“Spazio… ultima frontiera…” - La storia di Star Trek, capitolo secondo.

Finiti gli anni '80, riprendendo da dove avevamo lasciato, nel precedente articolo, la saga continua...

Rotta Verso l’Ignoto (1991) / “Star Trek VI: The undiscovered country”
Con il sesto film si conclude l’epopea dell’equipaggio originale dell’Enterprise. Un gruppo (che poi ha sparso qui e la qualche cameo) che ancora oggi identifica l’essenza stessa della serie e che oramai è scolpito nell’immaginario pop mondiale.
Per l’addio agli eroi, e dopo la terribile debacle precedente, torna al timone lui: Nicholas Meyer (sarà il suo ultimo film peraltro), colui che aveva realizzato il miglior film, L’Ira di Khan.
L’idea iniziale di ambientare il film come un prequel alla serie originale viene prontamente scartata (i fans già davano di matto) e Meyer stesso si mette a riscrivere la sceneggiatura partendo da un’idea di Nimoy che riprende gli eventi dell’attualità del tempo: e se il “muro” venisse giù anche nello spazio? Se Klingon e Federazione (che poi nascevano dalla contrapposizione USA/URSS della Guerra Fredda) dovessero venire a patti? Così con un budget di soli 30 milioni si parte per realizzare quello che poi sarà un altro gran film, anche grazie alle note di conflitto e violenza tipiche del regista.

L’esplosione di una delle lune del pianeta Klingon, Praxis, è l’anticamera di una realtà ineluttabile: il sistema planetario dei klingon è condannato.
La pace con la Federazione diventa così una necessità a dispetto di tutte le tradizioni di un popolo che ha fatto del conflitto la sua essenza vitale.
Con queste premesse avviene un incontro al vertice nella Zona Neutrale, ma l’omicidio del cancelliere Gorkon, la cui colpa ricadrebbe sull’Ammiraglio Kirk, rischia di far saltare tutto.
In realtà è un piano ben ordito da chi si trova molto in alto, come Spock presto scoprirà, e per fermare questi guerrafondai ci vorrà tutta la determinazione dei nostri eroi.

Il film è dedicato alla memoria di Roddenberry, morto appena due giorni dopo averne visto una versione in fase di montaggio. Tra l’altro criticò l’utilizzo dei Klingon come semplici avversari utili allo scopo senza un approfondita analisi della loro cultura (cosa che sarà fatta in seguito sia nella serie “Tne Next Generation” che in “Deep Space 9”).
Ma al di la di questo il film funziona, coinvolge lo spettatore nella varie, e a volte assurde, peripezie di questi ormai attempati eroi e poi finalmente scopriamo che la “T.” nel nome del capitano Kirk, sta per Tiberius.

Anche Star Trek entra così nell’era elettronica, infatti questo è il primo film che utilizza veri display sul ponte di comando dell’Enterprise ed è anche l’unico girato in “super 35”, per conferirgli un look diverso dagli altri che erano in Panavision.
Note di colore: la versione VHS differisce di alcune scene (in più) rispetto alle edizioni in DVD e BR. Sono state tutte recuperate nella Director’s Cut. Inoltre il sangue Klingon è stato fatto color porpora per evitare la “R” (rated) della censura americana.

Generazioni (1994) / “Star Trek: Generations”
Questo è il film che segna ufficialmente il passaggio del testimone dal vecchio mondo a “Next Generation” e al capitano Jean Luc Picard. E’ il settimo film e, come avrete notato, ha un numero dispari e quindi… è uno dei peggiori (probabilmente il terzo della mia personale classifica). A dirigerlo un mestierante del piccolo schermo, David Carson, che già si era cimentato con qualche episodio della serie TV “Next Generation” a scriverlo il terzetto Berman, Braga e Moore che già danno vita alla serie. Il “magico trio”, vista la morte di Roddenberry, pensò bene di fare da subito quello che lui non aveva mai voluto fare: unire le due serie. Nimoy rifiutò la regia, asserendo che la storia aveva qualche problema… chiamatelo scemo.
Risultato: una sorta di maxi episodio e nulla più realizzato con 35 milioni di dollari, però.
Quello che salverà il franchise sarà l’incasso monster, quasi 120, unito ai buoni esiti sul piccolo schermo di Picard e soci.

La trama è piuttosto semplice. Durante il varo dell’Enterprise-B un incidente provoca, apparentemente, la morte del commodoro Kirk, in visita sulla nave.
Anni dopo l’Enterprise-D, al comando di Picard, si trova a dove combattere con una frangia dissidente dei Klingon, le sorelle Duras. Nell’equazione è presente però anche Soran, un viaggiatore dello spazio tempo che vuole assolutamente tornare nel “Nexus” una zona-limbo dove il tempo è fermo e i desideri si avverano.
La lotta porterà Picard e Soran in questo limbo, dove troveranno Kirk imprigionato li da anni.
By the way schianteremo un’altra nave! Il motivo? Il modello non andava più bene per i nuovi formati panoramici e quindi quale miglior fine?

