Freaks di Tod Browning: il film più scioccante di sempre

Era il lontano 1932 quando Tod Browning, nato a Louisville con il nome di Charles Albert Browning Jr., portò al cinema quello che verrà poi considerato uno tra i film più scioccanti di tutti i tempi: Freaks.

In un circo che ha tra le sue attrazioni principali esseri bizzarri e deformi, un nano di nome Hans si innamora di Cleopatra, una “normale” e bellissima trapezista. Questa, accortasi che il suo ammiratore è diventato l'erede di una cospicua fortuna, architetta assieme al suo amante,“l’uomo forzuto” Hercules , un piano diabolico per ucciderlo. Il complotto verrà però scoperto, e la vendetta  da parte del gruppo  circense dei "freaks" sarà agghiacciante: trasformeranno Cleopatra in una di loro.

Lo shock procurato negli spettatori da questo capolavoro assoluto ritenuto da molti, oltre che un cult per eccellenza un film maledetto, fu causato dall'aver mostrato per la prima volta sul grande schermo la deformità fisica in tutta la sua potenza. Browning, che con quest’opera segnò la fine della sua carriera artistica, non scelse infatti per protagonisti degli attori ma, come venivano definiti all'epoca, dei veri e propri “fenomeni da baraccone”: le gemelle siamesi Daisy e Violet Hilton; il “lombrico umano” Prince Randian; il microcefalico Schlitzie; il “mezzo ragazzo” Johnny Eck, così chiamato poiché privo di entrambe le gambe; l’ermafrodita Josephine Joseph; i fratelli Harry e Daisy Earles, affetti da nanismo; Frances Belle O'Connor la “Venere di Milo vivente” perché nata senza braccia; la “donna barbuta” Olga Roderick; “Koo-Koo la donna uccello”, ossia Minnie Woolsey, colpita dalla nascita da una rara malattia che le aveva comportato sia un ritardo mentale che una progressiva deformazione del corpo fino a renderla simile a un volatile.

La reazione disgustata del pubblico a questa parata di ‘orribili mostri’ ebbe due conseguenze: tagliare il film di 30 minuti e, in seguito, ritirare dalla circolazione ogni copia della pellicola. Per un lungo periodo girò addirittura voce che i negativi di Freaks fossero stati gettati nella Baia di San Francisco affinché nessuno potesse mai più vedere uno spettacolo così aberrante. Fortunatamente la diceria era puro frutto di fantasia, anche se, per riuscire di nuovo ad ammirare questo inestimabile gioiello cinematografico che ribalta completamente l'equazione  mostruoso = cattivo, normale = buono, bisognerà attendere gli anni Sessanta. Già, perché il regista statunitense classe 1880 mise a confronto l’immoralità e la bassezza dei cosiddetti “normali” con l’amore e la dignità dei freaks: Browning, un lungimirante artista anni luce avanti nei tempi.

Se si tiene conto del periodo storico in cui la pellicola fu realizzata, è facile comprendere il motivo per il quale, oltre ad essere boicottata in mezzo mondo, venne tanto osteggiata. Era il 1932 e la popolazione americana, reduce dalla grande crisi del 1929, necessitava di un diversivo per uscire dalla triste realtà. Proprio questo smisurato bisogno di evasione spinse le Majors hollywoodiane del momento a produrre per lo più film leggeri, divertenti e romantici, come ad esempio E’ arrivata la felicità, di Frank Capra. Appare dunque evidente come l’inquietante Freaks non potesse in alcun modo ricevere il plauso del pubblico statunitense. Anche in Europa il film non sfuggì alla mannaia dei terribili censori che, difatti, ne proibirono immediatamente la proiezione. D’altronde, la folle cultura della razza perfetta, propagandata in Germania da Adolf Hitler diventato Cancelliere del Reich nel gennaio del 1933, e il vanto delle prodezze atletiche di Mussolini nell’Italia del regime fascista, mettevano ben in chiaro l’importanza allora attribuita alla vigoria fisica. Ma, al di là del contesto storico-politico che contribuì certamente alla debacle di Freaks, è fondamentale ricordare quanto il tema della diversità, fulcro del film di Browning, sia da sempre un argomento che incute spavento: un tabù ai giorni nostri non ancora superato.

