Karlovy Vary International Film Festival 2018: giorno 4

Felice debutto del trentacinquenne polacco Pawel Mašlona con Atak paniki, (Attacco di panico), in concorso al 53rd Karlovy Vary International Film Festival. Niente di nuovo, ma sei storie narrate con molto ritmo in un film senza tempi morti e interpretato con grinta e disinvoltura da un folto gruppo di attori. Sei situazioni limite, come quando ci si trova sull’orlo del baratro e si hanno reazioni incontrollate.

  Di ritorno da una vacanza esotica, una coppia di mezz’età è felice di sedere accanto a un posto non occupato. Senonché all’ultimo momento si presenta un pachiderma sudato e chiacchierone che non solo occupa il posto ma coinvolge la signora in una mitragliata di luoghi comuni fino a farle perdere la pazienza. Poi, capricci atmosferici provocano il panico: il grassone esala l’ultimo respiro e la coppia non ne denuncia la morte per timore che facciano scalo al primo aeroporto. In un racconto nel quale presente e passato si intersecano, un giovanotto chiede all’ex moglie di firmare pratiche di divorzio parallelamente a scene nelle quali si sta risposando e la sposa viene colta dalle doglie. A quel matrimonio un giovane cameriere, che critica la madre per cani e gatti tenuti in casa, trovandosi sotto ricatto le telefona e le fa azionare il suo PC per difendersi da un hacker che sta distruggendo il lavoro della sua vita. Una ragazza che ha successo esibendosi in pose porno celandosi dietro una grande parrucca, ha l’appartamento invaso da amiche che potrebbero scoprire la sua attività. Un adolescente, intontito dopo la sua prima canna, scende dalla madre che sta partecipando al sopra citato matrimonio. A una stazione radio un giovane speaker depresso si spara un colpo di pistola.

  Ce n’è per tutti, e va detto che le scene sono bene amalgamate con un montaggio che le spezzetta senza interrompere il racconto. I tre corti che hanno preceduto l’esordio di Mašlona sono stati premiati rispettivamente a Shanghai, Palm Springs e Monaco di Baviera. Tra gli attori: Dorota Segda, Artur Zmijewski, Nicolas Bro, Magdalena Poplawska.

  Discorso totalmente differente per l’altro film in concorso, Domestik (Domestico) dell’esordiente praghese trentenne Adam Sedlák, già autore di due corti e di un documentario. Film decisamente claustrofobico di circa due ore, girato in un appartamento del quale si colgono soltanto alcuni dettagli. Protagonista una giovane coppia, Carlotta e Roman. Lui è un corridore ciclista su pista, e si è attrezzato in casa per migliorare record e vincere le gare. Lei ha un solo desiderio: avere un figlio. Non è chiaro chi dei due sia sterile, probabilmente lui che trascorre le giornate schiacciato sul sellino di una super cyclette. Ad ogni modo hanno accettato un trattamento medico che dovrebbe permettergli di riuscire nei loro intenti.

  Lo spettatore è testimone delle loro pratiche quotidiane e notturne, di relazione ma anche fisiche, fisiologiche e chimiche perché oltre ad osservare diete ferree ingeriscono e si iniettano sostanze mediche, hanno rapporti sessuali e arrivano ad allestire in casa una tenda a ossigeno che dovrebbe facilitare il successo. Nella tenda lei applica al marito pezze umide ai testicoli che dovrebbero migliorare le performance e presto si arriva anche allo scontro perché i risultati non si vedono. Lei dimagrisce sempre più, lui perde i capelli e ha frequenti sbocchi di sangue. Interpretato da Tereza Hofová e Jirí Konvalinka, il film ha il pregio di denunciare pratiche decisamente nocive, ma lo fa adombrando uno pseudo docufilm che resta tuttavia un racconto di finzione a volte monotono, sempre buio e circoscritto.   

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