Il film soffre di mancanza di tensione, una trama piuttosto scadente e finalizzata esclusivamente all’incontro tra Kirk e Picard e, in generale, di un clima decisamente televisivo. Gli effetti speciali non contribuiscono a risolvere il problema. Il riciclo di alcune sequenze dal film precedente, l’utilizzo della prima CGI (di qualità oggi risibile) e comunque un budget ridotto - che di fatto è servito al revamping dei set televisivi - danno un look decisamente sciatto.
Inoltre il finale è stato completamente riscritto (con 5 milioni di costi) per venire incontro ai fans della serie che volevano qualcosa di più glorioso per il loro Capitano, mio Capitano, di un semplice colpo alla schiena.
L’unica idea veramente innovativa è stata la creazione di un sito web ad hoc per il lancio del film, primo caso in assoluto: un successo stellare si potrebbe dire.

Primo Contatto (1996) / “Star Trek: First contact”
Il migliore di tutta la “Next Generation” e senza alcuna ombra di dubbio. Uno dei migliori di sempre. Chi avrebbe mai detto che il Numero Uno, al secolo Jonathan Frakes, sarebbe stato in grado di dirigere questo lungometraggio, e alla fine si guadagnò il soprannome di “Twotakes Frakes” (una sorta di “Buona la Seconda Frakes”), per la sua efficienza sul set.
Qualche detrattore ha trovato cose discutibili anche qui, vero, ma quando hai un film con tonnellate di navi spaziali e sequenze di combattimento nello spazio, c’è poco da dire. 45 milioni di dollari per alzare il livello e portarsene a casa 146, un bell’affare.

E se i Borg trovassero la Terra? Fatto!
La flotta semidistrutta, il grosso nel settore Laurenziano (chissà perché parcheggiano sempre lì) e i Borg alle porte pronti a distruggere la Terra colpendola al cuore, ovvero nel momento in cui gli umani hanno sviluppato i viaggi a curvatura.
L’Enterprise (nuova di pacca e di classe Sovereign anziché Galaxy, come dire MOLTO più grande) dovrà viaggiare nel tempo per fermarli e Picard dovrà affrontare i suoi demoni interiori – essendo già stato assimilato dai Borg una volta - per sconfiggere la Regina dei Borg.

Il film miscela il fascino del viaggio nel tempo, da sempre uno degli assi della serie, con combattimenti sia su grande scala che a livello tattico nella stessa Enterprise, un connubio vincente per qualsiasi storia di fantascienza. Inoltre il fatto che Picard diventi un “uomo solo contro il mondo” aggiunge pathos al tutto, unito anche ad un certo eros nel rapporto con la regina Borg.

Tecnicamente siamo ad un altro livello. Molte della navi sono generate al computer anche se il cubo Borg e l’Enterprise-E hanno anche un loro modellino. Tutti gli effetti sono comunque della ILM di Lucas. La regina Borg ha richiesto ore di trucco e 5 mesi per la sequenza di assemblamento, mentre i semplici “fanti” tra entrare ed uscire dal costume impiegavano 5 ore (contro i 60 minuti nella serie televisiva).
Dal punto di visto del “colore”, il tenente Hawk sarebbe dovuto essere il primo personaggio gay nel mondi di Star Trek (nel libro tratto dal film lo è infatti), ma la produzione non se l’è sentita di fare questo “coming out”, così abbiamo dovuto aspettare il 2016 per avere il nuovo Sulu.

Star Trek. L’Insurrezione (1998) / “Star Trek: Insurection”
Battere il ferro finché è caldo… e così a ritmo di un film ogni due anni si approda alla seconda prova di Frakes come regista, con Berman e Piller alla sceneggiatura. Purtroppo questo è il nono film… dispari!!!
L’Insurrezione non si può definire un film brutto, piuttosto un film insulso e inutile, il che poi lo rende di riflesso brutto.

I successi precedenti hanno esploso il budget fino a 58 milioni di dollari (che 7 anni prima nelle mani di Meyer chissà cosa avrebbero potuto realizzare), ma chiaramente le idee latitano e anche l’epicità, il che porta ad una parabola discendente degli incassi (112 milioni).
Non voglio dire che se metti Salieri in un film non è Mozart, perdonate il gioco di parole, ma il punto è che se “atterri” un equipaggio i risultati non possono che essere deludenti (a meno che non sei in “Battlestar Galactica”, ma questo è un altro discorso).
La deriva d’azione degli ultimi due film (specialmente l’ultimo) viene messa da parte a favore di una maggiore introspezione, come il canone trekkie vorrebbe, ma francamente il capitano in veste romantica e il villaggio di frikettoni fanno cadere le braccia.

