Il doppiaggio Parte I: una magia fatta di tecnica e passione

Una porta che si apre su una sala di registrazione, un leggio illuminato, un paio di cuffie, un microfono, una scrivania in un angolo e uno schermo su cui scorrono le immagini di un film o di una serie televisiva. Una figura si staglia nell'oscurità e dà voce alle immagini mute che gli/le scorrono davanti. Non può muoversi troppo perché i passi si sentirebbero. Può tutt'al più agitare le braccia se sta interpretando una scena particolarmente frenetica.

Ma chi è questo strano personaggio?

E' il doppiatore, colui che dona nuova vita ai film, rendendoli visibili al pubblico italiano e non solo!

Vedere i film in lingua originale è tutta un'altra storia, ma solo per chi conosce bene quella determinata lingua: per chi non ha dimestichezza con l'inglese, il francese, lo spagnolo, il tedesco, il portoghese e men che mai con il russo, il danese o il giapponese, guardare un film con i sottotitoli, può essere davvero frustrante perché, ancora intenti a leggere la precedente battuta, si perdono scene divertenti o non si notano dettagli importanti, magari di un thriller.

Insomma, il doppiaggio è una “mano santa” perché ci permette di godere appieno delle opere che ogni settimana approdano nelle nostre sale cinematografiche. Pensate che all'inizio, per rendere i propri prodotti comprensibili anche nei paesi europei in cui si parlavano lingue differenti dall'inglese, a Hollywood i film venivano girati in più lingue: una fatica improba per gli attori, sebbene la cadenza di Stanlio e Ollio che parlano in italiano sia passata alla storia, e soprattutto una tecnica complessa che spesso nuoceva alla qualità del lavoro. Dall'inizio degli anni '30 questa pratica è stata abbandonata in favore del doppiaggio che fu utilizzato in Francia, Germania, Spagna e soprattutto in Italia, dove si mostrò da subito una fucina di talenti.

Il doppiaggio italiano infatti, si sa, è rinomato in tutto il mondo e i doppiatori sono dei veri e propri artigiani, molti dei quali hanno appreso il mestiere dai propri genitori, osservandoli in sala, esercitandosi e facendo loro, poco alla volta, questo lavoro dotato di un'aura quasi magica.

Un lavoro tutt'altro che semplice. Guardare le immagini sullo schermo, ascoltare la versione originale in cuffia, leggere il copione e recitare le proprie battute. Tutte queste cose il doppiatore le fa contemporaneamente. E non solo. A seconda delle emozioni che deve suscitare, può essergli richiesta una particolare tecnica di respirazione, può dover dare voce con il diaframma e non solo con le corde vocali. Una cosa non da poco.

Nessuno ci pensa ma dietro a tutto il cinema e alla tv che guardiamo giornalmente, c'è uno squadrone di persone il cui complesso mestiere ci è stato ampiamente spiegato da Tiziana Graziani, moglie del doppiatore Fabrizio Vidale (nella foto) nonché assistente al doppiaggio.

Uno squadrone di uomini e donne dotati di atletismo vocale, ovvero della capacità di riuscire a parlare velocissimamente e uno squadrone di professionisti che non solo devono saper sincronizzare la propria voce sulle immagini ma che devono avere orecchio, devono curare il volume e il timbro della propria voce e devono mantenere un forte rigore per la tecnica – è solo quella, infatti, che gli permette di doppiare in dieci giorni un kolossal che ha richiesto mesi di riprese.

Una sorta di scala gerarchica prevede la presenza del direttore del doppiaggio che in molti casi è anche adattatore, del doppiatore in carne e ossa, dell'assistente al doppiaggio che affianca i doppiatori in sala (la scrivania di cui sopra è la sua) e del fonico che, alla fine dei turni, riordina le varie “colonne”, ovvero le registrazioni dei vari “anelli”, cioè, a loro volta, le scene dei film che i doppiatori, uno ad uno interpretano. Prima infatti si usava doppiare tutti insieme in sala ma voci non in sincrono, battute sbagliate o altri piccoli errori, erano difficili da modificare.

Adesso invece, ognuno doppia le scene con il rispettivo personaggio permettendo al fonico di affiancarle e di poterle modificare e regolare ove necessario. E l'assistente al doppiaggio è proprio colui o colei che si occupa di visionare il film insieme al direttore, di spezzettarlo in vari “anelli” per poi suddividere il lavoro tra i vari doppiatori.

