In attesa delle Piccole donne di Greta Gerwig, ecco un excursus su ciò che le ha precedeute al cinema e in tv

Per secoli è stato (e continua ad essere) il romanzo preferito di tante donne di ogni età e nazionalità, che si riconoscono nella storia delle quattro giovani protagoniste ed in particolar modo nella figura di Jo, esatto alter-ego della scrittrice che le ha dato vita e degna erede di un'eroina quale la Elizabeth Bennet di Orgoglio e pregiudizio.

È il 1868 quando esce in America il primo volume – il secondo arriva tre anni dopo, quello unico (con entrambe le due parti) nel 1880, mentre in Italia bisogna aspettare il 1908 con traduzioni solo parziali – di Piccole donne ed il nome di Louisa May Alcott si impone all'attenzione del grande pubblico, ottenenendo un successo immediato e forse inaspettato. L'allora 36enne scrittrice si basa sulle sue esperienze personali per dare vita ad una vera e propria saga, che vede come protagonista la famiglia March, composta di quattro figlie – Meg, Jo, Beth ed Amy – la madre, soprannominata Marmee, e papà March, durante ed oltre il periodo della Guerra di Secessione.
Quattro sono anche i volumi in cui la storia si sviluppa: Piccole donne, Piccole donne crescono (The good wives in inglese, voluto con insistenza dai fan, sebbene la Alcott avrebbe preferito non far sposare Jo per una questione di coerenza, motivo per cui l'endgame con Laurie non verrà soddisfatto), Piccoli uomini e I ragazzi di Jo.

Nel 2005 Piccole donne si è rivelato di ispirazione anche per Geraldine Brooks, vincitrice del premio Pulitzer con L'idealista, romanzo storico incentrato sulla figura del padre delle sorelle March e sulla sua esperienza bellica.
Ancora oggi considerato un classico della letteratura, il romanzo ha visto quindi, in questi secoli, l'avvicendarsi di adattamenti e richiami non solo teatrali e letterari, ma anche e soprattutto televisivi e cinematografici, di varia fattura ed interesse, riuscendo così ad arrivare, in modo capillare, quasi ovunque, e gettando, in più di un'occasione, i semi di preziosi cambiamenti artistici, oltre agli indiscussi, incalcolabili ed importantissimi valori trasmessi dalla storia.

Partiamo dal primo importante progetto, statunitense e risalente all'epoca del cinema muto (1918 per l'esattezza), diretto da Harley Knoles e scritto da una donna, Anne Maxwell, con Conrad Nagel – divo di Hollywood ed uno dei membri fondatori dell'Academy of Motion Picture Arts and Sciences – al suo debutto sullo schermo nel ruolo di Laurie, in opposizione a Dorothy Bernard, alias Jo, al termine invece della sua carriera (si ritirò dalle scene tre anni dopo, all'età di 31 anni).
Piccola curiosità: il film fu in parte girato nella reale casa della Alcott, a Concord, nel Massachusetts.
Un adattamento precedente (1917), di origine britannica, a cura di Alexander Butler, con Daisy Burrell, Mary Lincoln, Ruby Miller e Muriel Myers, è andato perso.

Nel 1933 è George Cukor a riprendere in mano il romanzo della scrittrice statunitense, realizzandone un'opera (in bianco e nero ma sonora) di grandissimo successo, con Katharine Hepburn, Joan Bennett, Frances Dee e Jean Parker, rispettivamente nei ruoli di Jo, Amy, Meg e Beth.
Questa versione è stata inserita tra i migliori dieci film dell'anno dal National Board of Review of Motion Pictures, vincendo l'Oscar per la Migliore Sceneggiatura, scritta a quattro mani da Victor Heerman e Sarah Y. Mason, e la Coppa Volpi per la Migliore interpretazione femminile (Hepburn), alla seconda edizione della Mostra del Cinema di Venezia.
Tra le curiosità che la caratterizzano: tre settimane di fila in cartellone, nonostante la ferrea regola dei gestori di sala che toglievano i film dopo soli sette giorni di programmazione; l'autodefinizione datasi da Cukor come “regista letterario”, in seguito alla proposta dei produttori di affidare a lui l'adattamento di un altro grande classico, il David Copperfield di Charles Dickens, visto il successo di Piccole donne; il radiodranna che accompagnò l'uscita del film, nel quale la Hepburn interpretava la sua Jo March.

É il 1949 e Mervyn LeRoy (anche nelle vesti di produttore) riunisce un cast all star, per cui le sue “piccole donne” hanno i volti di June Allyson (Jo), Elizabeth Taylor (Amy), Margaret O'Brien (Beth) e Janet Leigh (Meg). Il film – a colori – si aggiudica l'Oscar per la Migliore Scenografia, una nomination per i Migliori Costumi e sarà considerato una sorta di remake della versione precedente, dal momento che ne riprende le mosse quasi pedissequamente, eccezion fatta per la scelta di rendere Beth la minore delle quattro sorelle.

