grazie a questo suo stato d’animo realizza dei capolavori è completamente sbagliata: “Non dobbiamo necessariamente soffrire per esprimere al meglio la nostra creatività, certo, è importante conoscere la sofferenza e saperla descrivere, ma la fantasia si libera in volo soltanto quando si è felici...”. E se a dirlo è David Lynch…

Sono tante le cose che Lynch ha raccontato durante la conferenza: gli piace molto il cinema di Werner Herzog perché è un uomo pieno di ossessioni, e lui le ossessioni le ama (nel caso fosse sfuggito a qualcuno!); le sue serie Tv preferite sono Breaking Bad e Mad Men (e come dargli torto?); ogni volta che gli capita di rivedere The elephant man ancora gli vengono le lacrime agli occhi per la commozione (mica solo a lui...); si è divertito sempre sul set di ogni suo film, eccetto quando girava Dune; l’aggettivo ‘lynchiano’ gli crea imbarazzo e il suo medico gli ha consigliato di non pensarci; ama il caffè e i cibi italiani; il suo film Strade perdute è nato dopo avere ascoltato I’m Deranged di David Bowie; adorava Harry Dean Stanton, che a suo parere aveva i tempi comici più azzeccati di qualsiasi altro attore; non farà mai l’adattamento cinematografico della Metamorfosi di Kafka perché è bene che l’opera del grande scrittore di Praga rimanga sulle pagine di un libro. Peccato, perché se vi è un regista che avrebbe potuto portare sul grande schermo la surreale storia di Gregor Samsa, beh, quello è indubbiamente David Lynch.

Amato da molti e odiato da tanti, il filmmaker a stelle e strisce ha ricevuto qui alla Festa del Cinema il Premio alla Carriera… e che carriera!