Ma dove imparano questo lavoro i doppiatori? In famiglia, come già detto, seguendo il mestiere dei genitori, in una scuola di recitazione come l'Accademia Nazionale di Arte Drammatica Silvio D'Amico, frequentata da molti grandi doppiatori, o in una scuola di doppiaggio. Di queste, la più nota è senz'altro la CDC, Cooperativa Doppiatori Cinematografici, fondata nel 1945 da Giulio Panicali, la prima in assoluto in Italia, cui fecero seguito nel 1957 la SAS, Società Attori Sincronizzatori, nel 1970 la CVD, Cine Video Doppiatori, ed infine nel 1981 il Gruppo Trenta. Tutte queste scuole di doppiaggio annoverano i principali attori e doppiatori che hanno portato alla ribalta i film americani degli anni d'oro di Hollywood anche se a ben pensare, un primo, grande esempio di doppiaggio lo abbiamo visto nel celeberrimo Cantando sotto la pioggia, in cui la dolce protagonista era costretta a prestare la sua altrettanto amabile voce all'odiosa Lina Lamont, tutta frizzi e lazzi ma incapace di cantare. Sul finire del film, il sipario si apriva per svelare la giovane Debby Reynolds che cantava dal vivo mentre la sua rivale muoveva solo le labbra in sincrono.

Ecco, il SINC, uno degli aspetti fondamentali del doppiaggio.

Una faccenda di pura tecnica che se si riesce ad acquistare fin da piccoli, la si fa propria ed il lavoro è ancora più semplice e scorrevole. Il SINC infatti non è solo riuscire a recitare la propria battuta contemporaneamente all'attore: se nella versione originale c'è una labiale, ad esempio, bisogna fare in modo che anche nella versione italiana ci sia una labiale, se c'è una pausa, deve farla anche il doppiatore e da dove deriva tutto ciò? Dall'immenso lavoro di adattamento, altro aspetto fondamentale dell'universo del doppiaggio. La sceneggiatura originale deve infatti essere non soltanto tradotta nel miglior modo possibile ma soprattutto adattata per fare in modo che espressioni colloquiali siano comprensibili anche nella nostra lingua, o affinché un dialetto, una battuta o uno slang, facciano ridere anche noi come il pubblico americano, inglese o francese che sia.

A questo proposito, è indubbio il lavoro improbo che Francesco Vairano, attore, doppiatore – di Gollum ad esempio, è suo il noto “il mio tessssooooro” - e direttore del doppiaggio che, non solo con Il Signore degli Anelli o Harry Potter, ma principalmente con Giù al Nord, ha creato dal nulla un linguaggio che potesse far capire agli spettatori italiani le differenze linguistiche tra i francesi del nord e del sud. Tanto di cappello a questi maghi nascosti del cinema, davvero.

Sono passati decenni dall'avvento del cinema sonoro e dai primi, spartani esempi di doppiaggio che a poco a poco si è inserito a gran voce anche nel Cinema di animazione. Oggigiorno infatti, soprattutto per questo genere che contiene numerosi parti canore, vengono interpellati sempre più frequentemente cantanti o personaggi televisivi che, non usi a questo tipo di lavoro e a modulare la voce in un ambiente come la sala di doppiaggio, necessitano di tempi più lunghi e di qualche aiutino in più.

E a proposito di tempi, sapete quanto ci vuole per doppiare, ad esempio, una puntata di NCIS? Una settimana scarsa. E per doppiare una mega produzione hollywoodiana? Poco di più, perché per i grandi film vengono scelti doppiatori di grande esperienza che riescono a concludere in tempi brevissimi i loro turni di doppiaggio, che arrivano fino a tre al giorno.

E come la mettiamo se si tratta di un film horror e se a doppiarlo sono dei bambini? Di solito il direttore del doppiaggio parla con i genitori dei minori, li avvisa delle scene che dovranno “interpretare” e li fa registrare a vuoto, ovvero senza proiettare le scene più crude. In alcuni casi si preferisce ricorrere a ragazzini più grandi che riescono a modulare la propria voce facendola sembrare quella di un bambino ma, in generale, per i piccoli doppiatori sono previsti non più di un certo numero di anelli e non più di un turno al giorno.

C'è davvero un mondo dietro ai film e alle serie che guardiamo quotidianamente; un universo fatto di tecnica – prova sonora, prova muta e doppiaggio -, di persone – direttore del doppiaggio, doppiatori, assistente al doppiaggio e fonico – e di un ingrediente fondamentale, la passione.

Perché dietro un grande doppiatore c'è sempre una grande passione. Perché, se è vero che il doppiaggio è come l'inglese, ossia se lo impari fin da piccolo, ti rimane, è pur vero che la differenza tra un doppiatore che fa il suo lavoro meccanicamente ed un altro che fa sue le emozioni del proprio personaggio, trasmettendole allo spettatore, si avverte eccome.

I doppiatori in Italia sono circa 500. Tutti uomini, donne, ragazzi, ragazze e bambini degni di grande stima, che lavorano nell'ombra - in tutti i sensi - e ci permettono di godere appieno del grande cinema e dell'intrattenimento televisivo. Prestate attenzione la prossima volta che vedrete un film, notate la perfezione e l'invisibilità, chiamiamola così, dell'immenso lavoro che si cela dietro ciò che state guardando, percepite la magia del prodotto finito.

E preparatevi ad un nuovo magazine ricco di cuorisità sui doppiatori e sul loro affascinante mestiere.

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