Siamo nel 1955 ed è il turno del nostrano Anton Giulio Majano, che realizza una miniserie in bianco e nero per il piccolo schermo, composta di cinque puntate – in origine ne erano previste solo quattro, ma ne venne aggiunta un'ultima conclusiva, tutta sviluppata in flashback, visto il successo riscosso e nonostante i dubbi e le diffidenze iniziali dell'emittente - trasmesse dalla Rai. Tra i protagonisti, molti di provenienza teatrale ed in seguito lanciati dal richiamo ottenuto dallo sceneggiato, troviamo Emma Danielli, Alberto Lupo ed Arnoldo Foà.
E attenzione, perché Piccole donne fu la seconda fiction televisiva mandata in onda dall'ente radiotelevisivo di stato, il quale aveva iniziato le trasmissioni regolari esattamente l'anno prima con Il dottor Antonio.

Nel 1978 la Universal Television produce una miniserie in due parti, in onda sulla NBC, diretta da David Lowell Rich e candidata al Golden Globe come Miglior Miniserie o Film per la tv. In Italia è arrivato sulla Rai agli inizi degli anni ottanta, ma non è più stato replicato fino al 2017, quando TV2000 lo ha ritrasmesso tra il 25 e il 26 dicembre. 

Negli anni Ottanta si aggiunge un nuovo media al discorso con l'arrivo di ben due anime ispirati al romanzo della Alcott: la serie giapponese composta da 26 episodi (in onda su Canale 5 nel 1982) dal titolo Piccole donne, con la sigla, Tutti abbiamo un cuore, cantata da Cristina D'Avena; Una per tutte, tutte per una (in onda su Italia 1 nel 1988) si compone invece di 48 episodi e fu di ispirazione per un sequel, Una classe di monelli per Jo, tratto dai successivi romanzi della stessa scrittrice (Piccoli uomini e I ragazzi di Jo). In quest'ultima versione si evidenziano alcuni cambiamenti rispetto al testo originale, in primis per quanto riguarda la figura di Beth, ma anche integrazioni ed aggiunte così da riuscire a coprire la mole (non indifferente) di episodi.
Sul finire degli anni Ottanta viene realizzato un remake dello sceneggiato di Majano, per la regia di Gianfranco Albano, intitolato Quattro piccole donne e liberamente ispirato ai romanzi Piccole donne e Se lo dico perdo l'America di Lidia Ravera, con Simona Cavallari (Amy), Amanda Sandrelli (Beth) ed Omar Sharif.

Gillian Armstrong è quindi la prima regista donna ad adattare per lo schermo, nel 1994, il capolavoro della Alcott, aprendo in qualche modo la strada alle sue future colleghe, ed il suo lavoro è senza dubbio uno dei più riusciti, apprezzati e noti: Winona Ryder (candidata all'Oscar per la sua interpretazione di Jo), Claire Danes (Beth), Kirsten Dunst (Amy) e Trini Alvarado (Meg) sono le Piccole donne protagoniste, affiancate da Susan Sarandon (Marmee) e Christian Bale (Laurie).
Per la prima volta il ruolo di Amy viene ricoperto da due attrici differenti – la Dunst è la versione da bambina, da grande le subentra Samantha Matis. Nel film vengono inclusi particolari presi dalla biografia dell'autrice del romanzo, forse per una maggiore veridicità.

Nel 2017 la BBC One trasmette la miniserie in tre puntate, sceneggiata da Heidi Thomas e diretta da Vanessa Caswill, con Emily Watson, Angela Lansbury, Maya Thurman-Hawke (figlia di Uma Thurman ed Ethan Hawke) e la giovane e promettente Kathryn Newton (Ben is back, Tre manifesti a Ebbing, Missouri). Coproduzione britannico-statunitense, la serie è stata girata in Irlanda.
L'anno dopo tocca ad un film per la tv, (rischioso) adattamento in chiave moderna, diretto da Clare Niederpruem e mai giunto da noi – a tal proposito ci sono vari titoli, per lo più televisivi, che non hanno oltrepassato i confini della loro terra d'origine, come per esempio la web serie indiana Haq Se, o lo hanno fatto in circuiti molto ristretti, come la commedia The March Sisters at Christmas che viene riproposto ogni anno su Lifetime a Natale.

Arriviamo infine al 2019 e all'atteso adattamento firmato da quella Greta Gerwig che aveva già ampiamente dimostrato le sue abilità con Lady Bird e che prende il testimone da Sarah Polley, precedentemente contattata per il progetto. Dalla commistione tra la cineasta dalle idee chiare e le indiscutibili competenze, un cast di altissimo livello – Laura Dern, Saoirse Ronan, Timothée Chalamet, Emma Watson, Louis Garrel, solo per citarne alcuni – ed un comparto tecnico assolutamente encomiabile, risulta un'opera di rara bellezza, venata da uno spirito femminista che emerge in più di un'occasione senza però risultare mai invadente.
Rispetto a quasi tutti i precedenti – l'unica eccezione potrebbe essere rappresentata dalla quinta puntata della miniserie italiana – questo Piccole donne gioca molto con i salti temporali, per cui si ottiene una sorta di compendio di tutti e quattro i titoli che compongono la saga della famiglia March.
Ora, non resta che attendere l'esito della Notte più importante di tutte, quella degli Oscar...