Quarta settimana: è tempo di stare a casa. Film e serie tv viste, o riviste, sulle piattaforme streaming e non solo!

E’ trascorso un mese.
Le visioni si susseguono al Cineclub Sesti ed iniziamo subito con un film australiano  che negli anni ’90 riscosse un enorme successo, proseguiamo con un film americano del 1969, citiamo un’opera appena rilasciata su Netflix e chiudiamo con una chicca della commedia all’italiana degli anni ‘50
Oltre a parlarvi di una interessantissima mini serie sempre su Netflix e qualche considerazione su una delle serie più seguite nella storia della televisione, La Casa di Carta III.

Visto martedì 31 marzo.
Un uomo da marciapiede, 1969
Regia: John Schlesinger
Interpreti: Dustin Hoffman, John Woight, Brenda Vaccaro
Soggetto: James Leo Herlihy 
Sceneggiatura: Waldo Salt
DVD
Sozzo (Dustin Hoffman) e Joe Buck Cowboy (l’esordiente John Voigt) , la coppia più improbabile della storia del cinema, la loro discesa agli inferi di una metropoli fredda e insensibile, il loro sogno che odora di cocco illuminato dal sole della Florida. Il film di John Schlesinger, vincitore di tre Oscar nonostante la censura che dovette subire all’uscita nelle sale, racconta l’epopea di una Sancho Panza e un Don Chisciotte alle prese con i mulini a vento di una società ormai votata al consumismo più sfrenato (che si nutre anche e soprattutto di corpi e la “professione” di Joe ne è un esempio) con uno sguardo ora disincantato ora feroce che non ammette redenzioni. Lo si potrebbe definire un film on the road, se seguiamo quel pullman che dal Texas arriva a New York per poi concludere il suo viaggio sui viali costeggiati di palme di Miami. Il tutto accompagnato da una colonna sonora eccezionale tra le quali primeggia un brano diventato un classico: Everybody's Talkin' di Fred Neil. John Barry, supervisore della colonna sonora, vinse invece un Grammy per il miglior tema strumentale (Midnight Cowboy).

Visto Mercoledì 1 Aprile
Curtiz, 2018
Regia: Tamás Topolánszky
Interpreti: Ferenc Engyel  Dustin Hoffman, John Woight, Brenda Vaccaro
Soggetto: Tamás Topolánszky  
Sceneggiatura: Tamás Topolánszky, Zsuzsanna Bak, Ward Parry 
Piattaforma: Netflix
Prodotto da Netflix, e, dunque, fruibile solo sull’omonima piattaforma in streaming, Curtiz racconta la storia del controverso e per certi versi misterioso regista di uno dei film più famosi delle storia del cinema, Casablanca, l’ungherese Michael Curtiz.
Il film, prodotto in Ungheria, con regista ungherese (Tamás Topolánszky) ed attori ungheresi  (Ferenc Engyel nei panni di Curtiz), parte dall’inizio della lavorazione di Casablanca per parlarci della personalità del regista ungherese e di tutte le sue molteplici sfaccettature, dei molti grigi che sembrano attraversare la vita del regista. Ed in un bianco e nero molto laccato è la prima scena come il resto del film.
Siamo nello studio di Jack Warner, dove si discute di quanto e come il nuovo film che si sta per realizzare dovrà o potrà essere organico e funzionale alle sorti degli Stati Uniti, appena entrati in guerra a seguito dell’attacco giapponese a Pearl Harbor. Il film si dipana da questa scena in poi nel costante conflitto tra le ragioni produttive, quelle artistiche e quella della ragion politica. E, in un’operazione molto ben riuscita di trasposizione dei diversi tavoli, le dinamiche dei massimi sistemi si traducono e sviluppano nei conflitti intimi del personaggio principale che trovano a loro volta sponda nella finzione di ciò che si sta raccontando. Il transfert Curtiz/Rick Bogart è inevitabile (e forse anche sperato nello spettatore). 
Film, dunque, ben pensato e ben realizzato che, come tutte le opere sul cinema, stimola soprattutto gli appetiti dei cinefili anche se le due star del film di cui si racconta la realizzazione  (e cioè Bogart e la Bergman, nei confronti dei quali Curtiz non sembra nutrire particolare stima) sono sempre ripresi sfocati o in lontananza, quasi per non distogliere la nostra attenzione dal dramma del personaggio principale.
Avvertenza: il film è in lingua originale, sottotitolato, ovviamente.