Fin dai tempi più remoti ciò che esulava dalla norma era considerato sia come rappresentazione del male che come ingombrante fardello per la società. E se nell’antichità gli Spartani gettavano giù dal Monte Taigete i bambini nati con malformazioni – leggenda che in realtà sembra sia stata inventata secoli dopo dallo storico Plutarco per attestare il carattere militaresco del popolo di Sparta – negli anni 2000 i disabili non vivono poi molto meglio. La repulsione e la paura che il pubblico provò nei confronti dei protagonisti di Freaks - si narra di svenimenti, malori e aborti spontanei che colpirono alcuni tra spettatori e spettatrici accorsi alla premiere - non sono effetti poi tanto diversi da quelli che investono l’uomo contemporaneo: sarà forse per questo che a distanza di 84 anni l’opera di Tod Browning appare ancora così terribilmente attuale?

Nel filmaker di Louisville la passione per il circo germoglierà all’età di sedici anni, quando, scappato di casa per seguire una ballerina della Manhattan Fair & Carnival Company, inizierà a lavorare come imbonitore per il “selvaggio uomo del Borneo”, e una volta finita la sua liaison amorosa il giovane Tod continuerà a esibirsi in numerosi Sideshow nelle vesti di clown, illusionista, acrobata, cantante e ballerino. Tra i suoi numeri più conosciuti si ricorda quello del “cadavere vivente”, dove rimaneva sepolto sotto cumuli di terra per ore e ore. In questa vita nomade e bizzarra entrerà a stretto contatto con il mondo dei freaks, il cui universo, era da una parte racchiuso nella forte alleanza che si creava tra loro, e dall’altra circoscritto dalle sgangherate mura dei baracconi che li ospitavano: una mostra itinerante di “scherzi della natura” da esporre a poco prezzo. Nel 1913, mentre era in tournée a New York, Browning avrà la fortuna di incontrare il regista D.W. Griffith, che lo introdurrà all’arte della recitazione e della regia cinematografica. La sua primordiale attrazione verso il circo e i suoi strani personaggi però non lo abbandonerà mai, e nonostante il cosmico successo che otterrà nel 1931 con Dracula, interpretato dall’indimenticabile Bela Lugosi, il suo capolavoro resterà Freaks: uno dei più toccanti elogi dedicati ai “diversi”.

Per competere con il Frankenstein della Universal, la Metro-Goldwin-Mayer decise di produrre anch’essa un horror: e a chi affidarne la regia se non al direttore di Dracula? Preso quindi in mano il timone Tod Browning cominciò a girovagare tra i tanto amati Freak Show per reclutare i protagonisti del film. Il risultato fu che l’atmosfera che si respirava durante le riprese era molto simile a quella del circo Barnum, e i veri attori normodotati - Wallace Ford (Froso), Leila Hyams (Venere), Olga Baclanova (Cleopatra), Henry Victor (Hercules) - faticarono non poco a rapportarsi con i loro “menomati” compagni di lavoro. E se le dive di quegli anni, Myrna Loy e Jean Harlow, non accettarono la parte perché inorridite dal cast, l’illustre scrittore Francis Scott Fitzgerald, che aveva già pubblicato Il Grande Gatsby e faceva parte del team degli sceneggiatori della MGM, si rifiutò di mangiare assieme a quel clan di “mostruose” creature. A quella tremenda forma di protesta si unirono altri addetti ai lavori, e i poveri freaks furono costretti a pranzare isolati in un’altra stanza: la censura era iniziata ancor prima dell’uscita nelle sale!

