Richard Gere: cronaca, più o meno seria, di una conferenza stampa fin troppo annunciata

7 Dicembre ore 9.00: accendo il pc e guardo la mia casella di posta elettronica. Rapidamente inizio a cestinare pubblicità e spam. Bene, mi dico, il più è fatto, e passo a leggere le mail di lavoro. L’occhio esperto istantaneamente si fissa su questo Fwd: “FRANNY, un film di Andrew Renzi. Proiezione e conferenza stampa a Roma con Richard Gere”.  Più rapida di Brad Pitt in “The Assasination of Jesse James”, clicco sull’allettante messaggio. “Lucky Red è lieta di invitarvi il giorno Lunedì 14 Dicembre ore 12.00 alla presentazione di Franny, a seguire - ore 14.00 - conferenza stampa con Richard Gere. Si prega di confermare la propria presenza…”. Sì, la giornata è cominciata proprio bene.

Lunedì 14 Dicembre ore 8.00: Bzz bzz, ecco il primo whatsapp del giorno. Leggo: ci sei oggi da Richard? Da Richard? Come dire Francesco, Marco o l’inquilino della porta accanto! Non rispondo. Di nuovo bzz bzz: allora vieni o no da Richy? C’è mancato poco che mi soffocassi con il caffè! Continuo a non rispondere. Mi svesto, mi infilo sotto l’agognata doccia e… il telefono inizia a emettere una serie di suoni senza fine. In 15 minuti ho ricevuto 30 wa e 15 sms, e tutti, dico tutti, riguardanti il caro vecchio Richy.

Ore 11.30: Infagottata come Totò e Peppino in quel di Milano, parcheggio lo scooter e mi avvio  verso la sala di proiezione. Da lontano scorgo un capannello di gente in tenuta da gran gala. Mi fermo. Mi osservo. Mi deprimo. Non per il mio abbigliamento, ma per quello degli altri! Sgomitando, ma con classe, mi faccio strada tra la bizzarra barriera umana, e finalmente raggiungo l’ingresso. Adesso, per chi non conoscesse la Casa del Cinema, è bene spiegare che le poltroncine in cui sedersi sono 124, per i ritardatari soltanto posti in piedi: insomma, come in autobus! Entro, la sala Deluxe è stranamente semivuota. Mi accomodo in terza fila e aspetto l’inizio del film. Dopo  5 minuti la rumorosa fauna brulicante si precipita a occupare ogni spazio possibile, alle 11.59 ha invaso anche i gradini di accesso. Si spengono le luci, cala il silenzio: inizia Franny. Il film è un gioiellino. Il carismatico Richard Gere è Franny, un attraente milionario con seri problemi di dipendenza, tormentato dai sensi di colpa.

Ore 13.00: I titoli di coda stanno scorrendo sul grande schermo. Lo confesso, questo è il momento delle proiezioni che più mi affascina: la tensione si dissolve lentamente e la mente galoppa libera e felice. Finché non si riaccendono le luci e l’incanto svanisce. Mi guardo intorno. Il vuoto. Mi dirigo al buffet. L’ottava piaga d’Egitto si è scatenata sul rinfresco: mai vista prima d’ora un’orda  d’assalto più famelica delle cavallette. Piattini con rimasugli di tartine giacciono tristemente sui tavoli addobbati a festa, calici sparsi macchiati di rossetto stanno ritti come soldatini feriti. La battaglia è finita, davanti a me - incredula - solo una desolante devastazione. A breve arriverà Richard, per fortuna! Esco sulla panoramica terrazza della Casina delle Rose (noi romani La Casa del Cinema la chiamiamo ancora così), e mi affaccio su Villa Borghese. Proprio sotto di me noto un confuso viavai di fotografi: eccolo, il sex symbol è giunto! Tra accecanti lampi di flash l’elegantissimo Richard Gere, camicia bianca e abito nero, si concede sorridente ai mille selfie delle groupie scatenate. Sfodero il cellulare, inforco gli occhiali, e inizio a scattar foto…, il fascino evergreen dell’american gigolò, dell’ufficiale gentiluomo più amato degli anni ‘80/’90, ha contagiato anche me! 

