L’oracolo di Rebibbia

Non è facile per un amante di Zerocalcare pensare che una sua opera possa essere trasposta sul grande schermo.
Si la striscia pazzesca in cui lui incontrava strani personaggi nel parco che anticipava l’idea del film l’avevo letta e mi ero anche fomentato, ma poi film sui Peanuts, Garfield e altro ci avevano duramente insegnato che tra il dire e il fare…

Dimentica il mio nome sarebbe stata la scelta ideale, perché è un romanzo, e che romanzo, ma la Profezia dell’Armadillo… anche se l’emozione di quella lettura ti resta dentro a lungo.
Ecco devo riconosce a Michele (Zerocalcare) una capacità indiscutibile, quella di metterti un tarlo nell’anima. Camille è un fantasma concreto che ti accompagna nella sarabanda di avventure del protagonista. Mentre lo leggevo pensavo ai classici di Walt Disney dello scorso secolo, in cui le storie della banda Disney erano unite da una sorta fil rouge che tentava di dargli un senso di unicum.
Camille è il Virgilio di Zerocalcare, lo accompagna nel suo percorso catartico. Non la conosci, non sai chi sia, non sai nulla di lei tranne che non c’è più, finché alla fine ti arriva la botta allo stomaco che ti spiega l’assurdità del tutto e diciamocelo… ci resti di merda!
Vaffanculo!
E te la porti dietro anche se le Guardi Forestali, altro nonsense assurdo ma reale, ti strappano un sorriso, per qualche secondo.

Il film è imperfetto per la struttura stessa della narrativa di Zero, ma riesce a fare una cosa che veramente pochi raggiungono: ti emoziona. E non mi riferisco solo alle grasse risate o al ghigno sottecchi, ma al polpo alla gola (giusto per citare).
Spazi dall’atmosfera di Rebibbia e della precarietà di una generazione che vive di espedienti (tipo Secco e il poker on line), a momenti in stile Il Tempo delle Mele, passando per quel senso di perdita che ti segna dentro.
E poi Adriano Panatta è impagabile.
Qualcuno avrebbe voluto chiedere di più? E perché mai se hai tutto quello che serve.
D’altronde Michele, per sua stessa ammissione, non sa disegnare le anatomie come un Alex Raymond, ma forse per questo diciamo che non sa fare strisce?

Camille incarna l’amore più grande, forse, e anche la perdita che ti spezza l’anima. Grazie a Zerocalcare diventa quasi una figura mitica che resta scolpita nell’immaginario, un Freddie Mercury che non invecchia mai, un’icona, un ricordo indelebile non solo per chi l’ha vissuta, ma per tutti quelli che grazie alla storia hanno fatto un pezzetto di strada con lei o con l’ombra di qualcun altro che come lei è bruciato troppo in fretta.
I fumetti ti spezzeranno il cuore… ma mica solo quelli.