Visto giovedì 2 aprile
Lezioni di piano (1993)
Regia soggetto e sceneggiatura: Jane Campion
Interpreti: Holly Hunter, Harvey Keitel, Sam Neill, Anna Paquin
DVD
“C'è un grande silenzio dove non c'è mai stato suono, c'è un grande silenzio dove suono non può esserci, nella fredda tomba, del profondo mare”.
Sono i versi di Thomas Hood, poeta inglese della prima metà dell’800, a chiosare il film che ha consacrato l’australiana Jane Campion come una delle registe più importanti della fine del ‘900.
Scrive e dirige “Lezioni di piano” nel 1993 – film che vincerà tre Oscar (migliore attrice (Holly Hunter), migliore attrice non protagonista (Anna Paquin) e migliore sceneggiatura originale (Jane Campion) – strabiliando il pubblico e la critica per la forza espressiva del suo cinema che evoca suggestioni per mezzo di immagini e musica (la colonna sonora di Michael Nyman è diventata un caposaldo della musica scritta per il cinema) rappresentando il dolore, l’amore, la sopraffazione e il riscatto anche agli antipodi della Terra (siamo in Nuova Zelanda a metà dell’800, un mondo di fango e radici marce), dove un piano abbandonato su una spiaggia deserta diventa il perno di un pericoloso triangolo amoroso.
La Campion racconta la storia sullo sfondo di una natura dura e ostile, sfruttandone tutte le valenze simboliche. Il mare, la foresta acquitrinosa, il piccolo cane che lecca le mani del marito che assiste al tradimento della moglie, quasi a volerne dare anche una prova calda e tattile, espedienti letterari che la regista australiana domina con grande maestria e sagacia.
Una storia di donne, scritta da una donna, due universi quello femminile e quello maschile così difficili da conciliare e interpretare, metaforicamente rappresentati dai due mondi, quello della civile Inghilterra, capace di organizzare una recita natalizia nel bel mezzo del nulla e quello dei nativi, incapaci di distinguere la realtà dalla sua rappresentazione (e di assalire gli attori dell’improvvisata filodrammatica…).

Visto sabato 4 aprile 
Arrivano i dollari!, 1957
Regia: Mario Costa
Interpreti: Alberto Sordi, Nino Taranto, Isa Miranda, Riccardo Billi, Mario Riva, Sergio Raimondi, Rita Giannuzzi, Turi Pandolfini, Rosita Pisano, Natale Cirino, Piera Arico, Diana Dei
Soggetto: Fulvio Pazziloro
Sceneggiatura Ruggero Maccari, Giovanni Grimaldi, Gigliola Falluto, Giuseppe Mangione
Piattaforma: Amazon Prime
Su Il Piccolo di Trieste del 30 marzo 1957: "Dov'è il miglior Sordi? Nell'estro e nella genuinità di questa figura farsesca oppure in prove più disciplinate, come fu ad esempio il Seduttore? Per chi ama la sincerità senza veli il Sordi autentico sta qui, sfrenato ma senza diaframmi, il suo istinto di comico e il ruolo che assolve. Ed è questa anche la parte valida di "Arrivano i dollari", vicenda non nuova d'una grossa eredità da dividere tra cinque fratelli."
“Sfrenato ma senza diaframmi”, una delle migliori interpretazioni di Alberto Sordi, citatissime dai suoi fans le frasi, le movenze, gli atteggiamenti, le idiosincrasie, le fisime, le smorfie del Conte Alfonso (de) Pasti.
Basterebbe la performance di Sordi per giustificare la visione di questo film del 1957 diretto da Mario Costa (che concluderà la sua carriera nel 1970 dirigendo un noir (“La Belva”) con Klaus Kinsky come protagonista principale. 
Ma sarebbe ingiusto citare solo l’Albertone nazionale. A raccontare la storia della famiglia Pasti e dell’inaspettata eredità milionaria dello zio Arduino, ci sono attori che hanno rappresentato i mattoni sui quali è nato e si è formato il cinema italiano del dopoguerra. Caratteristi come Mario Riva e Riccardo Billi e piccoli giganti come Nino Taranto, l’humus indispensabile per realizzare piccoli grandi film come “Arrivano i dollari”, dove commedia e critica di costume si uniscono un felicissimo connubio.