Ore 14.00: La sala è piena come un uovo. Gli effluvi di profumi dozzinali e colonie scadenti si insinuano prepotenti su per le mie narici. Inizio a starnutire, e una, e due, e tre, e…. a tre metri da me, in tutto il suo splendore si materializza Richard Tiffany Gere (non è uno scherzo, è così che si chiama realmente: Tiffany!). L’uomo più cool, il più elegante del cinema mondiale, sotto gli occhi famelici delle giornaliste e gli sguardi invidiosi degli uomini, prende posto. Una breve introduzione del moderatore, e le domande iniziano a fioccare come neve. Eccone alcune  delle più eloquenti:

Come mai stai (notare il tu!) optando per questi ruoli così duri e profondi? “Più i film sono difficili, e più ci si diverte. In realtà non c’è nulla di facile nella vita. Qualunque persona e qualsiasi personaggio porta con sé grandi complessità”.

Che cosa ha cambiato della sceneggiatura originale di Andrew Renzi? “Credo di non aver mai lavorato a un film la cui sceneggiatura non sia stata cambiata in corso d’opera. Capita in tutti i film.”

Considerato che in questo personaggio ci sono diversi Franny, quello disperato, quello che rinfaccia il bene che ha fatto, quello allegro, come se ci fossero più uomini in uno solo, qual è stato per lei il più difficile da interpretare?  In realtà a questa domanda Gere non risponde, forse  l’interprete non è stata chiara, o  chissà. Comunque lui qualcosa dice. “Io volevo metterci molteplici aspetti, e volevo aggiungerci anche una certa dose di umorismo. In fondo nella vita tutte le situazioni, anche le più tragiche e le più tristi, hanno un lato umoristico”.

Lei ha detto che vedrebbe bene un incontro tra il Papa e il Dalai Lama. Se ciò avvenisse, secondo lei di cosa dovrebbero parlare? “ Si interrogherebbero su cosa dobbiamo fare per metter fine a questa follia dilagante che si sta impossessando del nostro mondo. L’incontro di queste religioni così diverse potrebbe veramente servire a fare del bene”.

Farebbe un film in italia? “Il casino non mi spaventa, farei volentieri un film con Bernardo Bertolucci, ma ci sono molti altri registi italiani di talento con cui mi piacerebbe lavorare”. Ecco come la vede, il saggio Gere, la nostra Italia: “incasinata”. E come dargli torto?

Il film parla di sensi di colpa, lei ne ha mai provati verso qualcuno, ad esempio verso qualche collega più sfortunato di lei?  Ora mi chiedo, ma è una domanda da farsi questa? E il divino Richard ha anche risposto! “Chi in questa sala non si è mai sentito in colpa nei confronti di qualcuno o per qualcosa?” 1 a 0 palla al centro!

Ore 15.00: Il moderatore guarda l’orologio, e come il Bianconiglio di Alice nel Paese delle Meraviglie, si affretta a dire: è tardi, è tardi, Richard deve scappare, per favore non vi accalcate intorno a lui perché è tardi. In men che non si dica la folla acclamante si catapulta sul prelibato bocconcino tutto di Armani vestito. Mentre raccolgo le mie cose, osservo la scena. Del sempreverde ex gigolò  intravedo una mano protesa verso l’alto , come a chiedere aiuto: sommerso da capelli cotonati e da dita vogliose, tutto il resto del corpo è tabù.

Ore 20.00: A casa. Dell’incontro dell’anno mi domando cosa mi sia rimasto. Di sicuro il ricordo del delizioso tic all’occhio sinistro del simpatico Gere. Prendo lo Smartphone e controllo le foto che ho scattato: poche, ma tutte ben sfocate.