Il film, che non ha data stellare (l’unico), è uscito appena prima dell’inizio della sesta stagione di “Deep Space 9”, in teoria in pieno conflitto con il Dominio. Sarebbe stata un’idea vincente, invece lo ricorderemo tutti per aver inaugurato il nuovo design delle uniformi e per aver avuto il comandante Riker senza barba.

Star Trek – La Nemesi (2002) / “Star Trek: Nemesis”
E alla fine la maledizione viene spezzata! I numeri dispari non sono la morte per il franchise, lo possono essere anche i pari. Decimo film, ultimo con il cast di “Next Generation” che dopo quindici anni non ne può più. Brent Spinner (Data) per mantenere peso ed aspetto deve fare dei riti voodoo, Picard ha già pronta la sedia a rotelle di Xavier, la Sirtis ormai è più una cougar che altro… insomma siamo al fondo.
E siamo al fondo anche per il resto. Non bastano i 60 milioni di dollari della Paramount per mettere su uno spettacolo degno di questo nome (e infatti il film ne incasserà solo 67 per il rotto della cuffia). Se ve lo state chiedendo.. la risposta è si! Questo è il film peggiore, soprattutto per le potenzialità che avrebbe potuto avere.

Star Wars è tornato sugli schermi e con tutt’altro passo, mentre qui il povero Stuart Baird affonda la sua carriera (non dirigerà più nulla) per colpe non solo sue, visto che Berman lo ha scelto a dispetto del fatto che non conosce nulla dell’universo (né si sforzerà di farlo) e che si trova malissimo nel gestire dei personaggi che “hanno un passato definito”. D’altronde Nicholas Meyer (la prima scelta) aveva rifiutato dopo aver letto la sceneggiatura; avrebbe voluto riscriverla ma gli accordi precontrattuali con John Logan (l’autore) non lo consentivano… meglio affondare dunque.
In realtà il film finito si attestava appena sotto le 3 ore, ma fu tagliato pesantemente, per renderlo più d’azione, di circa 50 minuti (!). Gran parte di questo materiale (14 scene) è stato recuperato nella Collector’s Edition del 2005.
La cosa buffa è che i tagli hanno praticamente cancellato un personaggio. Il cadetto Wesley Crusher (il figlio della dottoressa), finalmente era diventato un ufficiale della Flotta Stellare imbarcato sull’Enterprise, e invece… un rio destino.
Ma tornando agli incassi l’uscita americana fu decisamente folle. Al botteghino i competitors erano: il 20 di James Bond La morte può attendere (uno dei migliori), il secondo film della saga di Harry Potter (auguri) e Le Due Torri (mettete er casco!). Un bagno di sangue.

Un esaltato romulano, Shinzon, vuole distruggere la vita sulla Terra e la federazione per il semplice fatto di esser il clone di Picard, creato dall’Impero a fini spionistici.
Gli stessi romulani cercheranno di fermare Shinzon per evitare un conflitto su scala galattica, ma toccherà all’Enterprise il lavoro pesante.

La Nemesi sembra la brutta copia dell’Ira di Khan, molto brutta. Ripercorre alcuni passaggi chiave, ma tutto in maniera goffa e pesante aggiungendo poco se non molta azione ed effetti speciali, ma privi di quel “cuore” di Star Trek (J.J. anni dopo mostrerà come si sarebbe dovuto fare).

Tom Hardy era Shinzon e se oggi, a quasi 15 anni di distanza ci ripensiamo sembra incredibile (anche per il fisico), e forse anche a lui che oggi è nientepopodimenoche… Mad Max (tra le altre cose).

E’ il de profundis della saga. Lo script per il quinto film con questo equipaggio (se mai è esistito al di fuori di un’idea embrionale) viene stracciato. Star Wars vince! E per i successivi 7 anni non se ne parlerà più, almeno finché J.J. Abrams non deciderà di mettere in cantiere il reboot che tutti conosciamo attingendo a piene mani dall’universo di Roddenberry, ma vestendolo di fresco.
"Signor Abrams... ci porti fuori!"


Star Trek (2009) / “Star Trek”
Alla Paramount non volevano farsene una ragione. E che diamine quelli della Fox riuscivano a spremere Star Wars e loro niente… anche quella roba fallimentare di Battlestar Galactica era diventato un cult pazzesco… eppure l’universo di Star Trek era ben più antico e aveva vissuto fasti superiori.
Basta, ci vuole una sferzata. Prendiamo il più promettente sceneggiatore/auotre/regista/produttore… insomma un piccolo dio e mettiamolo a lavorare su ‘sta roba.
Arriva J.J.!