Unorthodox, serie TV 
Miniserie, Episodi 4
Anno 2020
Regia: Maria Schrader
Interpreti: Shira Haas, Amit Rahav, Jeff Wilbusch
Scritto da Anna Winger, Alexa Karolinski, Daniel Hendler
Piattaforma: Netflix 
Un vero e proprio film lungo quasi quattro ore questa produzione tedesco americana che mette in scena le memorie di Deborah Feldman raccontate in “Unorthodox: The Scandalous Rejection of My Hasidic Roots”.
La storia è quella di Esther "Esty" Shapiro appartenente ad una comunità di ebrei ortodossi (cassidici) viventi a New York a Williamsburg, un quartiere di Brooklyn. Esty fugge in Germania alla ricerca della madre che vive a Berlino, scappando dalle rigide ed oppressive regole della comunità nella quale ha vissuto fino all’età di vent’anni dopo aver sposato Yanky e aver affrontato la dura prova di una giovane sposa che non riesce a procreare in un ambiente chiuso e ortodosso, per l’appunto, come la comunità in cui vive. A Berlino avrà a che fare con un mondo per lei, che non ha mai usato un computer, che di Internet ha solo una vaga idea, imbevuta dei rigidi precetti religiosi, completamente nuovo e sconosciuto, ostile per certi versi, sicuramente difficile da affrontare. Tutto ciò splendidamente rappresentato dal corpo androgino, femminilmente inespresso di Shira Haas. Le sue movenze goffe, lo sguardo smarrito negli occhi persi in ambienti e situazioni troppo più grandi di lei, la forza della fragilità che le sue piccole spalle esprimono quando la vediamo per la prima volta senza le opprimenti bardature di un mondo forzosamente fuori moda, sono l’emblema della lotta interiore che Esty ha intrapreso nel prendere una decisione che sconvolgerà la sua vita ed anche la stabilità della comunità che non tarderà a farsi sentire. Il dramma, a questo punto, si colora di tinte thriller, senza mai abbandonare però il racconto umano ed esistenziale di una emancipazione, per quanto dolorosa, giusta e inevitabile.

La Casa di Carta III
Serie televisiva: 8 episodi
Piattaforma Netflix
Ideatore: Álex Pina
Interpreti: Úrsula Corberó, Itziar Ituño, Álvaro Morte, Paco Tous, Pedro Alonso, Alba Flores, Miguel Herrán, Jaime Lorente, Esther Acebo, Enrique Arce
Premesso che non vedrò la quarta stagione (appena uscita) e nè le successive già in produzione, la visione della terza stagione della serie più vista su Netflix, mi ha confermato alcune considerazioni già maturate durante le prime due stagioni.

  • Gli accadimenti che si raccontano sono tra i più inverosimili che si possano immaginare, tanto che viene da pensare che sia una vera e propria scelta degli scrittori quella di partorire situazioni assolutamente irrealistiche. Se si parte da questo appunto, e lo si accetta, ci si può allora accomodare sul divano senza troppi sussulti per le sciocchezze alle quali assistiamo.
  • Uno dei punti di forza è certamente l’empatia che si stabilisce con i personaggi. Ce ne sono tanti e di tutte le tipologie. L’arrogante e il timido, il duro e il tenero, l’intelligente e il tonto, il nobile e il rozzo, il forte e il debole. Ma l’operazione simpatia più riuscita è quella generale nei confronti di tutta la banda: ci fanno credere, e ci convincono, che dei ladri scassinatori sono in realtà dei partigiani per la libertà e l’eguaglianza sociale.
  • Il senso di appartenenza ed unità della banda è enfatizzato dalla somiglianza fisica dei personaggi: sono simili le fattezze fisiche a coppie, i molti personaggi ci appaiono un unicum, come un multiforme ibrido mitologico.
  • C’è sempre una soluzione estrema ad una situazione estrema: quello che colpisce è che c’è sempre qualcosa di più estremo di quello che credevi fosse il più estremo possibile…
  • Infine, La casa di carta conquista perché è la serie più ruffiana che esista: ci compiace e ci irretisce con una puntata (l’ultima della prima stagione) integralmente dedicata a Bella Ciao, con monologhi alla Cirano sull’amore e l’amicizia, con l’apparizione, ruffianissima, di persone reali coma Neymar, il calciatore brasiliano, star strapagata del Paris Saint German , nei panni di un monaco cistercense che vagheggia sulla vacuità del calcio…

Leggi anche:
Prima settimana: è tempo di stare a casa. Film e serie tv viste, o riviste, sulle piattaforme streaming
Seconda settimana: è tempo di stare a casa. Film e serie tv viste, o riviste, sulle piattaforme streaming e non solo!
Terza settimana: è tempo di stare a casa. Film e serie tv viste, o riviste, sulle piattaforme streaming e non solo!
Quinta settimana: è tempo di stare a casa. Film e serie tv viste, o riviste, sulle piattaforme streaming e non solo!
Sesta settimana: è tempo di stare a casa. Film e serie tv viste, o riviste, sulle piattaforme streaming e non solo!
Settima settimana: è tempo di stare a casa. Film e serie tv viste, o riviste, sulle piattaforme streaming e non solo!