Ma Browning se ne infischiò, e facendo suo il motto “senza trucco e senza inganno” mise in scena il suo concetto di ‘spettacolo della vita’, una vita abitata anche da esseri meno fortunati, ma non per questo meno umani: con coraggio l’ostacolo insormontabile del pregiudizio viene finalmente messo alla gogna. Dove risiede la malvagità? Forse nell’uomo lombrico, detto anche “uomo torso”, mostrato strisciante e capace di accendersi tranquillamente una sigaretta con il solo uso della bocca? In Schlitzie, costretto a vestirsi da donna perché troppo complicato per lui sbottonarsi i pantaloni per andare in bagno? E le gemelle siamesi, destinate a vivere per sempre unite, non nutriranno nell'animo una certa dose di cattiveria? E che dire del “nano”? In fin dei conti è dalla notte dei tempi che si sente sussurrare “i bassi di statura sono perfidi per natura”. Eppure... Eppure coloro che per soldi stanno tramando un infido piano omicida sono la bella Cleopatra e il muscoloso Hercules. Ecco dunque dove risiede la malvagità: nella normalità, normalità che a volte è più mostruosa dell’apparenza. E poco importa se il banchetto nuziale diverrà il preludio di una delle vendette più terrificanti mai viste al cinema, perché la morbosità e la repulsione che gli spettatori nutrivano inizialmente verso i freaks hanno da tempo lasciato il posto all’empatia: si piange e si soffre con loro, per loro, e per la nostra cecità di uomini “normali”.

Il finale fu purtroppo drammaticamente tagliato, solo i pochi fortunati che assistettero alla prima proiezione poterono vedere sia la leggendaria scena dell’evirazione di Hercules, con la conseguente trasformazione in uomo grasso che al centro della pista del circo canta con voce alla Farinelli, sia  quella delle mutilazioni eseguite sull’affascinante trapezista. Queste sequenze, fatte sparire, si mormora che furono bruciate. Ciononostante l’immagine della banda dei freaks armati di coltello fino ai denti non verrà facilmente dimenticata, né sarà possibile cancellare dalla mente il corpo deturpato di Cleopatra che si esibisce nel nuovo numero circense di “donna gallina". “Gooble, gobble, we accept her, we accept her, one of us, one of us!”, “ Gooble, gooble, noi la acettiamo, noi la accettiamo, una di noi, una di noi”, la canzoncina più volte intonata dai “mostriciattoli” assume dunque ora il pieno significato di tutta l’opera: non esiste “noi”,  non esiste “loro”. Siamo tutti freaks, ognuno con le proprie deformità presenti, se non nel corpo, certamente nell’anima.

Nel 1963, quando il film fu “sdoganato” e proiettato al Festival di Venezia, sfortunatamente Tod Browning aveva concluso la sua avventura terrena da un anno. Ritiratosi definitivamente dalle scene nel 1942, malato di cancro visse per vent’anni in totale solitudine nella sua villa di Malibù: il 6 Ottobre 1962 la ‘nera signora’ lo portò via con sé, lasciando però la sua eredità cinematografica viva nel tempo. David Lynch, con The Elephant Man, sarà uno dei primi ad attingere dalla genialità di Browning, ma per gli amanti della musica punk-rock, a omaggiare il regista di Louisville saranno i Ramones. L’incipit del loro brano Pinhead del 1977 è infatti: “Gabba, gabba, we accept you, we accept you, one of us”, da cui la famosa band newyorkese tirerà fuori il suo slogan più noto, “Gabba Gabba Hey”.

Per chi non avesse mai visto Freaks, l’averlo definito come uno dei film più scioccanti di tutti i tempi risulterà forse eccessivo, in fondo è pur sempre una pellicola del 1932, direte voi. L’unico consiglio da dare è quello di recuperarne il DVD e osservarlo attentamente fotogramma per fotogramma. Grazie a Enrico Ghezzi, nella nostra TV di Stato fu trasmesso una prima volta a fine anni Settanta, e una seconda nel programma Fuori Orario, Cose (Mai) Viste, il 5 Agosto 1990. Il fatto che ancora oggi questo capolavoro sia “dimenticato” dai palinsesti televisivi la dice lunga sull’influenza del retaggio culturale a cui si è sottoposti: vade retro ‘diversità’!

Per chi invece lo avesse già visto… ogni parola è superflua.