Pacche sulle spalle a tutti e poi dentro due suoi collaboratori dai tempi di “Alias”: Orci e Kurtzman (che già avevano messo mano a Transformers e Mission Impossible) e un cambio di passo.
Un taglio alle elocubrazioni fini a se stesse e dentro azione, ritmo e battute fulminanti.
Un colpo di spugna all’aspetto ingessato dei protagonisti e a quell’aspetto da telenovela sudamericana per mettere su una fotografia superbrillante e piena di colori e movimenti continui, quasi ipercinetici dei protagonisti. Insomma… benvenuti nel nuovo millennio.
Per J.J., fans di Star Wars fin da piccolo, il vero nocciolo di questo mondo – per lui nuovo - è il rapporto tra Kirk e Spock. Tutto quello venuto dopo la serie classica non è Star Trek, ma fantascienza con un’etichetta sopra.
Ma come fare tutto questo senza snaturare l’essenza di Star Trek?
Con un reboot che cita continuamente la serie classica, ad iniziare dal test della Kobayashi Maru, ma reinventandola.
L’dea è vincente, diciamocelo, e lo studio mette sul piatto 150 milioni di dollari (che rientreranno più che raddoppiati – 385) per dare vita ad uno dei migliori film di sempre (e pure dispari visto che è l’11°).

Veniamo immediatamente catapultati nell’azione quando un’enorme astronave romulana abbatte la USS Kelvin al comando di quello che è il padre del futuro Capitano Kirk. Una scena shakespiriana nella sua drammaticità.
Dopo di questo c’è l’Accademia della Flotta (con un’atmosfera da liceo) e poi l’Enterprise che, al comando del capitano Pike, dovrà affrontare nuovamente la minaccia di Nero, il romulano che vuole distruggere Vulcano (e ci riesce) e la Terra (e qui deve fare i conti con i nostri eroi).
Saranno proprio i nuovi cadetti a fare la differenza.

Nonostante il film debba scontare lo scotto di essere l’apripista per un nuovo franchise (o un vecchio riproposto), le varie presentazioni dei membri dell’equipaggio sono talmente integrate nel corpo dell’opera che non la appesantiscono per nulla.
Tutte le astronavi sono in digitale e gli effetti sono pazzeschi, il coinvolgimento totale e sia i fans che il nuovo pubblico, risultano entusiasti.
I nuovi attori sono perfetti. Chris Pine sembra uno Shatner ringiovanito (gli scriverà anche una lettera per ricevere la sua approvazione), ma più spigliato e guascone. Zachary Quinto è nato per essere Spock, anche se Abrams gli ha dovuto incollare le dita insieme per fargli fare il saluto vulcaniano e Karl Urban ha quell’eccentrica cinicità e il pessimismo tipici di Bones.

Quindi eccoci tutti a bordo come se nulla fosse mai cambiato, compresa la pericolosità di vestire una casacca “rossa”.

Into Darkness - Star Trek (2013) / “Star Trek Into Darkness”
Dopo i faraonici incassi del reboot era ovvio che non si poteva mollare l’osso. D’altronde l’ottimo risultato di critica metteva J.J. Abrams nella pericolosa posizione di deludere tutti.
Come fronteggiare il rischio? Aumentando il budget a 190 milioni e tirando fuori dal cappello Khan.

I Klingon stanno diventano una minaccia sempre più concreta e alcune frange della Federazione sono pronte a militarizzarsi. Per farlo efficacemente si affidano ad uomo, frutto dell’ingegneria genetica, rimasto ibernato da centinaia di anni: Khan.
Solo pensare di poter controllare un essere così è però, pura follia e toccherà a Kirk e soci tentare di fermarlo.

La scelta di portare sullo schermo il villain per antonomasia della serie fu un rischio calcolato, ma pur sempre un rischio, per questo l’astuto J.J. prenderà Benedict Cumberbatch per vestirne i panni, aveva bisogno di un attore in grado di dominare la scena. Il risultato è stato eccellente anche grazie al trucco di creare, con il primo film, una linea temporale parallela che potesse consentire un po’ qualsiasi cosa andando però a rimestare nelle saghe della serie classica.

Questa sarà l’ultima apparizione di Leonard Nimoy, che ci ha lasciato nel 2015.
Il successo di questo film, ancora maggiore del primo (467 milioni, il record del franchise), getterà le basi per quello oggi su tutti gli schermi: Star Trek Beyond.

Solo che ora J.J. è in un altro “mondo” con spade laser pseudo nazi, santoni galattici e astronavi veloci… la velocità la darà il nuovo regista Justin Lin, fresco di Fast & Furious, ma per il resto… si vedrà.. è un film dispari…