Venezia 74 – The Shape of Venice (Film Festival)

Un’altra fine estate che si approssima, un altro Festival di Venezia che si chiude. Come ogni anno, tiriamo le somme della manifestazione cinematografica italiana più importante e attesa. Tra ritmi frenetici e la solita abbondanza di caffeina, anche quest’anno abbiamo seguito ‘dal vivo’ i momenti cruciali di un Festival che, specie negli ultimi anni, ha regalato numerose soddisfazioni. Ma vediamo nel dettaglio.

Trionfano, su tutto e tutti, le forme poetico-acquatiche dell’incantevole The Shape of Water di Guillermo del Toro, un film molto bello che ha messo d’accordo tutti e che ha evidentemente convinto anche i giurati (una giuria presieduta quest’anno dall’attrice statunitense Annette Bening e che includeva: la regista e sceneggiatrice rumena Ildikó Enyedi, il regista messicano Michel Franco, il regista Edgar Wright, il regista cinese Yonfan, il critico cinematografico David Stratton, e le attrici Rebecca Hall, Anna Mouglalis e Jasmine Trinca). Guillermo Del Toro unisce dunque qualità e intrattenimento nella migliore delle confezioni con un’opera che si muove sinuosa tra sentimento e bellezza visiva, incanto e spy story. Un prodotto eclettico e di fattura estremamente brillante che conferma ancora una volta le quelle che sono le qualità oramai indiscusse di questo regista, e che gli consegna il meritato Leone d’Oro di Venezia 74.

Premiato dai giurati anche l’eclettismo visionario di Foxtrot, cui va il Leone d’Argento Gran Premio della Giuria. Il regista israeliano Samuel Maoz, già vincitore del Leone d’Oro nel 2009 con Lebanon, lascia il segno con la sua ‘danza’ onirica e visionaria che muove i suoi passi sui confini di guerra, tra armi e sangue, e che si libera in un’elaborazione del lutto sviluppata in tre atti, e in bilico tra un realismo teatrale e un surrealismo escapista. Forse non perfettamente calibrato nelle sue parti e nell’uso dei registri, Foxtrot è film che denota uno stile assai originale al servizio di una tematica sempre assai toccante.

Alla Francia va invece il Leone d’Argento per la Migliore Regia. L’attore Xavier Legrand (uno dei ragazzi dell’indimenticato Au revoir les enfants di Louis Malle) qui al suo debutto registico, firma con Jusqu’a La Garde (Custody) la via crucis di una dinamica per antonomasia straziante: un matrimonio che finisce e l’infanzia che ne fa le spese. Un debutto che riadatta un vecchio corto alla dimensione del lungometraggio, e che rivela il talento di un regista di cui forse sentiremo parlare anche in futuro.

The Insult di Ziad Doueiri conquista invece la Coppa Volpi per la Migliore Interpretazione Maschile grazie a Kamel El Basha. Film d’interni e dalla regia teatrale che si compie tutto attorno alle ramificazioni di un dramma legale ambientato in Libano, e che rimanda ai conflitti endemici tra nazioni, The Insult ha infatti una delle sue migliori carte proprio nelle interpretazioni intense e serrate dei due coprotagonisti. Giusto quindi anche il Premio assegnato all’attore Kamel El Basha.

Charlotte Rampling vince invece a mani basse la Coppa Volpi per la Migliore Interpretazione Femminile con il film Hannah. Nonostante avesse, infatti, temibili rivali in quest’annata di notevoli interpretazioni femminili (in primis Frances McDormand per Three Billboards Outside Ebbing, Missouri e Sally Hawkins per The Shape of Water), la Rampling conquista il podio con un personaggio (la Hannah del titolo) che è praticamente il film stesso. Sul suo corpo e sulla sua silente espressività, infatti, il regista Andrea Pallaoro esegue lo scavo psicologico e costruisce il suo doloroso film, inscritto nella parabola di una donna defraudata della sua vita e proiettata in una lenta agonia del dolore. Premio strameritato!

Altro Premio indiscutibile è l’assegnazione della Miglior Sceneggiatura a Three Billboards Outside Ebbing, Missouri dell’inglese Martin McDonagh. Uno dei film più applauditi, osannati, e chiacchierati di questa Venezia 74 si costruisce infatti in primis su una scrittura graffiante, precisa, ficcante, che determina con straordinaria geometria la serie di eventi e relazioni tra i personaggi messi a confronto attorno alla dinamica del barbaro omicidio di una ragazza, in una remota periferia del Missouri. Film eccellente che conquista di diritto il premio per la scrittura: a onor del vero nessun altro titolo poteva competere in questa categoria.

Anche per il Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente si tratta di una scelta a dir poco obbligata. Charlie Plummer per Lean on Pete di Andrew Haigh porta a casa di diritto questo premio. In un film imperfetto e decentrato nella proporzioni narrative, ma dalla splendida fotografia e dalla grandissima portata emotiva, questo ragazzo incarna perfettamente l’affanno di un’adolescenza costretta a una repentina crescita e ostacolata a più riprese da una realtà votata alla sola sopravvivenza. Un grande talento tutto in divenire

Infine, Premio Speciale della Giuria per Sweet Country dell’aborigeno australiano Warwick Thornton. Nella luce abbacinante di una fotografia avvolgente, Sweet Country aggiunge un altro drammatico tassello alla storia di popoli subordinati all’egemonia di altri popoli. Un Western canonico, ma anche ‘delicato’ e intimista che racconta la storia di aborigeni sfruttati e ‘abusati’ legandola a doppio filo alla dinamica dei luoghi, dei paesaggi, panorami nei quali insiste. L’ennesima pagina di ignobili soprusi che trova in una narrazione tutta in sottrazione i tempi giusti per sedimentare, e lasciare dunque uno spazio aperto su cui riflettere.

Per concludere, la 74esima edizione del noto festival veneziano è un’edizione che ha convinto, di cui si è apprezzata la qualità, e che ha assegnato in linea di massima premi ‘giusti’ e difficilmente criticabili. La media dei film in concorso si è rivelata infatti alta, magari senza guizzi estremi, ma anche senza clamorose cadute (a parte un paio di casi, in primis la stroncatura unanime dell’italiano Una famiglia). Unica grande pecca, forse, quella di aver lasciato fuori da ogni menzione e premio il favoloso Mektoub, My Love: Canto Uno di Abdellatif Kechiche, film che ha senz’altro diviso e che non ha ‘raggiunto’ l’unanimità dei consensi, ma che ha rappresentato una delle opere più forti e incisive di questa 74esima edizione e che è stato il colpo di fulmine, lo scossone più intenso e forte per chi vi scrive.

Da Venezia anche per quest’anno è tutto! Insieme al buon Cinema e ai bei film visti, un arrivederci doveroso anche ai tanti caffè ingollati per restare ‘vigili’, agli spritz sorseggiati prima o dopo un film, alle chiacchiere con i colleghi, all’umidità avvolgente, e ai vaporetti ‘oscillanti’.  In breve, arrivederci a tutto quello che è la dimensione estremamente caratteristica di questo Festival lagunare, circondato dall’acqua e cullato dal mare: The Shape of Venice!

(foto ASAC)